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Per questo mese di agosto, credo sia bello, ma soprattutto interessante, soffermarci su una festa che cade proprio al “centro” dell’estate: l’Assunzione al Cielo della Beata Vergine Maria che viene descritta vestita di sole, con la luna sotto ai suoi piedi e con una corona di dodici stelle sul capo.
Andrò a vederla un dì
in Cielo, patria mia,
andrò a veder Maria
mia gioia e mio amor.
Al ciel, al ciel, al ciel
andrò a vederla un dì.
Andrò a vederla un dì:
è il grido di speranza,
che infondemi costanza
nel viaggio e fra i dolor.
Andrò a vederla un dì
lasciando questo esilio;
le poserò qual figlio
il capo sopra il cuor.
Per questo mese di agosto, credo sia bello, ma soprattutto interessante, soffermarci su una festa che cade proprio al “centro” dell’estate: l’Assunzione al Cielo della Beata Vergine Maria che viene descritta vestita di sole, con la luna sotto ai suoi piedi e con una corona di dodici stelle sul capo.
Il canto popolare più famoso dedicato a questa festa è il celebre “Andrò a vederla un dì”.
Questo canto venne composto a fine ‘800 da Pietro Janin, che venne colpito da una grave malattia (tra cui la cecità) dalla quale riuscì miracolosamente a guarire grazie all’aiuto della Vergine di La Salette che, secondo la storia, gli apparve più volte. Fino alla sua morte (nel 1899), Janin intonava canti mariani in ringraziamento alla forte presenza di Maria nella sua vita e, tra questi, compose “Andrò a vederla un dì” perché sperava, un giorno, di poter vedere Maria, così importante nella sua vita. Lui stesso la descrive come “gioia”, “amor” e le chiede di “infondergli costanza nel suo viaggio terreno reso difficile anche dai dolori della malattia”. La invoca continuamente affermando di “andare a vederla un giorno” e proprio nella terza strofa ribadisce nuovamente di andarla a vedere quando “lascerà questo esilio terreno”.
Secondo me sarebbe bello che tutti noi, da questo momento, quando intoniamo questo canto a messa non lo prendiamo più come “solo un canto”, ma più come una preghiera dal significato così importante ma soprattutto così profondo.