✒ Giovanni Colombo da “Incontro a Cristo”
Omelia del Card. Giovanni Colombo
L’Angelo dal cielo viene sulla terra, messaggero di Dio, incontro a Maria vergine e le rivela il suo destino, la sua missione, ossia ciò che per lei doveva essere la volontà dell’Altissimo. E Maria piegò il capo e il cuore, dicendo il suo “sì” di docile collaborazione al piano di Dio.
Il Signore ha per ognuno di noi il suo programma e manda per noi il suo Angelo e aspetta l’assenso della nostra collaborazione. Nessuno di noi è al mondo per caso: un amore infinito ci previene, chiamandoci dal nulla all’esistenza. Nessuno di noi è al mondo senza scopo: ogni vocazione è una missione. A chiunque Dio dice: “Vieni!”, dice anche: “Va’!”.
Vieni a collaborare all’opera della redenzione. Vieni a inserirti in Cristo, pienezza di vita e centro dell’umanità, come membro del suo Corpo mistico, come pietra viva del tempio di Dio, che è la Chiesa. Vieni a proclamare col Signore Gesù le beatitudini, a condividere la sua morte e la sua risurrezione.
E poi noi sentiremo un solenne: “Va’!”. Va’ a liberare i fratelli dalla schiavitù e dall’oppressione. Va’ a introdurre tutti nella verità immutabile, nella fraternità universale, nella speranza che non delude.
Siamo venuti al mondo perchè amati e siamo al mondo per amare. Dio crea ciascuno per un progetto d’amore e glielo rivela mediante i doni di natura e di grazia di cui lo fornisce, e glielo annuncia sempre più chiaramente attraverso le molteplici vicende della sua esistenza.
L’annuncio più alto fu recato dall’angelo Gabriele a Maria, scelta tra tutte le donne per essere la vergine Madre di Dio. E lei accolse e tradusse in vita vissuta, con fedeltà ineguagliabile, la parola di Dio, che la chiamava a condividere più intimamente di ogni altra creatura, la povertà dei giorni terreni di Gesù, lo strazio della sua morte in croce e l’esultanza della risurrezione di lui, che era l’immortale suo Figlio e Signore.
Similmente i cieli s’inarcano sopra di noi ogni volta che sono invasi dalle vibrazioni sonore delle campane, che squillano l’ “Angelus”. Dai cieli incantati – perchè ripetono e rammentano il grande annuncio a Maria e il suo generoso e docile assenso – venga sempre anche a noi l’invito a compiere pienamente la volontà di Dio: è ben questa volontà che sollecita noi piccoli uomini che viviamo e lavoriamo, soffriamo e godiamo sulla terra, e ciascuno, a suo modo, ne resta commosso.
Sulla scia della santa Vergine, ciascuno di noi è chiamato a generare Cristo nei fratelli, non secondo la carne – come Maria -, ma secondo la fede ridestata prima in sè e poi negli altri con la testimonianza di una vita innocente e caritatevole. Accettare ed effettuare tale annuncio è la vera riuscita di una persona; respingerlo o vanificarlo è il fallimento di una vita.
Ci sono cuori che intendono il proprio annuncio solo in età avanzata, e in quell’ora provano l’amarezza di aver rincorso sogni egoistici e fallaci di felicità, che poi hanno deluso le loro promesse. Ci sono cuori che odono l’annuncio fin dalla prima giovinezza – e a capostipite di questa eletta schiera è Maria – e pur di attuarlo con pura integrità a tutto rinunciano senza paura e senza rimpianti tutto donano. E ci sono cuori che senza restare insensibili all’annuncio non trovano la forza di abbandonarsi alle sue esigenze e vivono nello strazio prolungato di un’intima divisione, nella lotta continua tra il bene e il male.
Insomma ci sono uomini piccoli e grandi. La grandezza e la piccolezza di una persona si misura dal coraggio con cui sa accogliere e dalla coerenza con cui sa attuare l’annuncio che le indica una via di rinuncia a se stesso e di donazione agli altri, nella forma e nel grado, che la Provvidenza ha destinato per lui.
Diversi sono i disegni di Dio rispetto ai programmi degli uomini. Ma la storia vera si realizza solo nell’incontro degli uomini con Dio. Che valore ha il mondo rispetto alla vita? e che vale la vita se non per essere donata? e perchè tormentarci, quando è così semplice obbedire al Signore?
Questo è il messaggio del mistero dell’annunciazione: non ce n’è un altro. L’Angelo che scende dal cielo chiede comunione tra noi e Dio; chiede viva partecipazione agli imperscrutabili suoi disegni. Il Signore vuole che la terra sia ancorata saldamente ai destini del cielo.
Il Vangelo dell’annunciazione ci richiama a vivere e a riprendere, se mai l’avessimo trascurata, la preghiera dell’ “Angelus”.
Come è educativo e dolce poter accogliere l’intervento del Signore nelle nostre piccole vicende, nella nostra storia umana, quando udiamo nel crepuscolo mattutino e serale, o nel fulgore del mezzodì, il vibrante invito della campana. Allora la stanchezza del giorno si farebbe più lieve e i dolori assumerebbero un sapore di intimità.
L’annuncio a Maria e a noi passa nelle nostre famiglie, e anche sul volto dei nostri cari. Noi siamo redenti nel dolore del Figlio di Dio, a cui aggiungiamo, in silenzio, la nostra volontaria pena quotidiana e la nostra sincera volontà di liberarci dal male, che tenta d’invischiarci da ogni parte.
“Angelus Domini nuntiavit Mariae…”.
“Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum!”.
“Et Verbum Caro factum est…”.
Con tre semplici frasette ci è riassunta la mirabile storia della nostra salvezza: una storia che esige anche noi come attori; uno scenario che vuole noi pure come protagonisti con la nostra parte. Il cielo e la terra s’incontrano, e noi non ne vorremmo essere avvantaggiati?
Nell’ora dell’ ”Angelus” preghiamo coi nostri figli nelle nostre case. I fanciulli siano educati ad avvertire la presenza provvida di Dio, che si interessa di noi poveri peccatori. E tutti insieme chiediamo al Signore, per intercessione di Maria, che tutta l’umanità cresca come un’unica famiglia, cioè la famiglia di Dio e del suo regno di eterna e gaudiosa pace.