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Basta guardare il cielo

Il «digiuno digitale» dà frutti per la nostra anima? Del tempo che passiamo in compagnia di noi stessi, quanto ne dedichiamo alla preghiera ogni giorno? Un'ora scarsa? Mezz'ora? Pochi minuti?

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Il «digiuno digitale» dà frutti per la nostra anima? Del tempo che passiamo in compagnia di noi stessi, quanto ne dedichiamo alla preghiera ogni giorno? Un'ora scarsa? Mezz'ora? Pochi minuti?

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«Tutta l’infelicità degli uomini deriva da una sola causa, dal non sapere starsene da soli, in una camera». Così il francese Blaise Pascal (1623-1662), uomo sempre accompagnato da un forte slancio religioso, spiegava il disagio dell’uomo moderno. Ora, pensiamo a noi stessi. Chiusi in quella stanza grigia e tetra di cui ci parla Pascal, bisognosi di uscirne, in cerca di una garanzia della nostra esistenza. I piedi scalpitano, gli occhi cercano, le mani indagano, fino a che trovano la risposta. Ci guardiamo fra le dita. Abbiamo in mano il cellulare. Influenzati dal materialismo e dal globalismo, quando siamo nel bisogno, nemmeno noi cattolici ricorriamo più a Dio. Ricorriamo a un altro dio, alle tecnologie. E spesso, senza accorgercene, identifichiamo l’uno con l’altro. 

Peccato che, per tutti questi momenti, fosse già stato Dio stesso a lasciarci un monito, esortante e rasserenante al tempo stesso: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Come possiamo sentirci abbandonatiba noi stessi? Come possiamo sentirci soli quando siamo con Lui? «Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza» (Sal 23), questo scriveva Re Davide nei momenti di sconforto.

Soffermiamoci a riflettere. Del tempo che passiamo in compagnia di noi stessi, quanto ne dedichiamo alla preghiera ogni giorno? Un’ora scarsa? Mezz’ora? Pochi minuti? E quanto tempo passiamo al cellulare? Mediamente, dalle due alle quattro ore. Il che dovrebbe farci riflettere: siamo capaci di rinunciare al cellulare per dedicarsi al Signore? Siamo capaci di un «digiuno digitale»?

Basta guardare il cielo

Come riavvicinarci a Dio cercando di scampare all’attrazione fatale degli schermi? La risposta non è facile e nemmeno univoca all’interno della Chiesa. Tutti noi cristiani sentiamo nell’animo due voci. Quale seguire? Il solido e sempre valido monito di San Pio X contro la fiducia nel progresso e l’uso delle tecnologie? O il desiderio del nostro cuore di rimanere nel mondo per camminare assieme ai nostri fratelli, di concederci quel ‘divertissement’ (come, ancora, lo chiamava lo stesso Pascal), di cui la nostra anima, per la sua condizione umana, ha necessità assoluta?

Il Santo Padre Benedetto XVI si è chiaramente pronunciato su questo argomento: il cristiano non può prescindere dal mondo delle tecnologie, deve, anzi, recarsi a portare Cristo lì dove stanno i fratelli. Il rischio, e lo sappiamo bene, è quello di utilizzare smodatamente questi strumenti per scopi estranei all’evangelizzazione. Allora, portiamo Cristo sugli schermi, “tutto il resto viene dal maligno” (Mt 5,37). Quando siamo tristi, da cristiani, non rintaniamoci in noi stessi, apriamoci a a Dio. Non sfoderiamo i cellulari: come scrisse Philbrick, «basta guardare il cielo».

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