Alcune riflessioni sulla morte del papa, per quei fedeli che, votati al modernismo naturalista, ecologista e moralista, si sono scontrati con la realtà della morte.
Come fedeli, dobbiamo rifiutare la mentalità del mondo. Non siamo spettatori di un evento mediatico. Non aspettiamo un volto, un’idea, una bandiera. Aspettiamo un padre, un custode, un testimone.
Queste righe non vogliono essere un’analisi, né un giudizio.
Nascono da un sentimento più semplice e più vero: quello che si affaccia quando un grande avvenimento della Chiesa ci costringe a guardare non solo gli eventi esteriori, ma anche il nostro cuore.
Senza voler cedere alla tentazione di qualunque forma di “fanta-conclave”, facendo riferimento alla traditio perennis catholica, meditiamo sul futuro della Santa Chiesa in questo delicato momento, tenendo nello stesso sguardo di fede la realtà fattuale e l’azione provvidenziale di Dio.
Duc in altum et laxate retia vestra in capturam. (Lc 5,4)
L’anello del Pescatore, sigillo del Vicario di Cristo, è più che ornamento: è simbolo vivo della missione apostolica affidata a San Pietro. La sua origine evangelica, la sua funzione liturgica e la sua evoluzione storica ne fanno un segno sacrale della potestas regiminis e del mistero della Chiesa, che getta le reti sul mondo per condurre le anime alla mensa del Re celeste.
La città eterna ha reso il suo saluto al Vescovo di Roma. Il corteo ha percorso le strade della città eterna, gli applausi hanno accompagnato il passaggio, gli onori terreni sono stati tributati con ogni cura e solennità.
Roma ha compiuto il suo dovere, e lo ha fatto secondo il linguaggio della storia, della tradizione e della civiltà.