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Chi era l’ablegato pontificio?

di Davide Bracale

La figura dell’ablegato pontificio apparteneva al cerimoniale papale. Era un particolare inviato, atto alla consegna di doni, agnus Dei, e benedizioni papali a prelati ed eminenti figure politiche. La sua maggior funzione era consegnare la berretta cardinalizia ai porporati neoeletti. In modo particolare, l’ablegato rappresentava la Santa Sede fuori Roma, in quei casi nei quali il novello cardinale non fosse potuto giungere al cospetto del Santo Padre per calzare il cappello cardinalizio.

Solitamente era un prelato di mantellone, nel rango dei camerieri segreti partecipanti con mansione di guardaroba, tuttavia poteva essere anche un cameriere segreto soprannumerario oppure un altro prelato a discrezione del pontefice. Quando l’ablegato consegnava la berretta era accompagnato da una guardia nobile laica, che aveva il compito di consegnare lo zucchetto rosso. La terza figura era il segretario d’ablegazione, che affiancava il pontificio ablegato e porgeva la berretta in un vassoio d’argento.

Questa figura doveva avere un’alta preparazione culturale e diplomatica, poiché entrava in relazione con le corti e i più alti ranghi di prelatura internazionali. Era un legato del papa.

La carica poteva aprire ad altri e più alti incarichi, sia nell’ambito diplomatico che prelatizio. Mons. Camillo Caccia Dominioni fu ablegato pontificio di Leone XIII, in gioventù, e anni dopo divenne cardinale protodiacono. Mons. Gyula Zichy, ablegato anch’egli di Leone XIII, fu consacrato vescovo da Pio X. Mons. Peter Vay, ablegato con titolo di cameriere segreto soprannumerario, si specilizzò nel servizio diplomatico e nello studio degli imperi orientali.

Un episodio riportato nelle cronache del 1901 narra della pontificia ablegazione di Praga, in presenza dell’imperatore che così si relazionò agli inviati papali:

“Dopo l’imposizione della berretta ai due cardinali, fatta dall’Imperatore con cerimonia oltremodo splendida […] Sua Maestà tenne circolo, e, rallegratosi coi nuovi Porporati, si rivolse poi a conversare più specialmente in italiano con gli Ablegati Pontificii e con le Guardie Nobili mostrando così la sua stima ed il suo amore verso il Sovrano Pontefice Leone XIII”[1].

La consuetudine con le corti rendeva più agevole inserire ecclesiastici di ascendenza nobiliare, nel novero degli ablegati, tuttavia i loro segretari solitamente non erano aristocratici, ma abilitati al servizio di corte e diplomatico. L’ablegazione era in tutto una missione diplomatica pontificia.


[1] Cronaca Contemporanea, ne “La Civiltà Cattolica”, 52 (1901, II), pp. 601-602.

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