Chi non prega si danna

Che cosa raccomandare a chi già osserva la Legge di Dio? La perseveranza nel bene! Non basta essersi incamminati sulle vie del Signore, è necessario continuare per tutta la vita.

Che cosa raccomandare a chi già osserva la Legge di Dio? La perseveranza nel bene! Non basta essersi incamminati sulle vie del Signore, è necessario continuare per tutta la vita. Dice Gesù: “Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato” (Mc 13, 13).

Molti, finché sono bambini, vivono cristianamente, ma quando cominciano a farsi sentire le passioni giovanili, imboccano la via del vizio. Come è stata triste la fine di Saul, di Salomone, di Tertulliano e di altri grandi personaggi! La perseveranza è frutto della preghiera, perché è principalmente per mezzo dell’orazione che l’anima riceve gli aiuti necessari a resistere agli assalti del demonio. Sant’Alfonso scrive: “Chi prega si salva, chi non prega si danna”. Chi non prega, anche senza che il demonio lo spinga, all’inferno ci va con i propri piedi! È consigliabile la seguente preghiera che Sant’Alfonso ha inserito nelle sue meditazioni sull’inferno:

“O mio Signore, ecco ai tuoi piedi chi ha tenuto in poco conto la tua grazia e i tuoi castighi. Povero me se tu, Gesù mio, non avessi pietà di me! Da quanti anni mi troverei in quella voragine ardente, dove già bruciano tante persone come me! O mio Redentore, come non bruciare di amore pensando a questo? Come potrò, in avvenire, offenderti di nuovo? Non sia mai, Gesù mio, piuttosto fammi morire. Già che hai iniziato, compi in me la tua opera. Fa’ che il tempo che mi dai io lo spenda tutto per te. Quanto vorrebbero i dannati poter avere un giorno o anche solo un’ora del tempo che a me concedi! E io che ne farò? Continuerò a spenderlo in cose che ti disgustano? No, Gesù mio, non permetterlo per i meriti di quel Sangue che finora mi ha impedito di finire all’inferno. E Tu, Regina e Madre mia, Maria, prega Gesù per me e ottienimi il dono della perseveranza. Amen.”

Chi non prega si danna

Un grande, immenso aiuto lo riceviamo dalla Madonna. La vera devozione alla Madonna è un pegno di perseveranza, perché la Regina del Cielo e della terra fa di tutto affinché i suoi devoti non vadano eternamente perduti. La recita quotidiana del Rosario, sia cara a tutti!

Un grande pittore, raffigurando il Giudice divino nell’atto di emettere la sentenza eterna, ha dipinto un’anima ormai vicina alla dannazione, poco distante dalle fiamme, ma quest’anima, aggrappandosi alla corona del Rosario, viene salvata dalla Madonna. Quanto è potente la recita del Rosario! Nel 1917 la Vergine Santissima apparve a Fatima a tre fanciulli; quando aprì le mani ne sgorgò un fascio di luce che sembrava penetrasse la terra. I fanciulli videro allora, ai piedi della Madonna, come un grande mare di fuoco e, immersi in esso, neri demoni e anime in forma umana simili a braci trasparenti che, trascinati in alto dalle fiamme, ricadevano giù come faville nei grandi incendi, fra grida di disperazione che facevano inorridire. A tale scena i veggenti alzarono gli occhi alla Madonna per chiedere soccorso e la Vergine soggiunse: «Questo è l’inferno dove vanno a finire le anime dei poveri peccatori. Recitate il Rosario e aggiungete ad ogni posta: “Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno e porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia”». Quanto è eloquente l’accorato invito della Madonna!

Il pensiero dell’inferno giova soprattutto a coloro che zoppicano nella pratica della vita cristiana e sono assai deboli di volontà. Costoro cadono facilmente nel peccato mortale, si rialzano per qualche giorno e poi… ritornano a peccare. Sono un giorno di Dio e l’altro giorno del diavolo. Questi fratelli ricordino le parole di Gesù: “Nessun servo può servire a due padroni” (Lc 16, 13). Normalmente è il vizio impuro che tiranneggia questa categoria di persone; non sanno controllare lo sguardo, non hanno la forza di dominare gli affetti del cuore, o di rinunciare a un divertimento illecito. Chi vive così abita sull’orlo dell’inferno. E se Dio troncasse la vita quando l’anima è in peccato? “Speriamo che questa disgrazia non mi capiti”, dice qualcuno. Anche altri dicevano così, ma poi sono finiti male. Un altro pensa: “Mi metterò di buona volontà fra un mese, fra un anno, o quando sarò vecchio”. Ma tu sei sicuro del domani? Non vedi come sono in continuo aumento le morti improvvise?

Qualcun altro cerca di illudersi: “Poco prima della morte sistemerò ogni cosa”. Ma come pretendi che Dio ti usi misericordia sul letto di morte, dopo aver abusato della sua misericordia per tutta la vita? E se poi te ne mancasse la possibilità?

A quelli che ragionano in questo modo e vivono nel gravissimo pericolo di piombare all’inferno, oltre alla frequenza ai Sacramenti della Confessione e della Comunione, si raccomanda:

1
Vigilare attentamente

Vigilare attentamente, dopo la Confessione, per non commettere la prima colpa grave. Se si cadesse, rialzarsi subito ricorrendo di nuovo alla Confessione. Se non si fa così, facilmente si cadrà una seconda volta, una terza volta… e chissà quante altre!

2
Fuggire le occasioni prossime del peccato grave.

Dice il Signore: “Chi ama il pericolo in esso si perderà” (Sir 3, 25). Una volontà debole, davanti al pericolo, cade facilmente.

3
Non ricadere nella trappola

Nelle tentazioni pensare: “Val la pena, per un momento di piacere, rischiare un’eternità di sofferenze? È Satana che mi tenta, per strapparmi a Dio e portarmi all’inferno. Non voglio cadere nella sua trappola!”.

Una potente leva è il pensiero dell’inferno, esso infatti genera Santi. Milioni di martiri, dovendo scegliere tra il piacere, la ricchezza, gli onori e la morte per Gesù, hanno preferito la perdita della vita piuttosto che andare all’inferno, memori delle parole del Signore: “A che serve all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?” (cfr. Mt 16, 26). Schiere di anime generose lasciano famiglia e patria per portare la luce del Vangelo agli infedeli in terre lontane. Così facendo si assicurano meglio l’eterna salvezza. Quanti religiosi abbandonano anche i piaceri leciti della vita e si danno alla mortificazione, per raggiungere più facilmente la vita eterna in Paradiso! E quanti uomini e donne, sposati o no, pur con non pochi sacrifici osservano i Comandamenti di Dio e si impegnano in opere di apostolato e di carità! Chi sostiene tutte queste persone in una fedeltà e generosità certamente non facili? È il pensiero che saranno giudicati da Dio e premiati col Paradiso o castigati con l’inferno eterno. E quanti esempi di eroismo troviamo nella storia della Chiesa! Una ragazzina di dodici anni, Santa Maria Goretti, si lasciò uccidere piuttosto che offendere Dio e dannarsi. Cercò di fermare il suo violentatore e assassino dicendogli: “No, Alessandro, se fai questo vai all’inferno!” San Tommaso Moro, gran cancelliere d’Inghilterra, alla moglie che lo sollecitava a cedere all’ordine del re, sottoscrivendo una decisione contro la Chiesa, rispose: “Che cosa sono venti, trenta, o quarant’anni di vita comoda in confronto all’inferno?”. Non sottoscrisse e fu condannato a morte. Oggi è Santo.

Nella vita terrena, buoni e cattivi vivono insieme come il grano e la zizzania si trovano nello stesso campo, ma alla fine del mondo l’umanità sarà divisa in due schiere, quella dei salvati e quella dei dannati. Il Giudice Divino confermerà allora solennemente la sentenza data a ciascuno subito dopo la morte. Proviamo a immaginare la comparsa davanti a Dio di un’anima cattiva, che sentirà fioccare su di sé la sentenza di condanna. In un lampo sarà giudicata. Vita gaudente, libertà dei sensi, divertimenti peccaminosi, indifferenza totale o quasi nei confronti di Dio, derisione della vita eterna e specialmente dell’inferno. In un lampo la morte tronca il filo della sua esistenza quando meno se l’aspetta. Liberata dai legami della vita terrena, quell’anima si trova subito davanti a Cristo Giudice e comprende fino in fondo di essersi ingannata durante la vita.

Chi non prega si danna

«Dunque, c’è un’altra vita! Come sono stato stolto! Se potessi tornare indietro e rimediare al passato!»

«Rendimi conto, o mia creatura, di ciò che hai fatto in vita.»

«Ma io non sapevo di dover sottostare ad una legge morale.»

«lo, tuo Creatore e Sommo Legislatore, ti chiedo: che ne hai fatto dei miei Comandamenti?»

«Ero convinto che non ci fosse un’altra vita o che, comunque, tutti si sarebbero salvati.»

«Se tutto finisse con la morte, Io, tuo Dio, mi sarei fatto Uomo inutilmente e inutilmente sarei morto su una croce?»

«Sì, ho sentito di questa cosa, ma non vi ho dato peso; per me era una notizia superficiale.»

«Non ti ho dato l’intelligenza per conoscermi e per amarmi? Ma tu hai preferito vivere come le bestie, senza usare la testa. Perché non hai imitato la condotta dei miei buoni discepoli? Perché non mi hai amato fin che eri sulla terra? Tu hai consumato il tempo che ti ho dato alla caccia di piaceri. Perché non hai mai pensato all’inferno? Se tu l’avessi fatto, mi avresti onorato e servito, se non per amore almeno per timore!»

«Dunque, per me c’è l’inferno?»

«Sì, e per tutta l’eternità. Anche il ricco epulone di cui ti ho parlato nel Vangelo non credeva all’inferno. Eppure vi è finito dentro. A te la stessa sorte! Vai, anima maledetta, nel fuoco eterno!»

In un attimo l’anima si trova nel fondo degli abissi, mentre il suo cadavere è ancora caldo e si preparano i funerali. “Maledetta me! Per la gioia di un attimo, che è svanita come un lampo, dovrò bruciare in questo fuoco, lontana da Dio, per sempre! Se non avessi coltivato quelle amicizie pericolose, se avessi pregato di più, se avessi ricevuto più spesso i Sacramenti non mi troverei in questo luogo di estremi tormenti! Maledetti piaceri! Maledetti beni! Ho calpestato la giustizia e la carità per avere un po’ di ricchezza. Ora altri se la godono e io devo scontare qui per tutta l’eternità. Ho agito da pazzo! Speravo di salvarmi, ma mi è mancato il tempo di rimettermi in grazia. La colpa è stata mia. Sapevo che mi sarei potuto dannare, ma ho preferito continuare a peccare. La maledizione cada su chi mi dato il primo scandalo. Se potessi ritornare in vita come cambierebbe la mia condotta!”

“L’inferno è una morte senza morte, una fine senza fine.”

(San Gregorio Magno)

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