La scienza teologica non esula dalla ragione umana, ma in essa ha il fondamento e lo strumento precipuo. La teologia tomista, o per meglio dire, la teologia di sempre ha chiaro questo concetto: Dio si fa conoscere all’uomo in primo luogo per mezzo della sua ragione. Senza una base metafisica, di conseguenza, la teologia manca delle fondamenta, necessarie alla solidità dell’edificio. Infatti, se da un lato per conoscere Dio è necessaria la fede in ciò che Egli ha rivelato e che la Chiesa conserva e tramanda, dall’altro non si può prescindere dalla conoscenza razionale di Dio, come via propedeutica alla fede.
Afferma p. Tomas Tyn OP che il fideismo, moda teologica molto diffusa oggi soprattutto tra i modernisti, nasconde una certa superficialità e va contro la volontà divina, che ha donato all’uomo l’intelletto necessario per conoscerlo, amarlo e servirlo [1]. Per arrivare allo studio della teologia, ovvero della conoscenza soprannaturale di Dio tramite la Rivelazione divina così come è trasmessa nella Sacra Scrittura e dalla Tradizione della Chiesa, è necessario fondare razionalmente la conoscenza di Dio e in ciò è d’ausilio la metafisica.
D’altronde San Tommaso insegna che «un piccolo errore iniziale può, alla fine, diventare grande» [2]. Mancando la metafisica, viene a mancare di solidità tutto l’edificio della teologia ed è ciò che è accaduto al modernismo. Tolto un tassello, cade l’intera struttura. Una teologia, che abbandona il realismo tomista per incagliarsi nell’idealismo hegeliano, non può che sgretolarsi e cadere in aporia.
La teologia di sempre, infatti, ha come base solida il realismo, per il quale la verità è «adaequatio intelluctus ad rem» [3]: la conoscenza della verità, che è sempre unica, avviene nel momento in cui l’intelletto esce da sé e conosce la realtà, che è fuori da esso e non dipende da esso. L’idealismo, invece, parte dal concetto opposto e cade evidentemente nel relativismo, tanto diffuso oggi anche in ambiente teologico.