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Contro l’aborto. Ancora una volta

Alcune brutte abitudini faticano a morire. Tra di esse c'è quella di chiamare diritto quel che è male, di considerare irrinunciabile qualcosa che fa del male. Una nuova e doverosa condanna dell'aborto, per dichiararsi ancora una volta a favore della vita umana. Sempre

✒ Valerio Belarducci

Lo scorso 25 giugno, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha abrogato il diritto di natura federale all’aborto, rimettendo ai singoli Stati membri la decisione di legittimare questa pratica o no. 

Di fronte a questa notizia, numerose e contrastanti sono state le opinioni su questo tema: chi totalmente d’accordo sulla pratica abortista, chi totalmente in disaccordo e chi non sa da che parte stare. 

Ma un cattolico cosa dovrebbe pensare? Cosa ha da insegnare su questo il Corpo Mistico di Cristo, la Chiesa? 

Parte della scienza (e non tutta) afferma che non si può parlare di “vita umana” fino al termine del terzo mese di gravidanza; da cattolici, tuttavia, sappiamo che non spetta alla scienza determinare cosa è “vita” e cosa no, ma a Dio. E se nel disegno del Dio Creatore è stato disposto l’atto del concepimento, è da questo che ha inizio veramente la vita umana, che non è può e non deve essere un concetto imposto “a tavolino” da qualche scienziato, ma un concetto iscritto nella logica del Creatore. 

Assodato che la vita ha inizio sin dal concepimento, è chiara la conseguenza dell’interruzione volontaria di gravidanza: un delitto agli occhi di Dio. 

Nel “Catechismo della Chiesa Cattolica” al n. 2270 è scritto “La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita.” 

Una ripresa della Istr. Donum Vitae della Congregazione per la Dottrina della Fede. A tal proposito, importanti sono due passi veterotestamentari, che anche il Catechismo cita per comprovare quanto affermato sopra: 

“Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato” (Ger 1, 5) 

“Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra” (Sal 139, 15) 

Lapalissiano, quindi, che la vita è tale dal momento in cui Dio ne dispone l’esistenza. Ogni essere concepito è creatura viva in quanto disposta da Dio, creata dalla Sua volontà, e non da quella dell’Uomo. 

Nel documento Gaudium et spes del Concilio Ecumenico Vaticano II, si può leggere: “Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l’altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l’aborto come l’infanticidio sono abominevoli delitti”. 

Bisogna prestare attenzione a non cadere nell’errore di ignorare quanto citato sopra; innanzitutto leggiamo che Dio è “padrone della vita”, la vita di ogni singolo umano appartiene, dunque, a Dio in quanto è Suo dono. Se la vita appartiene a Dio, ne deriva, sillogicamente, che non appartiene all’Uomo: l’aborto è allora un tentativo di imporsi su Dio avanzando la pretesa di essere i legittimi possessori della vita, e quindi, poterne disporre secondo l’umano beneplacito. 

Quale è la responsabilità dell’Uomo nei confronti di Dio per quanto concerne il dono della vita, allora? Rileggiamo: “Dio … ha affidato agli uomini l’altissima missione di proteggere la vita”; non un compito, ma una “missione” dell’Uomo di essere paraclito nei confronti della vita, di esserne lo strenuo difensore, senza se e senza ma. 

La pratica abortista è l’opera diametralmente opposta a questa “missione” umana: decidere di interrompere volontariamente la vita di una Creatura di Dio è il contrario di difenderla, è un “abominevole delitto”, come lo definisce il Concilio, che pone sullo stesso piano l’aborto e l’infanticidio. La pratica abortista è anche l’opera diametralmente opposta al comandamento evangelico: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mc 12, 29). 

In quale mondo togliere la vita a qualcuno adempirebbe al comandamento dell’amore? Non esiste amore nel porsi al di sopra di Dio, non esiste amore nell’uccidere, non esiste amore nell’aborto. 

Contro l’aborto. Ancora una volta

La “missione” umana che citavo sopra, sembrerebbe particolarmente dedicata ai medici, che attraverso i loro studi e le loro funzioni, sono insigniti da Dio della capacità di curare i malati e tante volte di salvare la vita: sono strumenti nelle mani del Signore, e obbedendo alla Sua chiamata, operano pienamente il comando evangelico dell’amore. 

Tuttavia, anche tra i medici, esistono molti che non rispettano la vocazione di Dio alla “missione di proteggere la vita”, decidendo di macchiarsi del “delitto” di aborto. Riguardo a questo, è chiarissimo ciò che la Chiesa, nella Sua autorità apostolica, esprime nel Codice di Diritto Canonico. Al Can. 1398, infatti, si può leggere: “Qui abortum procurat, effectu secuto, in excomunicationem latae sententiae incurrit”, che tradotto significa “Chi procura l’aborto ottendendo l’effetto, incorre nella scomunica latae sententiae”. Per “scomunica latae sententiae” si intende una scomunica che scatta in automatico non appena viene compiuto il peccato, poiché ha già in sè, in quanto stabilito nel C.D.C. tale pena e non necessita di essere inflitta dalla Sede Apostolica. 

Questa pena è inflitta alla donna che decide di abortire, al medico abortista e a tutti coloro che partecipano alla pratica abortista aiutando a compiere tale delitto, e non esclusi, sono tutti coloro che convincono la donna a compiere l’aborto. 

Questo peccato, con la scomunica ad esso correlata, può essere assolto solo dai sacerdoti insigniti di tale diritto dalla Penitenzieria Apostolica. 

Per incorrere nella scomunica veramente, però, è necessaria la condizione di “deliberato consenso”, come pure per incorrere nel peccato. 

Il Can. 1398 è quindi effettivo per tutti coloro che al momento in cui hanno praticato l’aborto, o hanno convinto la donna a farlo, erano consapevoli della pena prevista per il questo peccato. 

Dunque, alla domanda iniziale su cosa un cattolico dovrebbe pensare in merito all’aborto, risponde l’autorevole voce della Chiesa, che basandosi sulle Scritture, sul Magistero e su quello che lo Spirito consiglia, ha promulgato testi di incontestabile validità in cui troviamo una chiara conadanna del peccato di aborto, in quanto, riassumendo,è un gravissimo 

peccato contro la Vita. 

Una brevissima riflessione che vorrei proporre adattabile a tutti i contesti è la seguente: Essere cristiani non vuol dire appartenere ad un’ideologia, ma, come suggerisce l’etimologia, essere “di Cristo”; in Cristo siamo battezzati, rinati a vita nuova e in Lui solo risorgeremo. Essere cristiani non vuol dire portare una maschera da indossare all’occorrenza, ma vuol dire compiere una scelta di vita che deve rivelarsi coerente anche nello stile di vita, nelle decisioni e nelle idee. 

Per essere cristiani, è necessario guardare alla Vita con gli occhi di Dio; bisogna sforzarsi di entrare nella logica Divina in cui è tutta la Verità, e conformare la propria vita a questa logica che è contenuta nelle Scritture e nella Tradizione della Chiesa.

Se una persona dice di essere cristiana cattolica, deve quindi necessariamente credere in ciò che la Dottrina insegna e la Chiesa conferma con il Suo apostolato e i documenti che emana nell’autorità conferita da Cristo Signore stesso. 

Poi una domanda a tutti coloro che non sono convinti di quanto è scritto nell’articolo: Siamo sicuri che il diritto di una donna o di una famiglia alla carriera, alla scelta di condurre un certo stile di vita, qualunque esso sia, giustifichi o superi addirittura l’inalienabile diritto alla vita? 

Ricordando a tutti che la vita non ha inizio quando lo dice la scienza, ma quando il Dio Creatore ne dispone l’inizio “fin dall’atto del concepimento”, converranno tutti che la risposta a questa domanda è negativa; e come affidatari di quella “altissima missione di proteggere la vita”, noi cattolici esprimiamo che l’aborto non può essere un diritto, perché fortemente delittuoso agli occhi di Dio.

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