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Conversazione III – Istituzione divina della confessione

Il buon Curato si ritirò per recitare il breviario. Ma la brigata aveva la testa riscaldata dalla disputa, e in luogo di andar a fare la partita, si radunò nell'aja intorno a Pietro dicendogli: è presto detto che la confessione sia stata instituita da Dio.

Il buon Curato si ritirò in un giardino per recitare il breviario passeggiando. Ma la brigata aveva la testa riscaldata dalla disputa, e in luogo di andar a fare la partita, si radunò nell’aja intorno a Pietro dicendogli: è presto detto che la confessione sia stata instituita da Dio; ma come possiamo noi sapere, e saper con certezza che Dio abbia instituito la confessione? Pietro allora diede un’occhiata per vedere se il Curato ormai veniva, poi secondo il suo buon senso prese a parlare così: Voi dimandate, come sappiamo che Dio abbia istituita la confessione? Ed io chiedoavoi: come sapete che non l’abbia istituita? qual ragione mi date voi? Nissuna, se non quella che la confessione vi spiace. In tempo di mia giovinezza, quando era soldato, ho udito a raccontare che un generale si faceva condurre innanzi i soldati imputati di qualche mancamento, e se scorgeva nel loro volto qualche cosa che gli spiacesse: fucilateli sull’istante, diceva, di poi giudicheremo la loro colpa. Egli allora aveva timore di trovarli innocenti. Riguardo alla confessione noi siamo un poco somiglianti a questo capitano. Noi la fuciliamo, la aboliamo, riserbandoci appresso a dare una piccola forma di giudizio e di riflessione alla condanna ingiusta e precipitata. Que’ discorsi divenivano ognor più riscaldati e la voce piuttosto elevata. La qualcosa fece correre colà molta gente del vicinato, e tra gli altri un uomo ricco e rispettabile chiamato Germano. Costui, dopo di aver coperto onorevoli impieghi, e di essersi dato alle sregolatezze della vita mondana, aveva abbandonato le cure del mondo per viver pacificamente in una casa di campagna vicino a quella di Pietro. Instrutto e giudicioso qual era non tardò a provare in se medesimo il gran vuoto che lascia nel cuore umano la mancanza di religione. Ricondotto alla fede dalle sue considerazioni, e da’ suoi studi aiutati dalla divina grazia, egli si dimostrò d’allora in poi cristiano e cattolico sincero. Amava molto di trattenersi coi contadini e con altre persone del volgo, raccontando loro le sue vicende passate, e dando sempre utili e buoni consigli. Informato della quistione che si andava agitando, e pregato di dire il suo parere, prese a dire così: Il nostro signor Curato ha ragione di assicurarvi che non basta essere onest’uomo secondo il mondo, per non aver cosa da rimproverarsi dinanzi a Dio. L’uomo può egualmente dannarsi per l’orgoglio e per la lussuria, per l’incredulità e per l’indifferenza in materia di religione, come si può dannare per furto. Ha eziandio ragione il Curato nell’asserire che la confessione è il mezzo ordinario stabilito da Dio per ottenere il perdono a quelli che l’offendono, fossero essi anche i più galantuomini del mondo. Ragionate, disputate finché volete; se Dio ha stabilita la confessione, se egli non concede perdono senza di essa, tutti i vostri discorsi valgono niente. Non è forse egli padrone di mettere le condizioni, che vuole, a quelli che ricorrono alla sua clemenza?

C. Benissimo, signor Germano, disse il Curato, che già aveva terminato il suo breviario, voi parlate veramente da uomo assennato. Se Iddio è padrone di tutto, certamente, se il vuole, può comandare la confessione. Tutta la questione adunque si riduce a questo: LA CONFESSIONE È STATA STABILITA DA DIO?

A. Questa è la cosa che noi desideriamo di conoscere.

C. Fate solamente attenzione a ciò che sono per dirvi, e ne sarete certamente convinti. Ma parliamo da amici, con calma, e con rispetto: quando non comprenderete qualche cosa, ditemela, e farò in maniera di spiegarvela. Ditemi adunque: Credete voi al Vangelo?

A. Senza dubbio; perchè se non crediamo al Vangelo non possiamo essere cristiani.

C. Credete che G. C. avesse la facoltà di rimettere i peccati?

A. Anche in ciò non havvi alcun dubbio; perchè G. C. come Dio poteva, anzi era il solo che potesse perdonare i peccati, siccome leggiamo aver più volte fatto nel Vangelo.

C. Credete eziandio che G. C. abbia dato tale facoltà agli Apostoli?

A. Quivi sta la difficoltà. Fatemi vedere che G. C. abbia dato agli Apostoli la facoltà di rimettere i peccati, e tutte le difficoltà sono sciolte.

C. Questo appunto voglio farvi vedere. Apriamo il Vangelo di S. Matteo e nel capo 28 troveremo che G. C. tenne questo discorso a’ suoi apostoli: «A me è» dato ogni potere in cielo ed in terra;» andate dunque, ammaestrate e battezzate» tutte le genti nel nome del Padre» del Figliuolo e dello Spirito Santo, insegnando» loro di osservare tutte ciò» che vi ho comandato.»

A. Queste parole dimostrano che G. C. aveva ogni potere in cielo ed in terra, e che egli mandava i suoi Apostoli a predicare il Vangelo in tutto il mondo: ma non veggo che abbia conferito questo suo potere agli Apostoli.

C. Gesù C., siccome è scritto nel Vangelo di S. Matteo, dice che a lui è dato ogni potere in cielo ed in terra: altrove poi dice (Joan. 20), come questo gran potere l’abbia compartito agli Apostoli: Come il Padre mandò me, egli dice agli Apostoli, così io mando voi, vale a dire; come il padre celeste mandò il suo Figlio Unigenito a salvare gli uomini conferendogli ogni potere in cielo ed in terra; così il Salvatore mandò gli Apostoli, e i loro successori a predicare il Vangelo conferendo loro un assoluto e pieno potere sopra tutte quelle cose che avrebbero potuto contribuire alla salvezza delle anime. Ora un gran potere esercitato in terra da G. C. essendo quello di perdonare i peccati; ne deriva che gli Apostoli nella pienezza delle facoltà compartite dal Salvatore ebbero eziandio quella di rimettere ì peccati. Nè questo è il solo passo del Vangelo ove si parlì di questo pieno potere dato agli Apostoli. Nel medesimo Vangelo di San Matteo, al capo decimosesto, troviamo che G. C. dopo di aver costituito San Pietro capo della Chiesa gli soggiunse queste precise parole «Ti darò le chiavi del regno de’ cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto pure in cielo, e tutto ciò che legherai in terra sarà pure legato in cielo.» Qui il Signore si servì della similitudine delle chiavi per significare il supremo potere che a lui conferiva e in cielo e in terra, potere assoluto e indipendente che Pietro poteva conferire agli Apostoli secondo il bisogno delle anime.

A. Adagio, signor Curato, permettetemi un’osservazione. Mi pare che questo supremo potere sia stato dato a S. Pietro e non agli altri Apostoli.

C. A S. Pietro come capo della Chiesa fu conferito in particolar maniera questo supremo potere, che certamente sarebbe imperfetto se S. Pietro nol potesse conferire agli altri, dicendo: Tutto ciò che tu legherai in terra sarà pure legato in cielo, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà pure sciolto in cielo. Matt. 16. G. C. Confermò questa sua medesima autorità a S. Pietro e a tutti gli Apostoli allorché disse: «in verità io vi dico che tutto ciò che legherete in terra sarà pure legato in cielo; e tutto ciò che scioglierete in terra sarà pure sciolto in cielo.» Matt. 18. Onde S. Pietro e per conseguenza i! Romano Pontefice, gli Apostoli e per conseguenza i vescovi ed i preti della vera Chiesa di G. C. hanno ricevuto il potere di sciogliere e di legare, perciò di rimettere e non rimettere i peccati.

A. Bene: signor Curato, ciò comincia ad appagarmi; e mi piace tanto più perchè voi andate alla fonte e dite che Dio avendo dato ogni potere a’ suoi Apostoli, diede anche quello di rimettere i peccati. Tuttavia non si può trovare nel Vangelo che il Salvatore abbia proprio conferito agli Apostoli la facoltà di rimettere i peccati.

C. Quanto vi dissi finora rende manifesto il potere assoluto e illimitato che il Salvatore diede agli Apostoli, perciò anche quello di rimettere i peccati. La qual cosa deve bastare per renderci sicuri di questa verità. Però il divin Salvatore volle egli medesimo fare un’applicazione in particolare di questo potere intorno alla remissione dei peccati. Ascoltate il fatto intiero siccome trovasi nel Vangelo (Joan. 20). «Dopo la sua risurrezione e prima di salire al cielo comparve il Salvatore dove si trovavano i Discepoli radunati a porte chiuse per timore de’ Giudei. Stette in mezzo di loro e disse: pace a voi. E avendo ciò detto mostrò loro le mani ed il costato. Si rallegrarono i Discepoli alla vista del Signore. Frattanto disse loro di nuovo: pace a voi. Come il Padre mandò me, così io mando voi. Avendo dette queste parole soffiò sopra di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo: i peccati sono rimessi a quelli, a cui li rimetterete, e sono ritenuti a quelli, a cui li riterrete.» Io credo che non si possa desiderare un modo di parlare più chiaro, e più manifesto per indicare la facoltà data agli Apostoli da G. C. di rimettere e ritenere i peccati.

A. Ho qui un libro, sig. Curato, che riferisce le medesime cose ma con una spiegazione alquanto diversa. Dice che per discepoli qui s’intendono tutti i fedeli cristiani, di modo che tale facoltà competerebbe non solo agli Apostoli, ma a tutti i cristiani indistintamente.

C. Questo vostro libro, mio caro, interpreta la Bibbia nella maniera più stravagante. A. Pure l’autore di questo libro è una persona dotta, ascoltate il titolo del libro e il nome dell’autore …

C. Non voglio saperlo. Le sole parole che mi accennate mi fanno abbastanza conoscere che questo libro è di un protestante, e so pur troppo chi n’è l’autore.

A. Ho la licenza di leggere libri proibiti.

C. Avete fatto bene a procurarvi tale licenza, ma vorrei eziandio che vi procacciaste libri migliori di questo. Per ora passiamo sopra a tale argomento: vi terrò poi apposito discorso sul gran male che cagionano i libri cattivi, e sul gran bene che ne deriva dalla lettura di libri buoni. Qui voglio solamente notarvi la erronea spiegazione che il vostro libro dà alle parole del Vangelo che riguardano la facoltà di rimettere i peccati. A. Cioè che per discepoli s’intendono tutti i cristiani.

C. Che quivi per discepoli s’intendano i soli Apostoli apparisce chiaramente,

1) dalle parole ivi notate: come il Padre mandò me, così io mando voi. Le quali maniere di parlare G. C. usò più volte nel Vangelo, ma unicamente co’ suoi Apostoli e non mai con altri.

2) Il Vangelo nota chiaramente che San Tommaso uno dei dodici non era presente quando apparve Gesù. Le quali parole fanno conoscere che qui si parla de’ soli Apostoli, e non di altri Discepoli in generale.

3) Il Vangelo poi nota in maniera speciale che i discepoli che si tenevano chiusi per timore de’ Giudei erano gli Apostoli propriamente detti; perchè essi soli come pubblici seguaci del Salvatore, anzi come predicatori del Vangelo avevano molto a temere la persecuzione dei Giudei.

4) I Santi Padri, tutti gli interpreti, e i più dotti protestanti hanno sempre convenuto colla Chiesa cattolica, che le mentovate parole del Salvatore fossero esclusivamente indirizzate agli Apostoli. È poi veramente un genio singolare l’autore del vostro libro! Egli vuole che ciascheduno interpreti la Bibbia come vuole, e poi pretende che gli altri debbano seguire quanto egli suppone di ricavare dalla Bibbia. Che se voi osservate bene la traduzione che egli ne fa, scorgerete come egli abbia aggiunto, tolto e cangiato quanto gli tornava a capriccio. – Siccome fece in altri passi, e siccome fanno generalmente gli scrittori protestanti. Osservate poiché stranezza! prima dice che tale facoltà non fu data agli Apostoli; poi dice che fu data a tutti i fedeli cristiani. Dunque fuanche data agli Apostoli che pure erano discepoli e fedeli cristiani.

A. Veramente ciò mi pare contraddizione. Egli nega agli Apostoli l’autorità di rimettere i peccati, e poi vuole che l’abbiano tutti: di modo che, secondo esso, uomini e donne, vecchi e fanciulli sarebbero tutti confessori, ciò mi pare ridicolo ed assurdo. Io però non avrei alcuna difficoltà di riconoscere l’autorità assoluta concessa da G. C. agli Apostoli di sciogliere e di legare e perciò anche di rimettere i peccati. Ma parmi tuttavia che in questo luogo si parli della sola facoltà di rimettere i peccati, ma non dell’obbligo di confessarsi.

C. Volete dire essere cosa chiara e certa che il Salvatore abbia dato la facoltà di ritenere e non ritenere, cioè di perdonare e non perdonare i peccati, ma non l’obbligo di confessarsi. Voi certamente dite questo per discorrere, perciocchè è cosa evidente che colla facoltà di rimettere e di ritenere, assolvere e non assolvere, il Salvatore ha conferito un doppio potere, cioè quello di perdonare e quello di non perdonare. Ora in qual maniera il confessore potrà formare questo giudizio senza che il penitente confessi oralmente le colpe?

A. Mi pare che si possa benissimo conciliar la facoltà di assolvere e non assolvere senza obbligare alla confessione esterna dei peccati. C. Questo mezzo io noi saprei trovare: desidererei che qualcuno me lo dicesse.

A. Per esempio: se il confessore desse l’assoluzione a chi semplicemente si presenta a lui, non basterebbe?

C. Non basta certamente: perchè in questo caso il sacerdote assolverebbe a capriccio e fuori di proposito. Non è tale l’intenzione del Salvatore. Supponete che il re mandi un giudice in un tribunale, dicendogli: voi deciderete i processi alla semplice vista dei colpevoli: purchè si presentino a voi, voi darete la sentenza senza esaminare i loro torti: senza ascoltare le deposizioni dei testimonii, voi libererete l’uno, imprigionerete l’altro, manderete questo alla ghigliottina, quell’altro alla galera, che direste voi di questa maniera di giudicare?

A. Penserei che il re ha perduto la testa.

C. Or bene, G. C. dando a suoi Apostoli la facoltà di rimettere o di ritenere i peccati senza la confessione, avrebbe fatto quello che il re non farebbe mai; ed ecco che per decidere quando devonsi rimettere o ritenere i peccati, è necessario che gli Apostoli e i loro successori conoscano le colpe, possano distinguere quelle che meritano perdono da quelle che non lo meritano. Or come faranno questa distinzione, come conosceranno queste colpe, se loro non sono confessate? Vorreste voi forse dire che i confessori debbano giudicare come si fa avanti ai tribunali civili, sulla attestazione di quelli che conoscono la nostra vita? allora sì che si griderebbe contro alla confessione. Iddio avrebbe ciò potuto comandare, ma nella sua bontà ha voluto scegliere un mezzo più comodo e facile, e per noi più vantaggioso. Inoltre voi come avvocato comprenderete facilmente che un giudice per esercitare la funzione che gli conferisce la legge, deve conoscere le cause sopra le quali egli è chiamato a proferirvi sentenza. Così gli Apostoli e i sacerdoti loro successori per esercitare la funzione di giudice siccome G. C. ha loro accordato, devono anche conoscere la causa, cioè i peccati che essi hanno il potere di rimettere o di ritenere. Dunque, miei cari amici, bisogna o ammettere una pubblica accusa dei peccati, o ammettere un segreto per la confessione, che è quanto dire la confessione auricolare. Germano. Questa conclusione è giusta, e niuno può opporre la minima difficoltà.

A. Vedo anch’io la forza di questa conclusione, ma non potrebbe darsi, che G. C. abbia stabilita la confessione, come un mezzo più perfetto per fare penitenza, senza obbligare gli uomini a confessarsi?

C. Non occupiamoci di ciò che Dio abbia potuto fare, ma di ciò che egli ha fatto. G. C. voleva senza dubbio che il potere dato agli Apostoli fosse serio e vantaggioso alla sua Chiesa. Egli non avrebbe, messo tanta importanza nel concedere il potere di rimettere i peccati; se questo potere avesse dovuto rimanere inutile. Dio non fa niente senza ragione e senza scopo.

A. E perchè la confessione sarebbe stata inutile?

C. La confessione sarebbe stata inutile; perchè se essa pare tanto gravosa a colui che ne è obbligato, chi si confesserebbe ancora se si potesse ottenere la remissione dei peccati senza la confessione?

A. Comprendo benissimo quanto voi dite. Ma parmi che posto l’obbligo di confessarsi debba essere bastante che il penitente si presenti al sacerdote come colpevole per dimandare l’assoluzione e così essere assolto dai peccati.

C. Questa sarebbe una confessione, ma non quella istituita da G. C. Imperciocché non si danno le chiavi per dichiarare che la porta è aperta, ma per aprirla e chiuderla secondo la convenienza. Perciò avendo egli dato le chiavi del cielo ai confessori, cioè la potenza di sciogliere e di legare, dare o non dare l’assoluzione; ne viene per necessaria conseguenza, che l’uomo debba manifestare le sue colpe al confessore, affinchè egli sia in grado di conoscere e giudicare se il penitente meriti o no l’assoluzione.

A. Ho ancora una difficoltà che fa il mio libro, ed è questa. Se fosse stata intenzione del Salvatore di obbligarci alla confessione avrebbe ciò dimostrato coi fatti: ma io non mi ricordo di aver letto che Gesù C. abbia confessato.

C. Ad un cristiano deve bastare il sapere che una cosa sia stata proposta da G. C, perchè noi siamo obbligati a crederla e praticarla senza indagare se sia stata o no da lui stesso praticata. – Voglio però farvi notare che Gesù Cristo non aveva bisogno di confessione per conoscere i peccati. Egli era Dio e perciò infinitamente sapiente; quindi conosceva ogni segreta azione, ogni più nascosto pensiero. Laonde presentandosi a lui qualche peccatore pentito, poteva dirgli, come disse di fatto: Ti sono rimessi i tuoi peccati; (remittuntur tibi peccata tua: Matt. 9, e Luc. 5 e 7.) Ma i sacerdoti non potendo penetrare i segreti dei cuori senza che siano manifestati dai penitenti; ne segue che non potrebbero giudicare quando debbono assolvere e non assolvere, senza un’esterna dichiarazione dei peccati, cioè senza la confessione. Aggiugnete ancora che talvolta l’uomo giudica peccato quello che non lo è, e talora giudica non essere male quello che in realtà lo sarebbe; di più egli ha bisosogno di consiglio per conoscere le sue obbligazioni, per riparare al mal fatto, per non più ricadere in avvenire. Come possono farsi queste cose senza la manifestazione del nostro interno? Come potrebbe il confessore giudicare delle nostre azioni? Come potrebbe darci gli opportuni avvisi, se non gli facciamo conoscere i nostri bisogni? Conchiudiamo adunque essere stata data agli Apostoli la facoltà di rimettere i peccati: e questi non potersi da loro rimettere senza che siano manifestati, essere perciò necessaria la confessione.

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