A. Ciò che dite, signor Curato, mi è soggetto di profonda riflessione. Perciocché posta la divina missione degli Apostoli con potere illimitato, ne segue che essi e i loro successori abbiano eziandio l’autori là di rimettere i peccati. D’altra parte mi fa anche non lieve sensazione il riflettere che gli Apostoli non abbiano mai parlato di confessione, e nemmeno abbiano confessato.
C. Voi mi fate due difficoltà, cui potete voi medesimo colla Bibbia alla mano rispondere. Gli Apostoli non solo parlarono di confessione, ma ne parlarono moltissimo. In verità chi è che riferisce particolarmente le cose che riguardano a quanto disse il Salvatore intorno alla facoltà di rimettere i peccati?
A. Sono gli Evangelisti S. Matteo e S. Gioanni.
C. Costoro erano ambidue Apostoli. Dunque gli Apostoli scrivendo le pratiche istituite dal Salvatore parlano e scrivono anche della confessione. Oltre a ciò leggiamo nel Vangelo (Matt. 18.) che S. Pietro stupefatto della grandezza della facoltà concessa di rimettere i peccati, un giorno si fece ad interrogare il Divin Salvatore dicendo: Maestro, se il mio fratello cadrà in peccato, quante volte dovrò perdonarlo? fino a sette volte? Gesù a lui disse: non dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Le quali parole, come spiega S. Girolamo, devono essere per noi cosa consolantissima. Ogni qual volta ci avvenisse di commettere qualche colpa, abbiamo un mezzo sicuro per acquetare i rimorsi della coscienza, e riconciliarci con Dio mediante la confessione.
A. Tutte queste autorità riguardano ai vari colloquii avuti tra il Salvatore e gli Apostoli; io desidererei di sapere se gli Apostoli abbiano ancora parlato di confessione dopo l’Ascensione di lui al cielo.
C. Anche in ciò havvi un inganno, anzi un errore grande che moltissimi studiano di spargere fra i cristiani. Gli Aposloli parlarono della confessione, vivente il Salvatore, e ne parlarono dopo la sua Ascensione al cielo. S. Paolo parlando ai cristiani che dimoravano nella città di Corinto, li avvisa che prima di accostarsi a ricevere il Corpo ed il Sangue di G. C., provassero la loro coscienza. Probet autem se ipsum homo et sic de pane illo edat el de calice bibat (1a ai Corinti). Queste parole sono così spiegate da S. Agostino: «Prima di ricevere quel sacramento, «l’Eucaristia, è d’uopo ricorrere alla confessione» ed alla penitenza e fare un «diligente esame delle nostre azioni. Che «se le troviamo colpevoli, con sollecitudine «affrettiamoci per mezzo della confessione «e di un sincero pentimento a «tergerle dall’anima nostra, onde non «dobbiamo perire con Giuda traditore. «occultando il demonio entro di noi.» Lo stesso Apostolo S. Giovanni dice (epist. 1a, I) che noi otterremo facilmente il perdono se confesseremo i nostri peccati. A. Approvo quanto mi dite e non saprei come poter negare che gli Apostoli abbiano raccomandato la confessione. Perciò ne convengo pienamente con voi. Ciò che mi fa specie si è non avere alcun fatto il quale dimostri che gli Apostoli abbiano confessato.
C. Se gli Apostoli raccomandavano con sollecitudine la confessione, è segno che si praticava ai loro tempi. Inoltre a quei fervorosi cristiani rarissimamente avveniva di cadere in peccato, quindi loro poteva bastare minor frequenza della confessione, tanto più che spesso Dio puniva con terribili castighi i fatti segreti anche non molto gravi. Come di fatti fu punita con morte repentina la bugia detta a S. Pietro da Anania e da Zaffira (Act. 5.). Nemmeno dobbiamo ommettere che moltissime cose si praticavano allora e di cui non si trova parola nella Bibbia; come sono i riti e le cerimonie con cui erano amministrati i Sacramenti e si compievano altre sacre funzioni. Delle quali cose tuttavia ne siamo certi. Nondimeno abbiamo fatti positivi di confessioni fatte ai medesimi Apostoli.
A. Un solo fatto mi basta.
G. Apriamo il libro degli atti degli Apostoli al capo 19 e leggiamo che alla predicazione degli Apostoli molti di quelli che avevano creduto venivano ai piè di San Paolo per denunziare e confessare le loro azioni, confitentes et atmuntiantes actus suos. Non apparisce evidente il fatto della confessione? Non si vede S. Paolo intento nd ascoltare le confessioni dei fedeli? Non si vedono qui i fedeli a turbe recarsi ai piè del grande Apostolo per dichiarare e confessare le loro colpe?
A. Cosi è; così è. Ove intervengono fatti deve cessare ogni dubbio. Una cosa ancora riesce diffìcile a capirsi, ed è come sia possibile che gli uomini possano rimettere i peccati agli altri uomini, come appunto avviene nella confessione; che cosa si potrebbe rispondere in proposito?
C. Non si è mai insegnato nella Chiesa che i sacerdoti rimettano i peccati in virtù propria, ma li rimettono in virtù dell’autorità ricevuta da G. C. che loro dice: i peccati sono rimessi a quelli, a cui li rimetterete, e sono ritenuti a quelli a cui li riterrete. L’uomo confessa i peccati, il sacerdote assolve, Iddio perdona; ma ciò tutto si fa in nome di G. C.. Vi scrivo, figliuoli, dice S. Giovanni, che i peccati sono rimessi a voi pel nome di Lui, cioè di G. C.; Scribo vobis, filioli, quoniam peccata remittuntur propter nomen ejus. (Joan. Ep. 1 a, cap. 2, v.12). {40 [184]} Da chi adunque sono rimessi i peccati, Remittuntur peccata?
A. Sono rimessi da quelli a cui disse G. C.: tutto ciò che scioglierete in terra, sarà sciolto in cielo: i peccati sono rimessi a quelli, cui li rimtterete.
C. Non può essere altrimenti. I peccati sono rimessi dai successori degli Apostoli secondo l’autorità ricevuta da G. C. e pel nome di Lui, propter nomen ejus.