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Dai vescovi nigeriani un giro di vite sugli abusi liturgici

In Nigeria la Conferenza Episcopale interviene sugli abusi liturgici. Una stretta che vale anche per noi, ricordandoci che la vera priorità non è la Costituzione o l'ambientalismo, ma glorificare Dio.

di Luisella Scrosati – lanuovabq.it

La Conferenza Episcopale Italiana ha stabilito un energico giro di vite sugli abusi liturgici, emanando una circolare per tutti i sacerdoti, perché pongano fine ad atti che non rispettano la natura del culto pubblico della Chiesa. Il cardinale Zuppi ha firmato un documento che prevede sanzioni verso i sacerdoti protagonisti di liturgie fai-da-te. Non ci credete? Fate bene, perché per i vescovi italiani le priorità sono la Costituzione, il cambiamento climatico e il sostegno di Bruxelles. Non così però per i confratelli nigeriani, che invece hanno realmente preso carta e penna per comunicare ai loro sacerdoti che di abusi liturgici ne hanno abbastanza.

Con una dichiarazione del 15 agosto scorso (vedi qui), la Conferenza Episcopale Nigeriana (CBCN) ha fermamente condannato l’«aumento allarmante nella nostra nazione di aberrazioni durante il culto, commesse da alcuni nostri preti». Nel documento, che porta la firma del presidente della CBCN, mons. Lucius Iwejuru Ugorji, arcivescovo di Owerri, lamentano soprattutto «deviazioni dalle preghiere prescritte e dalle rubriche della Messa, inclusa la preghiera eucaristica» ed un «trattamento irriverente dell’Eucaristia», con particolare riferimento all’uso di camminare in mezzo alla navata con il Santissimo sacramento, benedicendo le persone agitando l’ostensorio a mo’ di aspersorio.

Altri abusi vengono ripresi dai vescovi nigeriani: presenza di musica non liturgica o addirittura profana nella liturgia, danze indecenti, continua raccolta di offerte durante la celebrazione eucaristica, utilizzo della predicazione per finalità che non le sono proprie, invenzione di riti e benedizione di oggetti che la Chiesa non include tra i sacramentali e, più in generale, una mancanza di preparazione adeguata delle celebrazioni liturgiche.

Si tratta di un elenco di abusi che evidentemente colpiscono le chiese cattoliche della Nigeria (in buona parte sovrapponibile a quanto accade da noi), ma che manifestano un atteggiamento di fondo, adeguatamente colto e stigmatizzato dai vescovi: «queste azioni non sono semplicemente errori di valutazione; sono violazioni dell’ordine sacro e come tali devono essere trattati. Ricordiamo ai nostri sacerdoti che l’altare non è un palcoscenico teatrale e che la liturgia neppure è un luogo di innovazione». Si trova qui il cuore di questa dichiarazione: la liturgia risponde a un ordine sacro che non è a disposizione dell’arbitrio degli uomini, nemmeno se preti o vescovi, qualunque sia la loro più o meno lodevole intenzione. Note di benedettiana memoria.

«La liturgia è un’anticipazione del banchetto celeste, un incontro sacro con la divinità, e dev’essere sempre condotta con la più grande solennità e il più grande rispetto. Qualsiasi atto che sminuisce questo incontro sacro dev’essere condannato e corretto con la serietà che merita», continua la dichiarazione. In un contesto di aperta e sanguinaria persecuzione dei cristiani, i vescovi nigeriani fanno quadrato per difendere il primato di Dio, nel culto liturgico a lui dovuto. Ai loro occhi evidentemente non è una minaccia meno grave quella che nasce dall’interno della Chiesa, dal cuore del santuario, dalle mani e dalle labbra dei sacerdoti, di quella che proviene dai gruppi di islamisti.

In un Paese dove, nel solo 2022, quasi 6mila cristiani sono stati uccisi, oltre 2mila chiese distrutte, 124mila persone sono state allontanate con forza dalle loro case, dove continuano l’assassinio e il rapimento di laici e chierici, i vescovi hanno la lucidità e lungimiranza di mettere in guardia i sacerdoti dal violare l’ordine sacro nella sua forma esterna. Visione pienamente illuminata dalla fede e animata dalla virtù di religione: quella di celebrare i santi misteri, continuano i vescovi, «non è una responsabilità da prendere alla leggera, né una responsabilità che permette un’interpretazione personale. Questo si può ottenere solo quando la liturgia viene celebrata con il decoro, la riverenza e la fedeltà che essa richiede. Gli abusi e le deviazioni relative alla forma prescritta non sono solamente inaccettabili, ma costituiscono un grave danno per i fedeli e per la Chiesa».

Chiesa e fedeli: sono quasi una rarità i sacerdoti consapevoli che non hanno alcun diritto di alterare, sminuire o modificare i sacri riti approvati dalla Chiesa: «la Chiesa ci ha dato delle direttive chiare sul modo in cui la liturgia dev’essere celebrata, e queste direttive devono essere seguite senza eccezioni. La fedeltà alle leggi della Chiesa non è facoltativa, ma obbligatoria. I fedeli non meritano altro che la celebrazione corretta e rispettosa dei misteri della nostra fede».

I fedeli, appunto, le vittime dei gusti personali dei preti e delle commissioni liturgiche: vittime quando il loro diritto di poter partecipare alla sacra liturgia, senza “additivi” e senza minimalismi essenzialisti, viene calpestato, con loro grande sofferenza; doppiamente vittime quando seguono entusiasti le creatività liturgiche dei loro pastori.
Come nelle visioni dell’Apocalisse, la purezza del copioso sangue dei martiri entra nella liturgia che unisce cielo e terra, liturgia descritta con minuziosità da San Giovanni nelle forme della sua sollemnitas, senza la quale essa non è, nella migliore delle ipotesi, che un semplice esercizio di devozione personale e nelle peggiori una vera e propria manipolazione di ciò che spetta a Dio solo.

La Nigeria è davanti ai nostri occhi per capire qual è la direzione da prendere, per uscire dalla grave crisi che attanaglia la Chiesa e rischia di farla estinguere: glorificare Dio con il sacrificio della vita; glorificare Dio con la solennità e il profondo rispetto dei sacri riti. E la Chiesa in Nigeria, pur con tutte le sue ombre e i suoi limiti umani, scoppia di battesimi e vocazioni. La nostra languisce, mentre è tutta indaffarata a perseguitare il rito antico.

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