Il concetto di persona è quasi esclusivamente cristiano, poiché è nato nel contesto della speculazione teologica sul Dio Uno e Trino, mentre la filosofia pagana, precedente al Cristianesimo, non aveva mai preso in considerazione un concetto neppure ad esso simile. Non furono né Aristotele né Platone ad introdurre in filosofia questo concetto, ma furono i Padri della Chiesa, che lo utilizzarono per fare maggior luce sul mistero di Dio.
La parola latina persona indicava, in ambito laico, la maschera che gli attori indossavano a teatro, la quale aveva una funzione di amplificazione (per-sonare). Il termine entrò nel linguaggio teologico grazie a Tertulliano, che lo utilizzò per tradurre i termini ὑπόστασις e πρόσωπον, utilizzati dai padri greci per indicare i tre soggetti distinti, che compongono la Santissima Trinità. In Adversus Praxean, infatti, egli così descrive la Trinità: «Una substantia, tres Personae» (Adv, Prax. 12,7). La riflessione teologica latina successiva specificherà meglio il concetto, così da renderlo essenziale nella dottrina trinitaria.
San Tommaso dedica alla riflessione sul concetto di persona la quaestio 29 della Pars Prima della Summa Theologica. Infatti, secondo la logicità della sua trattazione, «dopo aver parlato di quelle cose che sembrava necessario conoscere riguardo alle processione e alle relazioni, ora è necessario trattare delle Persone» (STh I, q.29). La sua riflessione parte dalla definizione introdotta da Severino Boezio, la quale fece scuola in tutto il Medioevo: «Persona est rationalis naturae individua substantia» (De duab. nat. 3). Essa è perfezionata dall’Aquinate, che definisce la persona con questa formula: «Persona significat id quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in razionali natura» (STh I, q.29, a.3). Il concetto di persona, quindi, si gioca su due elementi fondamentali: da un lato la sussistenza del soggetto cui si riferisce, il suo essere individuus (indiviso), e dall’altro la natura razionale dello stesso. Da ciò si evince come questo concetto si può attribuire alle tre Ipostasi Divine in modo proprio e all’essere umano per analogia. Non può, invece, essere attribuito a nessun altro soggetto creato, come vorrebbe una certa filosofia contemporanea.
San Tommaso si chiede, inoltre, se il nome di persona possa predicarsi della realtà divina, poiché la Sacra Scrittura non utilizza mai questo termine. Il Dottore Angelico, dopo aver dato la citata definizione, afferma che «è conveniente che si predichi di Dio il nome di persona. Tuttavia, non nello stesso modo in cui si predica delle creature, ma secondo un modo più eccellente, come anche si attribuiscono a Dio gli altri nomi» (STh I, q.29, a.3). Il metodo da utilizzare, quindi, non può non essere che quello classico dell’analogia: a Dio si può attribuire una caratteristica riscontrata nelle creature, ma elevandola al grado assoluto della perfezione. Lo stesso vale per il concetto di persona. Nella persona umana vi è l’immagine e la somiglianza della Persona Divina, ma il nome persona le è attribuito solo per analogia rispetto alla perfezione di esso, che si trova in Dio.
Ammesso, dunque, che il concetto di persona si può riferire alle realtà divine, San Tommaso passa a riflettere sulla pluralità delle Persone divine (STh I, q.30). Innanzitutto, il santo domenicano si chiede se in Dio ci siano più persone (a.1): «Sembra che non si debbano porre più persone nella realtà divina». Il termine persona «significa la relazione nella realtà divina, come una realtà sussistente nella natura divina» (STh I, q.30, a.1).
Siccome nella realtà divina ci sono più relazioni reali, «ne segue che ci sono più realtà sussistenti nella natura divina. E questo è come dire che ci sono più persone nella natura divina» (Ivi). A questo interrogativo ne è legato un altro: «Sembra che in Dio ci siano più di tre persone» (STh I, q.30, a.2). Esso si basa sul fatto che, come si è visto nell’articolo precedente di questa rubrica, in Dio ci sono quattro relazioni. Se ad ogni relazione corrisponde una persona, si avrebbero di conseguenza quattro e non tre persone. In realtà le relazioni si attribuiscono a persone tra loro distinte solo se esse sono tra loro opposte. In questo modo, spiega San Tommaso: «poiché la paternità e la filiazione sono opposte, devono necessariamente appartenere a due persone. Allora, la paternità sussistente è la persona del Padre e la filiazione sussistente è la persona del Figlio» (Ivi). Le altre due relazioni rimanenti (spirazione attiva e passiva) non sono opposte a queste due, ma lo sono tra di loro. Va detto anche che ad una Persona si possono attribuire due relazioni. Così, la Prima Persona della Trinità in riferimento al Figlio è il Padre (relazione di paternità), mentre in relazione allo Spirito Santo è Colui che spira (relazione di spirazione attiva). Allo stesso modo la Seconda Persona è il Figlio in riferimento al Padre (relazione di filiazione) ed è Colui che spira in riferimento allo Spirito Santo (relazione di spirazione attiva). Lo Spirito Santo, infine, è Spirito, cioè Colui che viene spirato, in riferimento sia al Padre che al Figlio (relazione di spirazione passiva). In questo modo, ci comprende come nella natura divina siano presenti solo tre Persone.
San Tommaso, a questo punto, passa a riflettere sul rapporto tra le tre Persone e l’unica essenza divina, questione fondamentale della teologia trinitaria (STh I, q.39). Il primo punto da affrontare è, di conseguenza, «Se nella realtà divina l’essenza coincida con la Persona» (STh I, q.39, a.1). Il problema sta nel fatto che affermare che l’essenza divina coincida con la persona significherebbe porre l’esistenza di tre dei oppure non ammettere alcuna distinzione tra le Persone divine. Ciò è contrario alla fede cattolica. Allo stesso tempo affermare che l’essenza divina non coincida con la persona significherebbe sostenere che c’è una netta distinzione tra l’essenza divina (l’Unico Dio) e le tre Persone della Trinità. Anche questo è contrario alla fede cattolica. San Tommaso risolve il problema affermando che «in Dio l’essenza non è realmente distinta dalla Persona e, tuttavia, le Persone si distinguono realmente tra loro. Infatti, […] la Persona significa la relazione, in quanto è sussistente nella natura divina. Ora, la relazione, messa a confronto con l’essenza, non si distingue secondo l’essere, ma solo secondo la ragione. Invece, messa a confronto con la relazione opposta, ha una reale distinzione in virtù dell’opposizione. E così si hanno una sola essenza e tre Persone» (STh I, q.39, a.1).
Riguardo sempre al rapporto tra le tre Persone divine e l’unica essenza di Dio, San Tommaso si chiede ancora: «Se si debba dire che le tre Persone siano di una sola essenza» (STh I, q.39, a.2). Il Dottore Angelico affronta il problema partendo dalla categoria di forma. Infatti, il nostro intelletto non conosce Dio nella sua essenza, ma «denomina le realtà divine […] secondo il modo di essere che si vede nelle cose create» (ivi). Ora, nelle cose sensibili «la natura di qualsiasi specie è resa individuale dalla materia e, quindi, la natura di comporta come forma» (ivi). Infatti, ciò che rende una forma quel determinato oggetto è la materia signata quantitate, di cui è composto. Allo stesso tempo, però, una determinata forma è comune agli individui della stessa specie, poiché è l’individuo che di comporta come supposito della forma. Come avviene per le realtà create, si può, per analogia, ritenere che avvenga in Dio: «anche nella realtà divina, quanto al modo di significare, l’essenza è significata come forma di tre Persone» (ivi). Si può, dunque, concludere che «poiché nella realtà divina non si moltiplica l’essenza al moltiplicarsi delle Persone, diciamo: Una è l’essenza delle tre Persone e: Tre Persone di una sola essenza, affinché questi tre genitivi s’intendano adoperati a designazione delle forme» (ivi).
Un ulteriore riflessione va fatta circa il rapporto tra le Persone divine e le relazioni. San Tommaso affronta il discorso nella quaestio 40 e si chiede innanzitutto: «Se la relazione s’identifichi con la Persona» (STh q.40, a.1). Il problema si pone, poiché nelle cose identiche, qualora se ne moltiplichi una, di conseguenza sarebbe moltiplicata anche l’altra. Precedentemente abbiamo detto che alle Persone della Trinità si riferiscono più relazioni (ad esempio, alla Prima Persona si riferisce sia la Paternità che la Spirazione attiva). Di conseguenza, sembra che non sia possibile che le relazioni divine si identifichino con le Persone. San Tommaso, invece, è dell’opinione opposta. Infatti, afferma che le proprietà nella realtà divina sono da considerare come la forma della Persona. Quindi, scrive il santo domenicano: «poiché è nel concetto di forma che esista in ciò di cui è forma, bisogna dire che le proprietà siano nelle Persone e che, tuttavia, esse siano le Persone, come diciamo che in Dio c’è l’essenza e che, tuttavia, è Dio» (ivi). Quanto all’obiezione posta, va considerato che la Persona e la proprietà coincidono, ma sono distinte secondo la ragione. Si conclude, quindi, che «non è necessario che moltiplicata l’una, si moltiplichi pure l’altra» (ivi).
L’importanza delle relazioni divine sta, soprattutto, nel fatto che esse distinguono tra loro le Persone divine, che secondo l’essenza sono Una cosa sola. La fede cristiana professa l’Unità di Dio (Credo in unum Deum) e allo stesso tempo la sua Trinità. Se crediamo in un unico Dio, come possiamo affermare che in esso vi siano tre Persone? È una domanda su cui nel corso della storia della teologia in molti hanno riflettuto e non sempre sono giunti a risposte ortodosse. San Tommaso, prendendo come punto di partenza l’Unità di Dio, afferma che «in tutte le cose in cui si riscontra qualcosa di comune, bisogna cercare qualcosa che le distingue» (STh I, q.40, a.2). Le tre Persone della Trinità hanno in comune l’essenza divina. Cosa le distingue? In generale le distinguono sia l’origine sia la relazione. Infatti, la Prima Persona in base all’origine si distingue come Ingenerato, mentre in base alla relazione si distingue come Padre. Tuttavia, secondo San Tommaso «è meglio dire che le Persone o Ipostasi si distinguono per mezzo delle relazioni piuttosto che per mezzo dell’origine» (ivi), poiché la relazione indica di per sé l’Ipostasi, mentre l’origine ne indica solo la proprietà.
Un ultimo punto da affrontare riguarda l’uguaglianza delle tre Persone divine, il quale è sviluppato da San Tommaso nella quaestio 42.
Innanzitutto, ci si chiede: «Se nelle Persone divine ci sia uguaglianza» (STh I, q.42, a.1). Il Dottore Angelico afferma chiaramente che «è necessario ammettere l’uguaglianza delle Persone divine» (ivi) e lo dimostra a partire dalla definizione di uguaglianza. Aristotele, infatti, afferma che «l’uguale si dice per negazione del maggiore e del minore» (ivi). Ora, non si può affermare che una Persona divina è maggiore o minore dell’altre, poiché «se nelle Persone divine ci fosse una qualche disuguaglianza, in esse non ci sarebbe un’unica essenza», e ciò è impossibile.
Bisogna, tuttavia, chiedersi: «Se fra le Persone divini ci sia un qualche ordine» (STh I, q.42, a.3). Nella Trinità, infatti, vi è un ordine tra le tre Persone divine, senza, tuttavia, implicare tra di esse una disuguaglianza o una inferiorità. Esso è dato dall’origine: «Questo, secondo Sant’Agostino, è detto “ordine di natura”, non nel senso che uno sia prima di un altro, ma in quel senso secondo cui uno procede da un altro» (ivi). Per questo motivo di può parlare di Prima, Seconda e Terza Persona della Santissima Trinità, non perché vi è una gradazione di superiorità o inferiorità tra di esse, ma perché sono distinte in base all’origine e alla relazione. Il Padre è la Prima Persona della Trinità, perché è ingenerato. Il Figlio è la Seconda Persona, poiché procede dal Padre. Lo Spirito Santo, infine, è la Terza Persona, poiché procede dal Padre e dal Figlio.
Riferimenti
- S. Boezio, De duabus naturis. – Tertulliano, Adversus Praxean.
- Tommaso d’Aquino, Summa Theologica (abbr. STh).
- R. Garrigou-Lagrange, La sintesi tomistica, Fede e cultura, Verona 2017.
- P. Parente, «Persona», in P. Parente – A. Piolanti – S. Garofalo, Dizionario di teologia dommatica, Effedieffe, Viterbo 2018, 400-401.