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L’ultimo articolo della rubrica dedicato alla teologia trinitaria sviluppa la riflessione sulle tre Persone Divine nello specifico. Alla scuola di San Tommaso ci avvicineremo al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Assodato cosa significhi il termine persona, come sia applicabile alle tre Ipostasi divine e quali siano le principali caratteristiche delle Persone divine, considerate in generale (Cfr. articolo precedente), è utile ora affrontare brevemente ciò che è specifico di ognuna di Esse, seguendo la trattazione che ne fa San Tommaso nella Pars prima della Summa theologica. In modo particolare, il dottore angelico investiga di ogni Persona i nomi, con cui viene definita, i quali specificano ciò che ad essa è attribuibile.
Dio Padre
San Tommaso considera la Persona del Padre nella quaestio 33: una sola quaestio è dedicata alla più oscura al nostro intelletto delle Persone divine. A Lui si attribuiscono tre nomi: Principio, Padre e Ingenerato.
Il primo nome, che si attribuisce alla prima Persona divina è quello di Principio. Il Padre è principio del Figlio e dello Spirito Santo, in quanto le altre due Persone procedono da Lui. Infatti, afferma il santo domenicano: «Diciamo che è principio tutto ciò da cui procede qualcosa in qualsiasi modo» (STh I, q.33, a.1). Il Padre, in questo senso, è il principio interno della Santissima Trinità, in quanto ingenerato e non procedente da nessun altro. Il secondo nome della prima Persona divina è quello maggiormente noto, cioè quello di Padre. Il nome proprio di una persona, rileva San Tommaso, «significa ciò per cui quella persona si distingue da tutte le altre» (STh I, q.33, a.2). Di conseguenza il nome proprio della prima Persona della Santissima Trinità è Padre, poiché «ciò mediante cui la persona del Padre si distingue da tutte le altre è la paternità» (ivi). Abbiamo visto, infatti, nei precedenti articoli che nell’unità della sostanza divina le tre Persone si distinguono proprio in base alla relazione.
In ultimo si deve ancora notare che il Padre è da definirsi Ingenerato. Nelle cose create si riscontra sempre un principio primo di esse, che è distinto in due modi: in un primo modo in quanto da esso derivano le altre cose, con cui è in relazione, e in un secondo modo in quanto non deriva da altro. Per analogia si può riferire lo stesso alla Persona del Padre, che «si rende manifesto, precisamente per la paternità e la comune spirazione, rispetto alle persone che da lui procedono. Invece, in quanto è principio che non deriva da altro, si rende manifesto per il fatto che non procede da altri» (STh I, q.33, a.4). In questo secondo senso, il Padre si definisce Ingenerato.
Dio Figlio
Alla seconda Persona della Santissima Trinità sono dedicate le quaestiones 34 e 35. San Tommaso rileva che ad Essa vanno riferiti tre nomi: Figlio, Verbo e Immagine. Il nome Figlio è quello più noto, in quanto la seconda Persona divina si distingue principalmente per la sua relazione di generazione dal Padre. Il dottore angelico preferisce non affrontare direttamente la trattazione di questo nome, poiché è stato già più volte indirettamente spiegato nelle quaestiones precedenti.
La quaestio 34, quindi, è incentrata sul nome Verbo, che si attribuisce alla persona del Figlio. Il termine è di chiara derivazione biblica. San Giovanni, infatti, nel Prologo del suo vangelo chiama il Figlio Verbo: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1,1). Secondo San Tommaso «il Verbo, detto in senso proprio, s’intende in senso personale nella realtà divina ed è il nome proprio del Figlio» (STh I, q.34, a.2). L’attribuzione di tale nome è giustificata, infatti, dalla spiegazione psicologica della Trinità, che il dottore domenicano riprende dalla teologia di Sant’Agostino, come si è accennato negli articoli precedenti. Il Figlio si definisce Verbo, in quanto la sua generazione è paragonata analogicamente all’emanazione dell’Intelletto. Conclude, quindi, San Tommaso: «Nella realtà divina, la persona che procede secondo l’emanazione dell’intelletto è detta Figlio […]. Perciò, resta che solo il Figlio si dica Verbo in senso proprio nella realtà divina» (ivi).
La quaestio 35, invece, è incentrata sul nome Immagine, attribuito da San Tommaso alla persona del Figlio a partire dalle parole dell’Apostolo: «Egli è immagine del Dio invisibile» (Col 1,15). Dimostrato, quindi, che nella realtà divina il nome immagine si predica in modo personale (STh I, q.35, a.1), il dottore angelico afferma che tale nome è proprio del Figlio (a. 2). Infatti, sebbene i dottori greci attribuiscano tale nome allo Spirito Santo, i latini lo attribuiscono al Figlio, secondo le parole della Sacra Scrittura. A livello teologico ciò si dimostra affermando che «il Figlio procede come Verbo, alla cui natura appartiene di essere somiglianza di specie rispetto a ciò da cui procede» (STh I, q.35, a.2).
Dio Spirito Santo
Alla terza Persona divina sono attribuiti tre nomi, Spirito Santo, Amore e Dono, e su di essa sono incentrate le quaestiones 36, 37 e 38. Innanzitutto rileva San Tommaso che la seconda delle processioni divine non ha un proprio nome, poiché è nel modo dell’amore. Di conseguenza la terza Persona della Santissima Trinità non ha un nome specifico, né le sue relazioni possono essere definite con un nome. Tuttavia, «come sono stati adattati alcuni nomi, secondo l’uso di quelli che ne hanno parlato, per significare le predette relazioni», cioè i nomi di processione e spirazione, allo stesso modo «per significare la Persona divina, che procede nel modo dell’amore, è stato adattato, in base all’uso che se ne fa nella Scrittura, il nome di Spirito Santo» (STh I, q.36, a.1). La derivazione dalla Scrittura e la convenienza di questo nome, lo hanno reso il più importante ed utilizzato per indicare la terza Persona della Santissima Trinità.
La quaestio 36 si sofferma successivamente sul modo della processione dello Spirito Santo, chiarendo l’annosa questione del Filioque, che divide da secoli la teologia occidentale e quella orientale. Nella versione latina del Simbolo Niceno-Costantinopolitano, infatti, si afferma che lo Spirito Santo «ex Patre Filioque procedit», mentre nella versione greca si legge semplicemente: «τὸ ἐκ τοῦ πατρὸς ἐκπορευόμενον (letteralmente: il procedente dal Padre)». La controversia, nata in epoca molto successiva alla celebrazione del Concilio Costantinopolitano I, riguarda la processione dello Spirito Santo, il quale secondo i teologi orientali procede dal Padre per mezzo del Figlio, mentre secondo i teologi occidentali procede dal Padre e dal Figlio. Le due formule, tuttavia, come spiega San Tommaso, sostanzialmente si equivalgono.
Nell’Articolo 2 della quaestio 36 il dottore angelico afferma che «è necessario dire che lo Spirito Santo procede dal Figlio. Infatti, se da questi non procedesse, in nessun modo potrebbe personalmente distinguersene» (STh I, q.36, a.2). Siccome le Persone divine si distinguono solo per le relazioni e le relazioni tra di esse si distinguono solo in quanto contrarie, se lo Spirito procedesse solo dal Padre non si distinguerebbe dal Figlio. Ciò detto, San Tommaso salva anche l’espressione utilizzata dai Padri greci, i quali affermano che lo Spirito procede dal Padre per mezzo del Figlio. Anche questa espressione è corretta: infatti, «poiché il Figlio ha dal Padre che da lui proceda lo Spirito Santo, si può dire che il Padre spira lo Spirito Santo per mezzo del Figlio; oppure che lo Spirito Santo proceda dal Padre per mezzo del Figlio, che è lo stesso» (STh I, q.36, a.3). Allo stesso modo, bisogna concludere che «il Padre e il Figlio sono un unico principio dello Spirito Santo» (STh I, q.36, a.4), poiché «in tutte quelle cose in cui l’opposizione della relazione non pone una distinzione tra Padre e Figlio, entrambi sono in tutto una sola cosa» (ivi).
La quaestio 37 è dedicata al nome dello Spirito Santo che è Amore. Questo secondo nome deriva dalla citata interpretazione psicologica della Trinità. Sant’Agostino nel suo De Trinitate paragona la processione dello Spirito Santo alla processione della volontà, che si ha nell’anima umana. Per analogia a quanto avviene nell’anima quando la volontà ama un determinato oggetto d’amore, si può definire la terza Persona divina come amore. Bisogna, tuttavia, distinguere nella realtà divina tra un amore essenziale ed un amore nozionale o personale. Infatti, Amore essenziale è Dio stesso, secondo le parole di San Giovanni: «Deus caritas est» (1Gv 4,16). Invece, Amore personale è lo Spirito Santo (cfr. STh I, q.37, a.1). La quaestio 38, infine, è dedicata al nome dello Spirito Santo che è Dono. Citando Aristotele, San Tommaso definisce il dono come «un dare non restituibile […] ossia ciò che non è dato con l’intenzione di una retribuzione» (STh I, q.38, a.2). L’amore è la prima cosa che si dona gratuitamente. Di conseguenza, siccome lo Spirito Santo procede come l’Amore del Padre e del Figlio, Egli è anche Dono.
Riferimenti
- Tommaso d’Aquino, Summa Theologica (abbr. STh).
- R. Garrigou-Lagrange, La sintesi tomistica, Fede e cultura, Verona 2017.