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De officio Corredemptricis

La dottrina della Corredenzione mariana, così energicamente impugnata dai nemici della Chiesa, e dai cattivi pastori, è una dottrina assolutamente consolidata, la quale rappresenta un caposaldo inamovibile della teologia cattolica, ed in particolare della mariologia.

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La dottrina della Corredenzione mariana, così energicamente impugnata dai nemici della Chiesa, e dai cattivi pastori, è una dottrina assolutamente consolidata, la quale rappresenta un caposaldo inamovibile della teologia cattolica, ed in particolare della mariologia.

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Maria Santissima, la Deipara, Madre del Verbo Incarnato, ritiene, merita e possiede il titolo di Corredentrice. 

Ce lo spiega sempre uno dei più grandi maestri di spiritualità cattolica, DOM Columba Marmion, il quale scrive: “Cristo, essendo Dio, essendo il Verbo onnipotente, creava nell’anima di sua madre sentimenti, che doveva avere verso coloro che egli voleva, nascendo da lei e vivendo i suoi misteri, costituire suoi fratelli. La Vergine, da parte sua, illuminata dalla grazia che abbondava in lei, rispondeva a questo appello di Gesù, con un fiat nel quale la sua anima si dava tutta intera con sottomissione e unita in spirito col suo divin Figlio. Dando il suo consenso alle divine proposte dell’Incarnazione, essa ha accettato di entrare, ad un titolo unico, nel piano della Redenzione. Essa ha accettato, non soltanto di essere la madre di Gesù, ma di associarsi a tutta la sua missione di Redentore. Ad ognuno dei misteri di Gesù, essa ha dovuto rinnovare questo fiat pieno di amore, fino al momento in cui ha potuto dire, dopo avere offerto sul Calvario per la salvezza del mondo Gesù: “Tutto è compiuto”. In quell’ora benedetta Maria è entrata talmente nei sentimenti di Gesù, che può essere chiamata Corredentrice”.

La dottrina della Corredenzione mariana, così energicamente impugnata dai nemici della Chiesa, e dai cattivi pastori, è una dottrina assolutamente consolidata, la quale rappresenta un caposaldo inamovibile della teologia cattolica, ed in particolare della mariologia.

Bisogna, infatti, ribadire con estrema fermezza e chiarezza che Gesù Cristo è l’unico Redentore, in quanto, nell’economia della Salvezza, Lui solo poteva pagare il riscatto della colpa di Adamo, essendo questa infinita. Tuttavia, se Gesù ha meritato de condigno la nostra Redenzione, come causa immediata, Maria, con le sue azioni, con la sua continua partecipazione e associazione della sua volontà, dei suoi sentimenti e dolori e della sua azione, all’opera meritoria di Cristo, ha meritato de congruo la nostra redenzione oggettiva, in maniera subordinata, secondaria, sia prossima che remota. Quando una azione viene compiuta da una persona, si dice che questa persona opera l’azione; se questa persona è stata aiutata da altre persone, a lui subordinate secondo la volontà, gli obiettivi e lo svolgimento, si dice che queste persone hanno cooperato all’azione. La presenza di queste persone, qualora sia necessaria per lo svolgimento completo della stessa, vincola il suo successo, nonostante solo il primo agente, necessario e di per sé sufficiente, abbia la facoltà e la potestà di poter dare valenza piena all’azione. 

Trasportando queste considerazioni al caso di Maria, se è vero che Gesù non aveva bisogno dei meriti di Maria per riscattare la colpa infinita di Adamo (solo Cristo, in quanto vero Dio, poteva riscattare, con una offerta infinita, una offesa infinita), è anche vero che fu solo per merito di Maria che l’Incarnazione fu possibile, e che quindi il Verbo potesse incarnarsi e portare avanti il progetto di Redenzione. In senso stretto e formale, Maria è pertanto Corredentrice.

La partecipazione di Maria ai dolori non è solo accidentale, ma è una azione dettata da una volontà di partecipazione al progetto di riscatto. Maria si è assunta un impegno offrendo il proprio Figlio, prima al Tempio, e poi sul Calvario. Una madre, infatti, non vuole assistere al supplizio del figlio suo, sopratutto se è ben consapevole che nessun conforto o aiuto può essere dato a lui nel momento stesso della sua sofferenza. Perché quindi Maria si reca al Calvario? Maria si reca al Calvario perché spinta dal sentimento del dovere. Maria si reca al Calvario perché deve compiere un’ azione importante per la redenzione, perché deve sdebitarsi degli obblighi assunti con il diventare madre di Gesù. Maria divenne madre di Gesù, secondo la natura umana, pertanto divenne Madre della vittima. Maria compatì, nel senso letterale del termine, “patì con” il Figlio sul Calvario, e quindi “assistette al compimento dell’incomparabile sacrificio con un’attitudine che ci conferma una volta di più come ben a Maria competa l’ufficio di nostra corredentrice”.


Note

  1. Dom C. Marmion, Cristo Vita dell’anima, Soc. Ed. Vita e Pensiero, 1954, c. XII.
  2. E. Campana, Maria nel dogma, p. I, q. I, c. II, art. I, ed. Marietti, 1936.
  3. Ibid.

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