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Dell’amore dell’Eterno Padre in averci donato il suo Figliuolo

S. Alfonso, maestro di spiritualità cattolica, ci aiuta a meditare la grandezza del dono di Dio Padre, che mandò il suo Unigenito per il nostro riscatto.

S. Alfonso Maria de’ Liguori

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S. Alfonso, maestro di spiritualità cattolica, ci aiuta a meditare la grandezza del dono di Dio Padre, che mandò il suo Unigenito per il nostro riscatto.

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Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (Gv 3, 16). A tal segno, disse Gesù Cristo, Dio ha amato il mondo, che gli ha donato il suo medesimo ed unico Figlio. Tre cose dobbiamo considerare in questo dono: chi è quello che dona, che cosa dona, e con quale amore la dona. Già si sa che quanto è più nobile il donatore, tanto è più stimabile il dono. Se alcuno riceve un fiore da un monarca, stimerà egli quel fiore più che un tesoro. Or quanto dobbiamo stimar noi questo dono, che ci viene dalle mani di un Dio? E che cosa esso ci ha donato? il suo proprio Figlio. Non fu contento l’amore di questo Dio in averci donati tanti beni su questa terra, se non quando arrivò a donarci tutto se stesso nella persona del Verbo incarnato: Non un servo, non un angelo, ma il proprio Figlio ci ha donato, dice S. Gio. Grisostomo. Quindi esclama esultando la santa Chiesa: O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà: per riscattare lo schiavo, hai sacrificato tuo Figlio! (Exultet).

O Dio infinito, come avete potuto degnarvi di usar con noi una pietà sì ammirabile? Chi mai potrà capire un eccesso sì grande, che voi per riscattare lo schiavo abbiate voluto donarci l’unico vostro Figlio? Ah mio benignissimo Signore, giacché voi mi avete donato il meglio che avete, è ragione che io vi dia il più che posso. Voi desiderate da me il mio amore: io non altro desidero da voi che l’amor vostro. Eccovi il mio misero cuore, tutto lo consacro ad amarvi. Uscite voi creature tutte dal cuor mio, date luogo al mio Dio, che merita e vuole possederlo tutto, e senza compagni. V’amo, o Dio d’amore, v’amo sopra ogni cosa; e solo voi voglio amare, mio Creatore, mio tesoro, mio tutto.

Dio ci ha donato il Figlio, e perché? Per solo amore. Pilato per timore umano diede Gesù ai Giudei: L’abbandonò alla loro volontà (Lc 23, 25). Ma l’Eterno Padre diede a noi il suo Figliuolo per l’amore che ci portò: Lo ha dato per tutti noi (Rm 8, 22). Dice S. Tommaso, che L’amore ha il carattere di primo dono. Quando ci è fatto un dono, il primo dono che riceviamo è dell’amore che il donante ci offerisce in quella cosa che dona; poiché, riflette l’Angelico, l’unica ragione di ogni dono gratuito è l’amore; altrimenti quando si dona per altro fine che di puro affetto, il dono perde la ragione di vero dono. Il dono che ci fè l’Eterno Padre del suo Figlio fu vero dono, tutto gratuito e senza alcun nostro merito; che perciò si dice essersi fatta l’Incarnazione del Verbo per opera dello Spirito Santo, cioè per solo amore, come parla il medesimo santo Dottore: Dal massimo dell’amore divino proviene che il Figlio di Dio si fece uomo.

Ma non solo per puro amore Iddio ci donò questo suo Figlio, ma ce lo donò con amore immenso. Ciò appunto volle significar Gesù, dicendo: Così Dio amò il mondo. La parola così, dice S. Gio. Grisostomo, significa la grandezza dell’amore col quale Dio ci fe’ questo gran dono. E qual maggiore amore potea un Dio dimostrarci, che condannare alla morte il suo Figlio innocente per salvar noi miseri peccatori? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi (Rm 8, 32). Se l’Eterno Padre fosse stato capace di pena, qual pena avrebbe mai provata, allorché si vide indotto dalla sua giustizia a condannare quel Figlio amato quanto se stesso, a morire con una morte così crudele tra tante ignominie? Volle egli farlo morire consumato dai tormenti e dai dolori, dice Isaia (cf 53, 10). Immaginatevi dunque di vedere l’Eterno Padre con Gesù morto in braccio, che ci dica: Uomini, questo è il Figlio mio diletto, in cui ho trovato tutte le mie compiacenze (cf Mt 17, 5). Ecco come ho voluto vederlo maltrattato per le vostre scelleraggini (cf Is 53, 8). Ecco come l’ho condannato a morte su questa croce, afflitto, abbandonato ancora da me che tanto l’amo. Questo l’ho fatto acciocché voi mi amiate.

Dell’amore dell’Eterno Padre in averci donato il suo Figliuolo
Crocefisso – Brunelleschi (1412-13) – Santa Maria Novella (Firenze)

O bontà infinita! O misericordia infinita! O amore infinito! O Dio dell’anima mia, giacché voleste morto per me l’oggetto più caro del vostro cuore, io vi offerisco per me il gran sacrificio che vi fe’ di se stesso questo vostro Figlio; e per i meriti suoi vi prego a donarmi il perdono dei peccati, il vostro amore, il vostro paradiso. Son grandi queste grazie che vi domando, ma è più grande l’offerta che vi presento. Per amore di Gesù Cristo, Padre mio, perdonatemi e salvatemi. Se vi ho offeso per lo passato, me ne pento sopra ogni male. Ora io vi stimo, ed amo sopra ogni bene.

Ah chi mai se non un Dio d’infinito amore poteva amarci sino a questo segno? Scrive S. Paolo: Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo (Ef 2, 4-5). Chiama l’Apostolo troppo amore quest’amore che dimostrò Iddio, in donare agli uomini per mezzo della morte del Figlio la vita della grazia da essi perduta per li loro peccati. Ma non fu troppo quest’amore a Dio che è lo stesso amore: Dio è amore (1 Gv 4, 16). Dice S. Giovanni che in ciò volle egli farci vedere dove giungeva la grandezza dell’amore di un Dio verso di noi, in mandare il suo Figlio nel mondo ad ottenerci colla sua morte il perdono e la vita eterna: In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui (1 Gv 4, 9).

Eravamo noi morti per la colpa alla vita della grazia, e Gesù colla sua morte ci ha ritornati in vita. Eravamo noi miserabili, deformi ed abbominevoli; ma Dio per mezzo di Gesù Cristo ci ha renduti graziosi e cari agli occhi suoi divini (cf Ef 1, 6). Onde S. Gio. Grisostomo soggiunge che se vi fosse un povero lebbroso tutto lacero e deforme, ed alcuno gli sanasse il corpo dalla lebbra, e di più lo rendesse bello e ricco, quale obbligazione egli non conserverebbe a questo suo benefattore? Or quanto più siamo noi tenuti a Dio, poiché essendo le anime nostre deformi ed odiose per le colpe commesse, egli per mezzo di Gesù Cristo non solo le ha liberate dai peccati, ma di più le ha rendute belle ed amabili? Ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo (Ef 1, 3). Commenta Cornelio a Lapide: Ci ha beneficati con ogni sorta di doni spirituali. Il benedire di Dio è beneficare; l’Eterno Padre dunque, dandoci Gesù Cristo, ci ha colmati di tutti i doni, non già terreni nel corpo, ma spirituali nell’anima. Nei cieli, donandoci col Figlio una vita celeste in questo mondo ed una celeste gloria nell’altro.

Beneditemi dunque e beneficatemi, o Dio amatissimo, e il beneficio sia tirarmi tutto al vostro amore: Tirami con le corde del tuo amore. Fate che l’amore che mi avete portato mi innamori della vostra bontà. Voi meritate un amore infinito; io v’amo coll’amore che posso, v’amo sopra ogni cosa, v’amo più di me stesso. Vi dono tutta la mia volontà; e questa è la grazia che vi cerco: fatemi da oggi avanti vivere ed operare tutto secondo la vostra volontà divina, con cui voi altro non volete che il mio bene e la mia eterna salute.

Il mio Signore, dicea la sacra Sposa, mi ha portata nella cella del vino, cioè mi ha posti avanti gli occhi tutti i benefici che mi ha fatti per indurmi ad amarlo (cf Ct 2, 4). Dice un autore che Dio affin di acquistarsi l’amor nostro ci ha spedito contro, per così dire, un esercito di grazie e d’amore. Ma il donarci Gesù Cristo, dice Ugon cardinale, fu poi la saetta riserbata predetta da Isaia: Mi pose come saetta scelta, mi serbò nella sua faretra (cf Is 49, 2). Sicome il cacciatore, dice Ugone, tien riserbata la saetta migliore per l’ultimo colpo a fermare la fiera, così Dio, fra tutti i suoi benefici, tenne riserbato Gesù, sino che venne il tempo della grazia, ed allora lo mandò come per ultimo colpo a ferire d’amore i cuori degli uomini. Da questa saetta ferito, parla S. Gio. Grisostomo, dicea S. Pietro al suo Maestro: Signore, voi ben sapete che io vi amo (cf Gv 21, 15).

Ah mio Dio, io mi vedo circondato da ogni parte dalle finezze del vostro amore. Ancor io v’amo, e se io v’amo, so che ancora voi mi amate. Ma chi mai potrà privarmi del vostro amore? Solo il peccato. Ma da questo mostro d’inferno voi per la vostra misericordia me ne avete a liberare. Io mi contento di ogni male, della morte più crudele, anche di essere distrutto prima che offendervi con peccato mortale. Ma voi sapete già le mie cadute passate, sapete la mia debolezza; aiutatemi, Dio mio, per amore di Gesù Cristo. Non disprezzare l’opera delle tue mani (cf Sal 137, 8). Son fattura delle vostre mani, voi mi avete creato, non mi disprezzate. Se merito di essere abbandonato per le mie colpe, merito non però che mi abbiate misericordia per amore di Gesù Cristo, che vi ha sacrificata la vita per la mia salute (salvezza). Io vi offerisco i meriti suoi, che son tutti miei; e per questo io vi domando e spero da voi la santa perseveranza con una buona morte, e frattanto la grazia di vivere la vita che mi resta tutta a gloria vostra. Basta quanto vi ho offeso; ora me ne pento con tutto il cuore, e voglio amarvi quanto posso. Non voglio più resistere al vostro amore: tutto a voi mi rendo. Datemi la grazia vostra e il vostro amore, e fatene di me quel che volete. Mio Dio, io v’amo, e voglio e dimando di sempre amarvi. Esauditemi per li meriti di Gesù Cristo.

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