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Dove stanno andando questi pastori?

“I laici che abbiano l’età e le doti determinate con decreto dalla Conferenza episcopale, possono essere assunti stabilmente, mediante il rito liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti; tuttavia tale conferimento non attribuisce loro il diritto al sostentamento o alla rimunerazione da parte della Chiesa”.

Con la lettera apostolica in forma di Motu proprio “Spiritus Domini” Papa Francesco modifica il can. 230 § 1 del Codice di Diritto Canonico, introducendo la possibilità anche per le donne di accedere al lettorato e all’accolitato. Il Sommo Pontefice ha giustificato così tale scelta: “si è giunti in questi ultimi anni ad uno sviluppo dottrinale che ha messo in luce come determinati ministeri istituiti dalla Chiesa hanno per fondamento la comune condizione di battezzato e il sacerdozio regale ricevuto nel Sacramento del Battesimo; essi sono essenzialmente distinti dal ministero ordinato che si riceve con il Sacramento dell’Ordine. Anche una consolidata prassi nella Chiesa latina ha confermato, infatti, come tali ministeri laicali, essendo basati sul sacramento del Battesimo, possono essere affidati a tutti i fedeli, che risultino idonei, di sesso maschile o femminile, secondo quanto già implicitamente previsto dal can. 230 § 2”.

Viene allora da pensare che ci sia la possibilità in futuro di aprire dapprima il diaconato e poi il sacerdozio alle donne. La strada sembra già tracciata.

Proprio ieri sera abbiamo pubblicato un articolo, quasi profetico, di come il Santo Giovanni Paolo II si pronunciò in merito a tali circostanze citando così San Paolo VI: “Cristo […] scelse i suoi Apostoli soltanto tra gli uomini; la pratica costante della Chiesa […] ha imitato Cristo nello scegliere soltanto degli uomini e il suo vivente magistero, […] ha coerentemente stabilito che l’esclusione delle donne dal sacerdozio è in armonia con il piano di Dio per la sua Chiesa”.

La risposta al perché i preti sono solo uomini e quindi il motivo della millenaria esclusione cattolica delle donne dal sacerdozio prende origine dalla scelta attribuita allo stesso Gesù, il quale per i propri discepoli scelse dodici uomini e nessuna donna. Qualcuno allora potrebbe dire che ciò è vero se si fa riferimento ai Vangeli ufficiali, dato che in quelli apocrifi si dà molto più spazio alla figura di Maria di Magdala. Tuttavia oggi parlare di donne e religione può talvolta apparire come un campo minato. Infatti nella Bibbia ci sono molte figure di carattere femminile, come Dalila che taglia la chioma a Sansone, privandolo della sua forza, Salomè che invece fa tagliare la testa a Giovanni Battista, per non parlare di Eva, che induce Adamo a peccare contro Dio. Se la misoginia potrebbe apparire presente soprattutto nel Vecchio Testamento, nel Nuovo le cose cambiano un po’: Maria rappresenta un unicum nell’umanità, proprio per l’assenza del peccato originale. C’è poi Maria di Magdala, spesso confusa a torto con una prostituta, ma in realtà una dei discepoli di Cristo e autrice di un Vangelo apocrifo in cui Gesù viene ritratto soprattutto nella sua natura umana.

Detto ciò ci si domanda perché le donne non hanno un ruolo preminente, in particolare perché non possono aspirare al sacerdozio. Una prima importante risposta ci viene data dal Catechismo della Chiesa Cattolica, che recita:

Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile [«vir»]. Il Signore Gesù ha scelto uomini [«viri»] per formare il collegio dei dodici Apostoli, e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero loro succeduti nel ministero. Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici. La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso. Per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile.

Si capisce subito come non sia assolutamente possibile aprirsi al sacerdozio femminile: da Cristo sino agli Apostoli i discepoli sono sempre stati scelti tra gli uomini e questo non può oggi in alcun modo mutare. Nemmeno in favore dell’integrazione femminile nel mondo, proprio perché la Chiesa non può e non deve scendere a patti ma essere la luce che indica la strada verso Cristo. La Chiesa che è maestra deve indicare la via, Gesù Cristo, infatti, dalla Chiesa il cristiano riceve la grazia dei sacramenti che lo sostengono lungo la «via». Dalla Chiesa apprende l’esempio della santità; ne riconosce il modello e la sorgente nella santissima Vergine Maria; la riconosce nella testimonianza autentica di coloro che la vivono; la scopre nella tradizione spirituale e nella lunga storia dei santi che l’hanno preceduto e che la liturgia celebra seguendo il santorale. La Chiesa, «colonna e sostegno della verità» (1 Tm 3,15), «ha ricevuto dagli Apostoli il solenne comandamento di Cristo di annunziare la verità della salvezza». «È compito della Chiesa annunziare sempre e dovunque i principi morali anche circa l’ordine sociale, e così pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà umana, in quanto lo esigano i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime» (Catechismo della Chiesa Cattolica). Tutto ciò deve farlo, anche a costo di essere perseguitata! Cristo stesso che era il Figlio di Dio venne perseguitato e messo sulla croce.

Negli ultimi anni si respira una certa aria di rinnovamento, di adeguamento al mondo, soprattutto da parte dei sacerdoti che si inventano di tutto per raggiungere i giovani. Tuttavia temo che dietro le apparenze di un “ragionevole” adattamento nel modo di annunciare il Vangelo nei diversi contesti culturali, viene portata avanti una progressiva banalizzazione e relativizzazione del Vangelo stesso, in una rincorsa verso il “mondo” che non ha mai fine, che non condurrà mai al sospirato “dialogo”, ma, inesorabilmente, un poco alla volta, all’auto-dissoluzione del cattolicesimo.

L’annuncio del Vangelo, infatti, è l’irruzione della dimensione dell’Assoluto e dell’Eterno nella dimensione finita dello spazio e del tempo: voler adeguare la prima alla seconda, e sia pure nei modi e nelle forme, non nella sostanza, equivale a tradire anche la sostanza, perché nel Vangelo la forma è sostanza e la sostanza è forma. Ecco perché l’autodistruzione della sacra Liturgia ha colpito al cuore il cattolicesimo: la Liturgia deriva dalla Tradizione e la Tradizione, con la lettera minuscola, non viene dagli uomini, ma da Dio. Pertanto, voler “aggiornare” ciò che viene da Dio, equivale a tradirlo; Dio infatti non parla per aggiornamenti e l’uomo non deve nemmeno presumere di poter adattare a sé quel che viene da Dio; è lui, l’uomo, che deve adattarsi, è lui che deve entrare nella dimensione assoluta ed eterna, non Dio che deve entrare in quella relativa.

O meglio, Dio lo ha già fatto, nel mistero della Incarnazione di Cristo e continua a farlo nel meraviglioso mistero della santa Messa, un miracolo, dice san Tommaso d’Aquino, superiore persino alla creazione perché rinnova la presenza e il sacrificio di Cristo ogni volta che il sacerdote officia la Messa e ogni volta che un fedele si comunica. Cosa dovrebbe fare di più? Ora è l’uomo che deve andargli incontro.

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