Fiat mihi secundum verbum tuum

La purezza è la virtù più abbagliante della Madonna. Lo splendore della Sua verginità sempre intatta fa di Lei la creatura più radiosa che si possa immaginare, la Vergine più celestiale, tutta «candore di luce eterna» (Sap 7, 26).

Riflettendo sul brano evangelico che caratterizza questa Solennità mariana che è l’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria Santissima, riscaldano il cuore in particolare due virtù di cui l’Immacolata era rivestita: la purezza (cfr. Lc 1, 34) e l’umiltà (cfr. Lc 1, 38).

La purezza è la virtù più abbagliante della Madonna. Lo splendore della Sua verginità sempre intatta fa di Lei la creatura più radiosa che si possa immaginare, la Vergine più celestiale, tutta «candore di luce eterna» (Sap 7, 26). Il dogma di fede della Verginità perpetua di Maria Santissima, il dogma di fede della concezione verginale di Gesù ad opera dello Spirito Santo, il dogma di fede della Maternità verginale della Madonna: questi tre dogmi ricoprono l’Immacolata di uno splendore verginale che «i cieli dei cieli non possono contenere» (1 Re 8, 27). E lungo i secoli, nella Chiesa, alla Beata Vergine si sono ispirate le schiere angeliche delle vergini che hanno iniziato già in questa terra a vivere solo di Gesù, per «seguire l’Agnello» (Ap 14, 4) nel tempo e nell’eternità. E se ci fosse ancora qualcuno che vuol gettare le ombre delle loro tenebre su una verità di fede così abbagliante come è la Verginità perpetua della Madonna, oltre san Girolamo – il quale sbaragliò gli eretici Elvidio e Gioviniano – e sant’Ambrogio – che scrisse pagine incantevoli sulla verginità, tutta la Chiesa nel suo cammino bimillenario ha celebrato e ha glorificato in Maria la Tutta Vergine, la Sempre Vergine nell’anima e nel corpo, la Vergine Santa consacrata divinamente dalla presenza del Verbo di Dio, che si è incarnato in Lei, rivestendosi della stessa verginità della Madre. Se adesso volgiamo lo sguardo sull’umanità, purtroppo la visione della Madonna appena descritta diventa come un’utopia svanendo nel modo più brusco e brutale.

Impurità, lussuria, sensualità, adulterio, pornografia, omosessualità, turpiloquio, nudismo, spettacoli immondi (si vedi ad esempio il recentissimo e scandalosissimo Sanremo ma anche molti altri programmi televisivi), balli osceni, rapporti prematrimoniali, contraccezione, divorzio, aborto etc.: questo è il nauseante spettacolo che il mondo e l’umanità offre agli occhi di tutti. Quanta nefandezza su questa povera terra, quanto bisogno ha l’uomo di purificazione dell’anima intrisa di peccato e, accecato dal fumo dello stesso, è come un cieco che cammina sulla ferrovia! Si può andare avanti così, senza provocare «l’ira di Dio» (Ef 5, 6)?

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La Madonna fece dire dalla piccola ed innocente santa Giacinta Marto (completamente ignorante riguardo il vero significato di quel che dicesse!): «I peccati che mandano più anime all’Inferno sono i peccati impuri». Chi potrebbe smentire tale affermazione alla luce di quanto il mondo offre e mostra quotidianamente? È vero che il peccato impuro non è il peggiore né il più grave dei peccati. Ma è il più frequente ed il più aberrante. Questo senza dubbio. Quali sono i rimedi per evitare tali peccati? La fuga delle occasioni, la preghiera ed i Sacramenti. Ogni peccato impuro – sia esso di azione, di desiderio, di sguardo, di pensiero, di lettura etc. – è peccato mortale. Dunque bisogna difendersi con tutte le forze fino alla violenza, se fosse necessaria, perché «ciò a cui aspira la carne è morte: quello invece a cui tende lo spirito di vita è pace, poiché il desiderio della carne è inimicizia contro Dio […]» (Rm 8, 6-7). Ricordiamo, ad esempio, san Benedetto e san Francesco i quali si gettano tra le spine al fine di spegnere «la concupiscenza che attrae e alletta» (Gc 1, 14). Ricordiamo anche san Tommaso d’Aquino che si serve di un tizzone ardente pur di sventare un’insidia pericolosissima. La stessa santa Maria Goretti, che si lascia uccidere da quattordici coltellate pur di salvare la sua verginità. Le occasioni più comuni di peccato, però, esigono in modo particolare la mortificazione degli occhi (evitando cinema, televisione, letture indecenti etc.), della lingua (evitando i turpiloqui e discorsi licenziosi), dell’udito e della vanità (opponendosi alle mode indecenti). È umiliante, ma questa è la reale condizione in cui versa il modo: carne e spirito sono sempre in battaglia tra loro: «Nelle mie membra c’è un’altra legge, che muove guerra alla mia anima e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra» (Rm 7, 23). Con ogni mezzo, dunque, e con l’affidamento a Maria Sempre Vergine, si deve custodire la purezza del cuore e dei sensi.

L’umiltà è zittire senza pietà alcuna i segreti impulsi e le compiacenze velenose dell’orgoglio, come fanno i santi. L’umiltà schiaccia il demonio. L’umilissima Immacolata schiaccia la testa all’Antico Serpente. Colui che voleva essere «simile all’Altissimo» (Is 14, 14) ha la testa sotto i piedi di Colei che vuole essere soltanto «l’ancella del Signore» (Lc 1, 38). E chiunque è umile si fa partecipe del potere dell’Immacolata di colpire il demonio alla testa. San Macario, ad esempio, è stato uno dei grandi Padri del deserto. Molto lottò contro il demonio tanto che un giorno se lo vide venire contro con una forca di fuoco in mano.

San Macario subito si umiliò dinanzi al Signore, e al demonio cadde di mano la forca. Satana allora esclamò con ira e odio: «Senti, Macario, tu hai delle buone qualità ma io ne ho più di te […]Tu mangi poco, io per niente. Tu dormi poco, io non dormo mai. Tu fai miracoli, io pure faccio prodigi. Una sola cosa tu sai fare, che io non so fare; tu sai umiliarti!». Per questo l’umiltà è una forza micidiale contro satana! Secondo la visione di frate Pacifico, san Francesco d’Assisi occupa il posto di Lucifero in Cielo. Perché a chiunque gli chiedesse che cosa pensasse di sé, il poverello d’Assisi rispondeva di sentirsi un verme spregevole, l’essere più abominevole della terra. Questa è l’essenza dell’umiltà: riconoscere che di esclusivamente nostro abbiamo solo il peccato. Tutto il resto, tutto ciò che è buono è da Dio (cfr. 1 Cor 4, 7), e ogni minima cosa buona che riusciamo a fare per la vita eterna ci è possibile solo per Sua grazia (cfr. 1 Cor 12, 3; 2 Cor 3, 5). Se ora si pensa alla grandezza eccelsa della Madonna si comprende quale immensità di umiltà dovesse rivestire Colei la quale è «esaltata sopra i cori degli angeli»; l’umiltà della Madonna è presentata già nelle prime pagine del Vangelo: «Ecco l’ancella del Signore» (Lc 1, 38); si manifesta nella visitazione alla cugina santa Elisabetta, che giustamente le grida: «A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?» (Lc 1, 43); brilla nella nascita di Gesù, che avviene in una povera grotta, poiché «non c’era posto per loro nell’albergo» (Lc 2, 7); si ammanta di grande silenzio e nascondimento nei trent’anni a Nazaret; arde di obbrobrio e di ignominia sul Calvario, dove la Madonna è presente quale madre del condannato, Corredentrice accanto al Redentore. L’umiltà della Madonna è né più né meno proporzionata alla Sua eccelsa Regalità. Suprema l’esaltazione perché suprema fu l’umiliazione. A questa scuola dobbiamo venire per imparare l’umiltà.

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