Folgorato sulla via di Damasco

Potrebbe sembrare strano che tra gli apostoli che scrissero per la Chiesa emerga San Paolo e non San Pietro, ma se si riflette che San Paolo fu eletto come dottore delle genti, ed ebbe specialissimi doni per compiere questa sua missione, si capisce che la sua voce rappresentò nella Chiesa quel fulgore di grazia soprannaturale che doveva in ogni tempo illuminarla.

Folgorato sulla via di Damasco

Potrebbe sembrare strano che tra gli apostoli che scrissero per la Chiesa emerga San Paolo e non San Pietro, ma se si riflette che San Paolo fu eletto come dottore delle genti, ed ebbe specialissimi doni per compiere questa sua missione, si capisce che la sua voce rappresentò nella Chiesa quel fulgore di grazia soprannaturale che doveva in ogni tempo illuminarla.

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San Paolo nacque verso il principio dell’era cristiana a Tarso, città antichissima, situata alle falde della catena del Tauro, sulle sponde del Cidno, alle porte della Cilicia. Tarso era una delle città più importanti dell’Oriente romano, celebre per il commercio, per le ricchezze e per la cultura delle scienze e delle arti. Era stata dichiarata dai Romani città libera, esente da imposte, e il suo nome imponeva rispetto. San Paolo era nato da famiglia ebrea, ed era della tribù di Beniamino. La sua famiglia, per speciali benemerenze, era stata insignita della cittadinanza romana, e perciò al nome ebreo Saulo, col quale lo chiamò, aggiunse anche quello latino di Paolo, come si usava spesso tra gli Ebrei della dispersione. Finché visse nell’ambiente giudaico, egli si chiamò semplicemente Saulo ma, quando cominciò le sue grandi missioni tra i pagani, si chiamò col suo nome romano: Paolo. Il Signore che utilizza tutto per compiere i disegni del suo amore, per evangelizzare il mondo romano elesse un cittadino romano, affinché quel titolo di onore fosse valso a lui nelle sue corse apostoliche come da passaporto e da difesa. 

Il padre di san Paolo era fervente e rigido fariseo, pieno di zelo per le tradizioni giudaiche; egli educò suo figlio al medesimo spirito, mandandolo prima nelle scuole cittadine che sorgevano accanto alle sinagoghe, e poi a Gerusalemme nella scuola del celebre Gamaliele, chiamato per antonomasia Rabban, il nostro maestro, ricordato negli Atti degli Apostoli per la sua illuminata e prudente sapienza (At 5,34). L’unico libro di testo in quelle scuole, l’unica autorità era la Sacra Scrittura. Insieme allo studio e alla meditazione del Sacro Libro, seguendo le prescrizioni rabbiniche e l’uso seguito da ogni buon fariseo, imparò l’arte, allora molto fiorente nella Cilicia, di fabbricare una stoffa molto grossa, tessuta di peli di capre, adoperata per farne tende e una specie di mantelli impermeabili. 

Non si conosce con precisione quanto tempo san Paolo sia stato in Gerusalemme alla scuola di Gamaliele, ma è certo che lasciò la città santa prima che Gesù Cristo avesse cominciato a predicare pubblicamente, e quindi, con ogni probabilità, non lo conobbe di persona né fu presente a Gerusalemme al tempo della sua Passione e Morte. Ebbe certamente notizia di ciò che avvenne in Gerusalemme, e l’ebbe dalle persone del suo ambiente, concependo un’avversione mortale per il Crocifisso e per i suoi seguaci. Zelante com’era della Legge e dell’osservanza degli usi farisaici, egli riguardava come un’offesa fatta a Dio la nuova religione, e relegava tra le fole quanto sentiva dire della risurrezione di Gesù Cristo. Agiva non per malignità ma per rettitudine, e per questo la misericordia di Dio lo raggiunse sulla via di Damasco, la lunga via Hauranitica, di oltre duecento chilometri e, gettandolo da cavallo, lo mutò da persecutore in fervente discepolo del Signore. Solo un miracolo di grazia poteva mutarlo, e non senza ragione è stato affermato che la conversione di san Paolo è stato il più grande miracolo dopo la resurrezione di Gesù Cristo. Per formarcene un’idea immaginiamo che cosa penseremmo noi se i giornali, per esempio, ci parlassero del clamoroso processo di uno, condannato a morte ignominiosa, e venissero a dirci che i suoi seguaci lo dicono risuscitato da morte, e propagano le sue idee rivoluzionarie gettando lo scompiglio e l’agitazione nella nazione. Di fronte ad affermazioni simili noi non esiteremmo un momento solo a schierarci contro il condannato, in favore della legge e della patria e, potendo, saremmo pronti a combattere i mestatori in qualunque luogo e con tutti i mezzi a nostra disposizione. 

In queste condizioni di spirito si trovava san Paolo quando la grazia di Dio lo colpì sulla via Hauranitica che conduceva a Damasco, e solo un miracolo poteva mutarlo da persecutore ad apostolo. La risurrezione di un morto, e qualunque altro miracolo, non regge al paragone con la trasformazione di quell’anima accesa, la quale non fu presa da un entusiasmo più o meno fanatico, ma fu come plasmata a nuovo in un momento, e con tale solidità di convinzione e persuasione da diventare maestra degli altri con una dottrina solidissima. Le sue lettere sono una testimonianza e un monumento di questa sua interiore trasformazione.

Noi già conosciamo i particolari della conversione del grande Apostolo dal racconto degli Atti, ed è inutile soffermarcisi ancora. Egli, ricevuto il Battesimo, cominciò subito a predicare nelle sinagoghe Gesù Cristo come vero Messia e come Redentore del genere umano, con grande stupore di quanti erano testimoni dell’odio implacabile che prima gli portava, e del furioso suo zelo nel perseguitarne i seguaci. Dopo, però, un breve periodo di apostolato, in seguito ad altre rivelazioni avute, sentì tutta la grandezza della missione che Dio gli assegnava, e si recò in Arabia per prepararsi al suo ministero con la preghiera, la meditazione della Sacra Scrittura e lo studio della religione cristiana sotto il magistero diretto del medesimo Gesù, il quale gli rivelò quello che avrebbe dovuto insegnare. Questo insegnamento straordinario e miracoloso costituì il suo Vangelo, il quale poi venne certamente confermato dall’autorità di san Pietro e degli altri apostoli. 

Ritornato a Damasco, riprese la predicazione con tale ardore e con tanto frutto, che i Giudei decisero di catturarlo e di ucciderlo; egli, però, di notte fu calato in una cesta lungo le mura, e così poté sfuggire alla morte. Invece di ritornarsene a Tarso, andò a Gerusalemme per vedere san Pietro (Gal 1,18), e fu presentato a san Pietro e a san Giacomo Minore da san Barnaba che prima gli era amico, e che rendeva testimonianza della sua conversione. A Gerusalemme non rimase inoperoso e predicò Gesù Cristo con tanto ardore di zelo, che dopo quindici giorni dovette allontanarsene perché di nuovo minacciato dai Giudei. I cristiani di Gerusalemme lo amavano di particolare amore, perché avevano capito quale tesoro in lui aveva acquistato la Chiesa, e furono essi medesimi ad esortarlo a partire dalla città santa per sfuggire alle insidie dei Giudei. Accompagnato da un gruppo di cristiani, san Paolo andò a Cesarea, e di là, attraverso la Fenicia e la Siria se ne ritornò a Tarso. 

Conosciamo già dagli Atti degli Apostoli le missioni e le peregrinazioni di san Paolo fino al suo arrivo e alla sua dimora a Roma per essersi appellato a Cesare. Prosciolto da ogni accusa e lasciato libero, si recò in Spagna per annunciarvi Gesù Cristo, come consta da documenti storici di sommo valore. Ritornato dalla Spagna, evangelizzò l’isola di Creta, dove lasciò come vescovo il suo discepolo san Tito; visitò Mileto, la Troade, e forse anche Efeso, Nicopoli e Corinto. Catturato di nuovo a Roma, non si sa in quali circostanze, ebbe molto a soffrire, e coronò la sua vita col martirio sulla via Ostiense, presso il luogo detto delle Acque Salvie dove fu decapitato. 

Nelle sue numerose peregrinazioni, egli percorse quasi tutto il mondo romano, fondando numerose e fiorenti comunità cristiane; per sostenerle, poi, nella fede egli scrisse da vari luoghi le sue lettere, delle quali ci sono rimaste solo quattordici. Dotato di grande mente e gran cuore, ma soprattutto vivificato dalla grazia e dalla virtù dello Spirito Santo, egli vi trasfuse tutta la sua anima, ardente d’amore verso Gesù Cristo e verso le anime. Esse, al dire di san Tommaso d’Aquino, sono come fonti e miniere inesauribili di dottrina, poiché contengono quasi tutta la Teologia. Monumento perenne di sapienza soprannaturale, sono anche un monumento letterario di primissimo ordine, sia per la sostanza sia per la forma. 

[…] Egli non espone un sistema ben concatenato o organico di dottrina, ma tratta di questioni allora occorrenti nelle diverse Chiese, risponde ai dubbi che gli venivano proposti, provvede alle varie difficoltà e bisogni del momento. Ciononostante è un fatto innegabile che la dottrina di san Paolo sparsa nelle varie lettere, costituisce un tutto organico, le cui parti si connettono mirabilmente fra loro, e vengono a concentrarsi in Gesù Cristo, Salvatore universale di tutti gli uomini. 

Gesù Cristo è il principio, il mezzo e il termine di tutto. Nell’ordine naturale come in quello sovrannaturale tutto è in Lui, tutto è per mezzo di Lui, tutto è in vista di Lui. San Paolo nei vari tratti delle sue lettere ci dà un ritratto completo e vivente di Gesù Cristo, che risponde esattamente a quello datoci dagli evangelisti. Egli ne conosce bene la vita nei minimi particolari, è ripieno del suo spirito e del suo amore, e predica la dottrina di Gesù. Questa dottrina gli fu comunicata principalmente per divina rivelazione, come egli stesso dice scrivendo ai Galati: In verità io vi dichiaro, o fratelli, che il Vangelo da me predicato non è secondo l’uomo, poiché né l’ho ricevuto né l’ho appreso da un uomo, ma per rivelazione di Gesù Cristo (1, 11-12). Egli, inoltre, l’apprese dalla Tradizione degli apostoli con i quali ebbe particolari contatti, confermandosi così nella verità di ciò che gli era stato rivelato.

Educato dall’infanzia alla scuola rabbinica, san Paolo conosceva a fondo i libri scritturali dell’Antico Testamento. Egli li cita non meno di 250 volte, e con essi prova la divinità e la messianicità di Gesù Cristo, la vocazione dei pagani, la riprovazione parziale di Israele, la giustificazione per mezzo della fede, l’universalità della colpa, i misteri della predestinazione e della riprovazione, la resurrezione dei morti, ecc. […]

San Paolo, nelle sue lettere, oltre a discutere con i Giudei e con i pagani, combattendo i loro errori, insorse contro i cattivi cristiani, i giudaizzanti e gli gnostici. Fin dai primi tempi della Chiesa, infatti, insieme ai fedeli pieni di fervore, si trovarono anche anime assai imperfette, e dei cristiani che conducevano una vita per nulla conforme agli insegnamenti loro dati. A questi, san Paolo non risparmiò i rimproveri anche nel modo più severo. Con l’autorità che gli veniva dalla sua divina missione, denunciò i loro difetti e gli abusi nei quali cadevano, mostrandone la gravità e la malizia. Insorse contro gli scandali, condannò e punì coloro che non si volevano arrendere ai suoi ordini, vigilò in modo particolare sulla purezza della dottrina, mise in guardi ai fedeli contro gli ingannatori e i falsi apostoli, e proclamò altamente che, se Gesù Cristo ci aveva liberati dalla servitù della Legge antica, rimanevano però intatti i precetti morali, ai quali ogni cristiano era tenuto a prestare ossequio. 

Insorse con grande forza di zelo contro i giudaizzanti, cioè contro quei Giudei che, convertiti alla fede, ma rimasti ostinatamente attaccati ai loro pregiudizi, andavano proclamando che, senza l’osservanza dei precetti legali, e specialmente senza la circoncisione era impossibile salvarsi. 

Combatté nelle lettere agli Efesini, ai Colossesi e nelle lettere pastorali contro errori che si spargevano nell’Asia Minore, e che erano i germi dello gnosticismo. I propagatori di questi errori si abbandonavano a strane speculazioni filosofiche, e sotto l’orpello di un falso ascetismo si perdevano in sottilizzazioni futili e dannose con l’unico intento di menomare la grandezza di Gesù Cristo e di allontanare da Lui i fedeli. 

San Paolo, con la sua dottrina e il suo apostolato, non solo ha dominato le prime generazioni cristiane ed ha condotto un mondo intero a Gesù Cristo, ma anche oggi è nella Chiesa una luce smagliante di verità e di amore soprannaturale, che non si estingue e non si estinguerà sino alla fine dei secoli.

Luana Manuli

Luana Manuli

Caposervizio della sezione Spiritualità Religiosa. Ha conseguito il Diploma di liceo linguistico presso l’Istituto Daniele Crespi di Busto Arsizio. Attualmente studia Scienze della Comunicazione presso l’Università degli studi dell’Insubria.
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