Un quadro del pittore Maurice Denis rappresenta l’officina di Nazareth. Gesù è seduto tra i suoi arnesi di legnaiolo, attorniato da un gruppo di lavoratori, ai quali espone la sua dottrina. In un angolo, vicino alla porta di casa, sta la Vergine, attenta alle parole di Gesù, mentre compie un lavoretto a mano. Al centro del quadro c’è San Giuseppe, appoggiato al banco di lavoro.
Il Santo Patriarca fu un grande lavoratore nella sua umile bottega. Non fu la qualità del lavoro che lo rese grande, ma lo spirito che lo animava: ubbidire alla legge universale del lavoro e procurare il pane quotidiano al Figlio di Dio ed alla Regina del Cielo.
La Chiesa ha apprezzato la sua vita laboriosa e gli ha dato un titolo particolare «San Giuseppe Operaio». Questa festa ricorre ogni anno il primo maggio.
La classe operaia solennizza il primo maggio con la Festa del Lavoro. Un tempo solcava essere la festa dei senza-Dio, comunisti e socialisti, perciò il Sommo Pontefice Pio XII volle darle un aspetto eminentemente religioso esortando i lavoratori cristiani a rendere onore a San Giuseppe con la preghiera e con l’imitarlo nella santificazione del lavoro.
La Sacra Liturgia del primo maggio fa rivivere gli esempi della bottega di Nazareth e pone San Giuseppe quale intercessore presso la Divinità a vantaggio dell’umanità affaticata.
E’ questa la preghiera della Messa: «O Dio, Creatore di ogni cosa, che hai dato al genere umano la legge del lavoro, concedi benignamente che ad esempio e per intercessione di San Giuseppe possiamo felicemente compiere le opere che tu comandi e conseguire i premi che tu prometti». San Giuseppe, dunque, ci insegna a santificare le nostre fatiche. Infatti, la fatica del lavoro, oltre ad essere fonte di benessere materiale, è anche sorgente di beni celesti, perché se si compie con spirito di fede, fa scontare i peccati e fa aumentare il grado di gloria in Paradiso. Al principio del lavoro si sollevi la mente a Dio e si offra la fatica in unione ai meriti del lavoro di San Giuseppe.