[page_title]
A cosa si riferisce, nello specifico, questo tipo di peccato? Come mai, all'interno della cultura cattolica nel mondo di oggi, sembra quasi completamente sparito?
«Voi Cittadini mi chiamaste Ciacco
per la dannosa colpa de la gola,
come tu vedi, a la pioggia mi fiacco»
Così il Sommo Poeta presentava il suo concittadino condannato a passare l’eternità nel girone infernale dei golosi. A cosa si riferisce, nello specifico, questo tipo di peccato? Come mai, all’interno della cultura cattolica nel mondo di oggi, sembra quasi completamente sparito? Per gola si intende, essenzialmente, il desiderio smodato di cibo, bevande e di tutto ciò che è correlato ai piaceri della tavola. In una civiltà edonistica affezionata alla pancia come la nostra, non ci si stupisce che di peccati come questo si tratti poco.
Il tema del cibo e della nutrizione si presenta come uno dei più delicati all’interno della nostra civiltà. Per noi, infatti, è scontato poter mangiare ciò che desideriamo e nella misura in cui ci occorre, se non, addirittura, eccedendo. In un certo senso, quella che i cattolici di un dì chiamavano ‘gola’ è ormai diventata la nostra abitudine di vita. Il piatto è sempre pieno e, quando mangiamo, spesso non è nemmeno il nostro stomaco a chiedercelo, ma l’abitudine di nutrirsi tre volte al giorno. Tutto ciò, noi lo sappiamo, accade alle spalle di persone, figli di Dio amati dal Padre quanto noi, che muoiono ogni giorno in preda agli stenti e alla fame per dare a noi non solo la vita, ma anche il piacere.
«[…] e ben fu dritto
Se Cortes e Pizzarro umano sangue
Non istimâr quel ch’oltre l’Oceàno
Scorrea le umane membra, onde tonando
E fulminando, alfin spietatamente
Balzaron giú da’ loro aviti troni
Re Messicani e generosi Incassi;
Poiché nuove cosí venner delizie,
O gemma degli eroi, al tuo palato!»
Nel Settecento queste erano le uniche parole che un letterato come Giuseppe Parini, peraltro sacerdote cattolico e precettore nelle case dei nobili, aveva per gli appetiti sfegatati del suo padrone: atteggiamenti che, a suo dire, sembrano affermare come sia stato giusto soggiogare interi popoli del mondo (Messicani, Inca) per il bene del suo palato. Eppure, come tanti altri peccati, oggi per noi tutto ciò è la quotidianità.
Allora, cosa fare della nostra gola? Rassegnarci alle catene dello stomaco e del ‘non sentirsi in colpa’? No, una risposta il cattolicesimo ce la fornisce ed essa è più che soddisfacente. Il digiuno. Cominciamo a mettere da parte le nostre voglie e a lasciare spazio alla riflessione e alla preghiera: non significa rinunciare a tutto, ma quantomeno prendere atto della gola, della golosità con cui viviamo ogni giorno e chiedere al Signore perdono. Nell’economia non cambierà nulla, i nostri fratelli probabilmente non se ne accorgeranno, ma «il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». E vivremo anche più felici.