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Noi cristiani, per primi, diamo alla musica un valore immenso. ‘Canta e cammina’, ci dice Sant’Agostino. La musica ci accompagna nella liturgia, ci culla nei momenti di dolore e guida i nostri passi verso la Verità.
«La musica è stata sempre per me, fin dall’infanzia un mondo di emozioni, di sentimenti, di immagini con cui era possibile esprimere i pensieri più profondi e da cui trarre ispirazione spirituale e umana. Con gli anni la musica mi ha accompagnato attraverso le esperienze spirituali che mi hanno condotto alla scoperta della mia vocazione sacerdotale e da quel momento in poi le due cose, musica e ministero, sono diventate inseparabili e sempre più perfettamente integrate in una realtà particolare che è stata la mia vita sacerdotale».
Con queste parole il celeberrimo compositore contemporaneo di musica sacra Marco Frisina descrive la rilevanza della musica per la sua vocazione sacerdotale.
E noi? Quante volte ci è capitato di trovarci in chiesa, magari per raccoglierci in preghiera poco prima di una funzione, e sentirci guidati verso il cielo dalle note dell’organo che si preparava alla sacra celebrazione? Quante volte nella preghiera desideriamo essere accompagnati da quegli inni che quasi ci ricordano un canto angelico sceso sulla terra? Quante volte, fra le nubi d’incenso, una sola nota ci ha fatto sentire in Paradiso? E quante altre volte, invece, abbiamo udito nei templi del Signore note del tutto indegne di unirsi ai cori degli angeli nella lode al Signore!
«Acclami il Signore tutta la terra, gridate, esultate, cantate inni! Cantate inni al Signore con la cetra, con la cetra e al suono di strumenti a corde, con le trombe e al suono del corno acclamate davanti al re, il Signore. Risuoni il mare e quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti. I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne davanti al Signore che viene a giudicare la terra!».
Queste sono le parole con cui il santo Re Davide, approssimativamente tremila anni fa, lodava il Signore nel Salmo 98. Il Redentore non era ancora sceso nel mondo, la prima Eucarestia non era ancora stata celebrata, la Chiesa non era ancora nata e la liturgia che per secoli la avrebbe illuminata non era ancora stata codificata. Eppure, la musica era già percepita come uno strumento per addentrarsi nel mistero di Dio. E non solo dagli ebrei: anche filosofi, cristiani e non, del calibro di Pitagora, Platone, Aristotele, Sant’Agostino, San Tommaso, Kant, Hegel, Schopenhauer e Nietzsche hanno passato più volte in rassegna un tema come quello del valore della musica per connettere il mondo fisico a quello metafisico, ovvero a Dio.
Noi cristiani, per primi, diamo alla musica un valore immenso. ‘Canta e cammina’, ci dice Sant’Agostino. La musica ci accompagna nella liturgia, ci culla nei momenti di dolore e guida i nostri passi verso la Verità, facendoci dimenticare per qualche istante il peccato che imperversa, il pianto che si accumula nelle palpebre, la guerra che si scatena.
«Nel guardare indietro alla mia vita, ringrazio Dio per avermi posto accanto la musica quasi come una compagna di viaggio, che sempre mi ha offerto conforto e gioia – dichiarava Benedetto XVI nel 2007 – perché la musica è veramente il linguaggio universale della bellezza, capace di unire fra loro gli uomini di buona volontà su tutta la terra e di portarli ad alzare lo sguardo verso l’Alto ed ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la loro ultima sorgente in Dio stesso».