I vizi capitali: la Lussuria

«Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio.» (1 Cor 6, 9-19)

I vizi capitali: la Lussuria

«Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio.» (1 Cor 6, 9-19)

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L’ultimo, ma non per importanza, di questo ciclo di articoli sui vizi capitali è la lussuria, la cui virtù opposta è la castità. Si annovera tra i vizi che sono più radicati e deleteri in noi come la superbia, l’invidia, l’accidia ed è intesa come l’amore disordinato verso beni o piaceri sensuali, destinati alla conservazione della specie umana. 

È condannata nel doppio precetto del Decalogo: «Non commettere atti impuri; Non desiderare la donna d’altri». Non sono interdetti, quindi, solo gli atti esterni, ma anche gli atti interni: i pensieri, i desideri, le immaginazioni. Se ci si sofferma di proposito e deliberatamente su immagini, pensieri disonesti o su desideri cattivi, i sensi si turbano e si producono moti organici che molto spesso sono il preludio di atti contrari alla purezza. È quindi necessario combattere anche soltanto i pensieri pericolosi e le immaginazioni pericolose. 

Il sesto comandamento proibisce gli atti impuri esteriori che il Catechismo significa in questo modo: 

  1. Azioni immorali: si possono commettere da soli o con persone dello stesso sesso o diverso sesso. 
  2. Parole immorali: per lo più sono quelle parole ambigue, a doppio senso, che non si direbbero davanti ai genitori o ai superiori. Si dicono per leggerezza, per morbosità, per scherzo, per vanteria. Sono discorsi fatti senza necessità e con un segreto piacere che non si oserebbe confessare a nessuno. È peccato fare discorsi immorali per scherzo o per leggerezza; più grave se vi è malizia o intenzione di indurre gli altri a commettere il male. 
  3. Sguardi immorali: sono peccato quegli sguardi dati per curiosità, e peggio ancora con intenzioni malevoli a cose o persone o figure che possono eccitare le passioni cattive.
  4. Libri immorali: sono quelli che descrivono il male, senza necessità, per passatempo o con lo scopo diabolico di indurre al male. Molto pericolosi sono anche quei libri che, senza descrivere apertamente il male, parlano tuttavia del vizio come di cosa indifferente, non fanno distinzione tra bene e male, calpestano le sante leggi del matrimonio, presentano come cose necessarie gli amori e le relazioni illecite; che descrivono la vita come una festa, come una caccia al piacere, senza uno scopo superiore. La lettura prolungata di questi libri abitua il lettore a considerare la vita solo dal punto di vista dell’amore naturale e passionale, così da vivere fuori dalla realtà. Romanzi e riviste umoristiche, che rimestano il fango per divertire, periodici di moda e di vita mondana illustratasono un veleno insidioso, che a poco a poco distrugge il senso morale e il pudore. 

V. Immagini immorali: tali sono le statue, le pitture, le vignette, le stampe illustrate (programmi tv, siti internet, n.d.r.) che presentano persone non sufficientemente vestite o in atteggiamenti provocanti. Sono considerate più pericolose le letture, perché impressionano di più. La moda immodesta è la rovina dei costumi pubblici e privati.

VI. Gli spettacoli immorali: insidiosi in modo speciale sono gli spettacoli cinematografici. La maggior parte sono amorali, parecchi immorali, e fanno l’apologia del divorzio, del libero amore, la caricatura del matrimonio e della morale familiare. Si aggiungano gli spettacoli teatrali e televisivi, specialmente quelli di varietà. Col pretesto dell’arte, che si è voluto sottrarre alla morale, molti si permettono di rappresentare brutture di ogni genere. Si è calpestata l’arte fino al punto di farne l’espressione del vizio, della bestemmia, dell’empietà, dell’eresia e di ogni altro male. 

L’impurità è un peccato gravissimo ed abominevole davanti a Dio ed agli uomini; avvilisce l’uomo alla condizione dei bruti, lo trascina a molti altri peccati e vizi e provoca i più terribili castighi in questa vita e nell’altra. La gravità di questo peccato è del resto ciò che mostra l’esperienza: quanti giovani si rendono incapaci di trasmettere la vita per aver abusato del loro corpo? 

Non c’è ostacolo più grande al progresso spirituale, dopo l’orgoglio, come il peccato di impurità. Che si tratti di peccati solitari o di peccati commessi con altre persone, non tardano a produrre abitudini tiranniche che paralizzano il progresso spirituale ed inclinano la volontà verso le bruttezze del mondo. 

«L’impudicizia non si deve neppure nominare tra voi, come si conviene a santi; né oscenità, né sciocchi discorsi o buffonerie, che sono cose indecenti».

(Ef 5, 3)

«Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio». 

(1 Cor 6, 9-19)

E ancora

«[…] le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento […] e pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa […]».

(Rm 1, 26-32)

Dio seppellì sotto una pioggia di fuoco gli abitanti di Sodoma e Gomorra per i loro vizi innominabili. La gravità del castigo indica la gravità del peccato. Il peccato impuro contamina anche il corpo, che è tempio dello Spirito Santo, membro del corpo mistico di Cristo, e rende vano il fine per cui Dio ha creato i due sessi. Quanto alla materia, il peccato impuro è sempre grave; se non vi è piena avvertenza o tutto il consenso può essere leggero.

Occorre tener presente che il peccato non consiste nel conoscere e neppure nel sentire l’attrattiva per il male, ma nel volerlo. Non è peccato conoscere tempo e luogo di certi misteri delicati della vita, non è peccato neppure essere contenti di conoscerli, ma è peccato essere contenti e godere delle azioni cattive. Non è peccato sentire tentazioni contrarie alla purezza, quando non si siano volute e cercate, ma è peccato acconsentirvi. 

Il pretesto, che è necessario conoscere, non rende lecito vedere, leggere, guardare, sentire qualsiasi cosa. Bisogna che vi sia vera necessità di conoscere, come ad esempio, per lo studio della medicina. 

Uno degli effetti di questo peccato è l’egoismo di cui è invasa l’anima. L’amore che si aveva per i propri parenti o per gli amici, appassisce o sparisce completamente, resta solamente il desiderio di godere ad ogni costo dei piaceri cattivi, diventa una vera ossessione tanto da oscurare l’intelletto, lasciandosi governare dalle passioni e dal vizio, così che la volontà diventa schiava di questa vergognosa passione e presto si rivolta contro Dio. 

I tristi effetti di questa schiavitù della volontà sono facilmente rintracciabili: non si ha più gusto negli studi seri, il cuore si inaridisce, indurendosi poco a poco, il sistema nervoso, che è sovraeccitato da questi impulsi, si indebolisce e non è più in grado di svolgere il proprio ruolo, cioè quello di regolazione e di difesa. Un’anima animante un corpo così debole non tenderà più alla perfezione, ma se ne allontanerà ogni giorno di più. 

Per resistere ad una passione tanto dannosa, i rimedi più efficaci sono le convinzioni profonde, la fuga delle occasioni pericolosi, la mortificazione e la preghiera. 

Oggi è facile sentire quanto impossibile sia praticare la continenza e la castità, anche Sant’Agostino ne era d’accordo prima della conversione, ma poi cambiò pensiero constatando che nulla è impossibile quando si sa pregare e lottare. A maggior ragione perché, come sostiene san Paolo, noi siamo i templi vivi della Santissima Trinità, templi santificati dalla presenza del Dio d’ogni santità e da una partecipazione della vita divina. Ora, nulla contamina questo tempio quanto il vizio impuro che profana al tempo stesso corpo e anima del battezzato. 

Se la volontà è orientata veramente al non peccare, allora un altro dei rimedi alla lussuria, come detto sopra, è la fuga delle occasioni. Se sappiamo di essere deboli, specialmente in determinate situazioni o circostanze o con certe persone che si lasciano andare a discorsi licenziosi, allora dobbiamo fuggire l’occasione e/o evitare di trovarci. Se ci trovassimo davanti ad un serpente pericoloso, non ci fermeremmo ad accarezzarlo, piuttosto fuggiremmo via per paura di essere morsi e morire, così dovrebbe essere per le occasioni peccaminose. 

Dio non comanda nulla di impossibile, ma chiede di fare ciò che possiamo e di pregare per ottenere la grazia di fare ciò che non siamo in grado di fare. 

Il rimedio della mortificazione è quello più utile a vincere la passione, in particolare l’applicazione energica e costante ai doveri di stato. L’ozio, infatti, è cattivo consigliere: ci troviamo molto più facilmente a peccare se siamo annoiati e non occupati, l’immaginazione viaggia ed i pensieri cattivi non tardano a presentarsi. San Filippo Neri diceva ai giovani che l’ozio è il capezzale del demonio e chi sta in ozio, non ha bisogno che il diavolo lo tenti, egli è già tentazione a se stesso. Lavorare, impegnare la mente con i propri doveri di stato, che assorbono praticamente tutta la nostra attività, allontana la nostra immaginazione, la nostra mente ed il nostro cuore dagli oggetti pericolosi. 

«La virtù che inclina l’uomo ad astenersi dai piaceri illeciti della carne è la castità, senza la quale ogni virtù viene meno». 

 (san Girolamo)

San Filippo Neri guariva i giovani dediti al vizio impuro attraverso la frequenza ai Sacramenti della Confessione e della Comunione frequente, ancora oggi non esiste rimedio più efficace si per preservare e fortificare la virtù. Sicuramente sono necessari coraggio, energia, sforzi costantemente rinnovati, ma con la preghiera, i sacramenti ed una ferma volontà si supera ogni ostacolo. 


Bibliografia: 

  • Adolphe Tanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica, edizioni Effedieffe, 2020, pp. 401 e ss.
  • Pio X, Catechismo maggiore.
  • Carlo Tommaso Dragone, Spiegazione del catechismo di San Pio X – per catechisti, edizioni Centro Librario Sodalitium, 2014, pp. 311 e ss.

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