Sabato 26 aprile si sono celebrati in piazza san Pietro i funerali di papa Francesco, morto lunedì 21. Mentre si eleva il cordoglio e la preghiera supplice di suffragio della Chiesa universale, intendiamo soffermarci brevemente per qualche riflessione a carattere liturgico.
Il funerale è stato celebrato in rosso, seguendo un malcostume ormai diffuso a partire dai funerali di Paolo VI nell’agosto 1978, i primi officiati col nuovo rito, causato da una caotica manipolazione del costume liturgico precedente. Prima della riforma liturgica, infatti, il papa celebrava pubblicamente in modo solenne soltanto in rarissime occasioni (e.g. Natale, Pasqua, santi Pietro e Paolo, canonizzazioni particolarmente importanti, consacrazioni episcopali…); eccettuate le Messe private, era assai più comune vedere il papa assistere al trono: in tale caso, venivano utilizzati soltanto manti bianchi e rossi. Così, il rosso svolgeva, tra le altre cose, anche il ruolo di colore liturgico funebre per il papa. Si presti attenzione a queste parole: per il papa, non per gli altri. Spulciando in rete è possibile vedere alcuni esempi, soprattutto per funerali di cardinali: mentre il porporato celebrante e i suoi ministri indossavano paramenti neri, come prescritto per la Messa da Requiem, il sommo pontefice interveniva in manto rosso, accompagnato dai cardinali in cappa magna. Pertanto, anche i funerali papali, fino a quello di Giovanni XXIII nel giugno 1963, si svolgevano in paramenti neri senza eccezioni.
Sono stati moltissimi i prelati concelebranti, persino con sacerdoti sparsi nella piazza. È lecito domandarsi, ai sensi della teologia sacramentaria, se essi abbiano davvero recitato validamente le parole di consacrazione stante la loro totale lontananza dall’altare e dalla materia. Prima della riforma, naturalmente, non era prevista concelebrazione: i cardinali assistevano in abito corale con le opportune modifiche dovute al lutto: talare, mozzetta e cappa di colore violaceo anziché rosso e rocchetto senza pizzo. In rete è possibile osservare queste interessanti immagini in cui si nota il contrasto tra il colore violaceo e quello rosso della berretta, che non mutava mai. Quest’abito modificato era indossato dall’inizio della sede vacante, per tutti i riti funebri veri propri e nei novendiali, nel conclave fino all’elezione del nuovo papa.
Si è parlato tanto di catafalco, di come papa Francesco avesse chiesto di non essere trasportato su di esso ma di essere deposto in una bara; ci permettiamo di notare che portare in processione un corpo in una bara sopra una lettiga con ben quattordici sediari non è molto diverso da quanto avvenuto fino a Giovanni Paolo II nell’aprile 2005, né suggerisce particolare semplicità (a nostro avviso, giustamente). Sono state diffuse le immagini del catafalco allestito per Pio XII nell’ottobre 1958 per dimostrare, a dire di costoro, l’esistenza di una Chiesa attaccata al potere con il corpo del papa elevato da terra come quello di un sovrano terreno. Tolto il fatto che il papa è sovrano assoluto dello Stato della Città del Vaticano, quelle immagini si riferiscono ai novendiali, mentre il corpo del buon Pacelli già riposava in un modesto avello.
Per concludere, è bene ricordare che la drammatica esecuzione del Dies iræ ricordava a tutti i cristiani, dal papa all’ultimo dei battezzati, la realtà dei novissimi e la necessità della preghiera di suffragio: non c’è stato al funerale di Francesco, come purtroppo è mancato a tutti i funerali dei suoi predecessori da Paolo VI in avanti. Restiamo in attesa di un pontefice che possa restaurare gli antichi riti della Santa Chiesa.