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«Il mondo vedrà i trionfi dell’Eucaristia»

Per capire cosa accadde, davvero, quel giorno e in che modo riguarda noi oggi, risulterà conveniente spostarsi indietro di alcuni anni, ai tempi della disastrosa “rivoluzione” di Lutero.

«Giorno di lutto, di strazio, di desolazione…», così Antonmaria Bonetti, il ‘Volontario di Pio IX’ avrebbe ricordato l’ormai lontano 20 settembre del 1870, quando le truppe del regno d’Italia violarono i confini dei possedimenti papali e misero la parola fine alla più che millenaria sovranità dei Pontefici sulle regioni centrali della penisola italica. Un giorno in cui padri e figli, futuri italiani e altri futuri italiani si trovarono a fronteggiarsi su opposti schieramenti: gli uni per la Chiesa, gli altri per il Regno. Si ricordi, ai fini della trattazione qui proposta, come il potere temporale della Chiesa era formalmente nato nel 728, a seguito della Donazione di Sutri, aveva raggiunto la sua massima estensione fra il 1649 e il 1719 e, nel 1870, era già ridotto a poco più di un quarto degli antichi possedimenti.

Per capire cosa accadde, davvero, quel giorno e in che modo riguarda noi oggi, risulterà conveniente spostarsi indietro di alcuni anni, ai tempi della disastrosa “rivoluzione” di Lutero. Peculiare e senza precedenti fu la reazione che ebbe la Chiesa alle pesanti critiche dei fedeli autoproclamatisi ‘protestanti’: non solo bolle papali, non solo scomuniche, ma anche un’azione concreta e quasi temeraria, volta a ri-evangelizzare i popoli che avevano perduto la vera fede. A questo scopo, la Chiesa di Roma si avvalse di uno strumento principe: la stampa. Inventata da pochi anni (Gutenberg la aveva inaugurata solo nel 1455, mentre la protesta di Lutero e l’inizio del Concilio di Trento si collocano, rispettivamente, nel 1517 e nel 1545), essa era stata prima spudoratamente adoperata dai riformatori, i quali, senza porsi alcuno scrupolo riguardo a quella che, a tutti gli effetti, era una “nuova tecnologia”, seppero magistralmente farne uno strumento di propaganda di una fede errata, ma fu poi di grande aiuto anche alla Chiesa cattolica, non appena essa ebbe il coraggio di avvalersene. Lo studioso ginevrino Paolo Sachet rileva come, in parte superando le giuste remore della Curia per la diffusione dei libri stampati, il coraggioso cardinal Cervini, a cui era stata affidata la Biblioteca Vaticana, ben seppe avvalersi della stampa per quattro fini: la diffusione della vera dottrina dei Padri della Chiesa e dell’intera Bibbia, il proseguimento dell’evangelizzazione nei territori orientali, la trasmissione di testi riguardanti la Traditio della Chiesa e, infine, la distribuzione dei nuovi testi liturgici, come il celeberrimo Missale Romanum di San Pio V o il nuovo Catechismo. A conti fatti, possiamo oggi dire che questo modo di agire moderno ottenne risultati più che ottimi.

Si torni, ora, ad analizzare la situazione della Chiesa cattolica dopo Porta Pia. La presa di Roma costituisce solo una manifestazione dell’enorme crisi di fede che travolge l’intera Europa e il mondo a partire dall’Illuminismo fino ad oggi e ora imperversa più che in ogni altra epoca. Come sorge spontaneo l’accostamento della crisi contemporanea a quella rinascimentale, allo stesso modo esso sorge fra la funzione della stampa e quella delle moderne tecnologie di comunicazione.

Inizialmente condannate da papi come San Pio X, il quale mai volle utilizzare tecnologie, apparire in filmati e solo raramente essere fotografato (e ciò le fece, decisamente a buon diritto, visti e considerati i danni che oggi vediamo provocati in troppe anime dall’imperversante digitalizzazione di tutto l’essere), a partire dagli anni ‘50, esse entrarono a fare sempre più parte anche della vita della Chiesa. La prima Messa trasmessa in televisione fu il Pontificale della Notte di Natale celebrato nella cattedrale di Notre dame de Paris nel 1948 e, l’anno successivo, Pio XII parlò per la prima volta ai fedeli dalla televisione, affermando: «L’universo sarà in grado di contemplare, nel momento n cui si svolgono, le manifestazioni della vita cattolica. Al mondo è stato detto che la religione è in declino, invece, con questa nuova meraviglia, il mondo vedrà i trionfi dell’Eucaristia e di Maria; è stato detto che il papato era morto o morente, invece vedrà le folle traboccare in piazza San Pietro per ricevere la benedizione del Papa e ascoltare la sua parola». Gli fece eco Benedetto XVI, negli ultimi anni del suo ministero, quando parlò di come fosse ormai obbligatorio per la Chiesa farsi strada nel nuovo “continente digitale”.

Il rinnovato potere dell’evangelizzazione di cui ci parlò il Santo Padre non è più limitato alla sola Italia centrale, è bensì esteso a tutto il mondo. Dopo il grave peccato commesso a Porta Pia, si è aperta per l’uomo la possibilità di evangelizzare senza più limiti territoriali di alcuna sorta: i romani Pontefici non hanno più fra le loro mani un potere nazionale e temporale, bensì un potere spaziale e universale. Riportiamo alla mente, brevemente, quanto peso le più sottili affermazioni del Papa regnante, particolarmente attivo in rete, hanno avuto su alcune decisioni della politica, e non solo, mondiale. Quante volte le prime notizie del telegiornale riguardano le udienze e le dichiarazioni del Papa? Questo è un minimo segnale della grazia che scaturirebbe da un utilizzo della tecnologia al solo servizio della Verità. Basti pensare all’influenza avuta da piccole e timorose dichiarazioni rilasciate dalla Chiesa su temi come il decreto Zan, provvidenzialmente rinviato dopo gli interventi della Santa Sede e ormai bocciato.

A questo punto, cosa sta a noi fare? Non crediamo di non dover più mantenere quel santo distacco praticato egregiamente da San Pio X, digiunando dalla mondanità, non abbandonandoci al digitale per spiare volgarmente la vita altrui come piccole sentinelle in cerca di peccato. Noi, cattolici, custodi della vera fede, siamo chiamati a dare tutta la nostra vita al Signore, senza alcuno sconto, per ottenere, come Lui stesso ci ha mirabilmente promesso, «il cento per uno e la vita eterna». Mettiamo innanzi a noi l’egida della Croce in ogni circostanza, anche negli aspetti della nostra vita che ne sembrerebbero più distanti. Non modifichiamo la fede che da due millenni ci viene trasmessa, come oggi si tende a fare, credendo di andare incontro al bene delle anime distanti da Dio. Portiamola così, intatta, come la abbiamo ricevuta, a tutti, anche attraverso vie che, spesso, sappiamo sono fonte di peccato, proprio a causa della mancata testimonianza di Dio all’interno di quei contesti. A chi dobbiamo guardare in faccia, se non a Gesù Cristo? A chi render conto, se non al Padre? Davanti a cosa fermarci? Mettiamo fine, ora, ai «giorni di lutto, strazio e desolazione» del mondo e dell’Italia scaturiti da Porta Pia!


Fonti:

  • Antonmaria Benetti, Il Volontario di Pio IX
  • Paolo Sachet, Publishing for the Popes. The Roman Curia and the use of printing (1527-1555), Pio XII, Messaggio ai cattolici francesi del 17 aprile 1949

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