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Il pericolo del donatismo

In questi tempi di crisi dottrinale della Chiesa è facile, pur partendo con buona volontà, cadere in un’eresia: quella del donatismo.

Il nome dal vescovo di Numidia Donato di Case Nere, che nel 311 si mise a capo di un gruppo di fedeli i quali affermavano la nullità dei Sacramenti conferiti dagli ecclesiastici che avevano tradito durante la persecuzione romana (siamo, infatti, prima dell’editto di Milano promulgato nel 313 dall’imperatore Costantino il Grande). Proprio l’Augusto convocò, nel 314, il Concilio di Arles, i cui partecipanti, tra cui San Mirocle di Milano, condannarono l’eresia di Donato: per la dottrina cattolica, i Sacramenti sono validi se sussistono le condizioni loro proprie di forma, materia, eccetera, ma non la supposta indegnità morale.

Ma quindi, perché parlarne al giorno d’oggi? Sono ormai passati secoli, quale rapporto vi è tra il donatismo e il presente? Ebbene, in un periodo in cui, oggettivamente, la fede cattolica è spesso alterata anche da coloro che dovrebbero, per mandato divino, custodirla, ecco che di tanto in tanto è un punto su cui si ritorna.

In particolare ciò avviene in riferimento al Papa, per cui c’è chi ipotizza che i Sacramenti amministrati una cum Francisco siano invalidi ex sese, in particolare l’Eucarestia. Vediamo il ragionamento: a detta di costoro l’attuale Sommo Pontefice sarebbe eretico e quindi, in forza della bolla Cum ex Apostolatus Officio di Paolo IV, non sarebbe Papa. Lo Spirito Santo, quindi, non agirebbe in quei Sacramenti.

Il ragionamento è, però, scorretto: è vero che è assolutamente proibita la communicatio in sacris con gli eretici giusta gli insegnamenti dell’Aquinate e della Mortalium animos di Pio XI e che, secondo la definizione dei Papi Agapito, Leone XIII e Benedetto XV, è eretico chi prega con gli eretici; ma il magistero della Chiesa ha sempre insegnato che la validità dei Sacramenti non dipende affatto dal celebrare o meno con la Sede Apostolica di Roma e ciò è ampiamente dimostrabile con alcuni esempi, osservando alcune realtà dal punto di vista cattolico:

-i nestoriani (eretici che negano l’unione ipostatica) hanno Sacramenti validi, pur celebrando in comunione coi propri vescovi;

-gli ortodossi (scismatici) hanno Sacramenti validi, pur celebrando in comunione coi propri patriarchi;

-i sedevacantisti (che non accettano l’autorità dei Papi da Giovanni XXIII in poi) hanno Sacramenti validi pur non celebrando in comunione col Papa, e ritengono che siano invalide non tanto le Messe celebrate una cum Francisco, ma quelle celebrate col Novus Ordo Missæ;

-i protestanti hanno Sacramenti invalidi non in forza della loro disunione con Roma, ma per l’interruzione della linea apostolica (si veda, con specifico riferimento agli anglicani, l’Apostolicæ Curæ di Leone XIII) che, negli esempi precedenti, è ancora presente.

Fatta la tara di tutto ciò, possiamo chiederci: perché mai, a causa della mancata fede di un pastore, sia pure il Papa, Dio dovrebbe privare i suoi fedeli della grazia sacramentale? Occorre riflettere e non lasciarsi trasportare da alcuni laici e sacerdoti che affermano, in opposizione al Magistero, una specie di sudditanza dello Spirito Santo alla comunione del singolo celebrante.

Ecclesia Dei

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