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Il Preziosissimo Sangue nella liturgia

Le origini e gli elementi liturgici di una devozione troppo spesso dimenticata.

Una delle devozioni che la tradizione cattolica ci ha trasmesso è quella verso il Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Purtroppo, a differenza di altre, dobbiamo ammettere che il culto, ma anche la sensibilità dei fedeli verso il Preziosissimo Sangue, sono andati diminuendo nel tempo, col risultato che tale devozione non viene particolarmente considerata nemmeno dagli stessi sacerdoti.

Nonostante ciò, il tema del sangue ha sempre rivestito una certa centralità nella storia del cristianesimo. Infatti, non solo esso costituisce un elemento ricorrente nelle scritture, ma, in particolare, diventa protagonista del sacrificio del Signore sulla Croce, quando Egli versò liberamente il proprio Sangue per la nostra salvezza. In ogni celebrazione della Santa Messa si rinnova, in modo incruento, il sacrificio del Signore e, oltre al Corpo di Cristo, anche il Sangue diviene realmente presente sull’altare per essere nuovamente versato in remissione dei peccati.

Stupisce, quindi, che un elemento tanto centrale della fede cristiana passi così facilmente in secondo piano. Purtroppo, a differenza di quanto avviene con altre solennità, la liturgia in questo caso, quantomeno quella celebrata secondo il calendario del 1969, non ci aiuta nel tener viva la devozione al Preziosissimo Sangue, poiché non conserva alcuna data per la sua celebrazione.

In realtà, anche prima del Concilio, la festa liturgica del Preziosissimo Sangue non vantava origini molto antiche, a differenza invece della venerazione verso di esso. Come in tutte le pratiche devozionali della Chiesa, il culto si snodava attorno alle reliquie. I racconti evangelici ci tramandano infatti l’episodio del soldato romano che conficcò la lancia nel costato del Signore, dal quale uscirono sangue e acqua. La tradizione, che ha poi associato il nome di Longino al soldato, vuole che egli abbia raccolto in un vaso il Sangue del Signore per evitare che andasse perduto. Altre reliquie sono invece costituite da frammenti del mantello del soldato stesso, i quali sarebbero stati lambiti dal Preziosissimo Sangue.

Queste premesse sono necessarie per comprendere come la devozione al Sangue di Cristo venisse inserita, di fatto, nel contesto liturgico solo nei luoghi dove si conservavano reliquie del medesimo, piuttosto che laddove vi fossero congregazioni o confraternite erette in onore del Preziosissimo Sangue. Non era tuttavia una festa inserita nel calendario della Chiesa universale e non lo fu fino al 1849. Probabilmente le cause di quest’assenza sono le medesime che, nella storia della Chiesa, hanno riguardato quasi tutte le festività a carattere devozionale (vengono in mente, a titolo di esempio, la Santissima Trinità, il Corpus Domini, il Sacro Cuore e così via), ovvero senza corrispondenza verso precisi momenti della vita del Signore. A ciò si aggiungeva il dibattito riguardo la necessità di dover inserire festività ad hoc per devozioni che, dopotutto, riguardavano non le figure della Vergine o dei santi, bensì aspetti della persona di Cristo medesimo, quindi oggetto di culto e venerazione già nella celebrazione quotidiana della Santa Messa.

Ad ogni modo, tutte queste considerazioni potrebbero tranquillamente applicarsi anche alla solennità del Corpus Domini, eppure quest’ultima venne istituita come festa di precetto per la Chiesa universale da Urbano IV nel 1264, sei secoli prima di quella del Preziosissimo Sangue.

Se una tale differenziazione, da un lato, può risultare poco opportuna, dall’altro non possiamo scordare quanto insegna il magistero della Chiesa circa l’Eucaristia. Richiamiamo a tal proposito alcune affermazioni del Concilio di Trento: «Il Concilio dichiara, inoltre, che quantunque il nostro Redentore, com’è stato detto poco fa, abbia istituito e dato agli apostoli, nell’ultima cena, questo sacramento sotto due specie, bisogna tuttavia confessare che anche sotto una sola specie si riceve Cristo tutto intero e il vero sacramento, e che, per quanto riguarda il frutto, quelli che ricevono una sola specie non vengono defraudati di nessuna grazia necessaria alla salvezza». Come si evince, quindi, anche nel solo pane è presente Cristo nella sua pienezza, ovvero col suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità e, pertanto, anche ai fini del culto eucaristico la venerazione del SS.mo Sacramento sotto la sola specie del pane, che si presta meglio anche per questioni puramente pratiche, non risulta essere “meno completa” a causa dell’assenza del vino.

La presenza di una festività dedicata al culto del Preziosissimo Sangue, pertanto, non si rende necessaria per colmare un vuoto nel calendario liturgico ma, nonostante ciò, rimane una bella occasione di devozione. Fu proprio con questo spirito che Pio IX la introdusse nel calendario liturgico. In particolare, il pontefice ricevette la visita di un sacerdote missionario del Preziosissimo Sangue, don Giovanni Merlini, il quale gli predisse la fine dell’esilio a Gaeta se il papa avesse esteso la festività del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa. Il pontefice accolse la richiesta ed effettivamente, come tutti ben sappiamo, l’esilio ebbe fine in tempo breve.

La festa liturgica inizialmente venne inserita la prima domenica di giugno, come avveniva nei luoghi dove era già uso celebrarla. Fu Pio X che nel 1914 la traslò al primo luglio, data in cui viene tutt’oggi celebrata nella Messa tridentina. Come abbiamo accennato in precedenza, invece, dopo la riforma conciliare, la festa del Preziosissimo Sangue è stata eliminata dal calendario o, meglio, accorpata alla solennità del Corpus Domini, il cui nome completo, secondo le rubriche, è stato, infatti trasformato in «Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo». Se da un lato tale unificazione può anche mostrare segni di ragionevolezza, essendo entrambi gli elementi protagonisti del sacrificio eucaristico, dall’altro è indiscutibile come tale scelta abbia causato una significativa riduzione della diffusione della devozione verso il Preziosissimo Sangue.

Nel post Concilio, l’unica pratica liturgica che ci rimanda, almeno in parte, al tema del Preziosissimo Sangue è la comunione sotto le due specie che viene prevista come possibilità nel contesto di particolari celebrazioni, come, ad esempio, la comunione degli sposi al termine della Messa nuziale. Purtroppo, è uso di sempre un maggior numero di sacerdoti estendere questa consuetudine anche nelle occasioni in cui non sarebbe prescritta, con non pochi problemi di carattere pratico. In ogni caso, si ricordi quanto abbiamo affermato in precedenza, ovvero che anche nella sola specie del pane si trova la presenza reale di Cristo nella sua interezza e, in questo senso, la comunione sotto le due specie non aggiunge nulla se non un più marcato significato simbolico. Per questo motivo, sarebbe comunque bene che essa venisse riservata al solo sacerdote celebrante ed, eventualmente, ai concelebranti.Infine, merita una menzione speciale la celebrazione del primo luglio in onore del Preziosissimo Sangue che avviene ancora oggi in Terra Santa. In questo caso, il culto del sangue si lega maggiormente alla memoria della Passione che non al tema eucaristico e, infatti, la celebrazione avviene nella Chiesa di tutte le Nazioni sul Getsemani, al cui interno si può osservare quanto resta della roccia dell’agonia, ovvero la pietra su cui, la sera prima di patire, il Signore, profondamente angosciato, sudò gocce che si trasformarono in sangue. A ricordo di tale episodio, all’inizio della Messa, i francescani della Custodia di Terra Santa gettano sulla roccia dei petali di rose rosse per simboleggiare il sangue versato.


  • Il culto del Preziosissimo Sangue è in realtà associato alla solennità del Corpus Domini, come esposto più avanti.
  • Concilio di Trento, Sessione XXI, Capitolo III.
  • Cfr. Lc 22, 44

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