La devozione al Sacro Cuore di Gesù è una delle più diffuse tra i fedeli cattolici. Non è raro incrociare luoghi di culto dedicati al Sacro Cuore, imbattersi, all’interno delle chiese, in statue che richiamano tale culto nonché trovare effigi di questo simbolo nelle abitazioni private dei fedeli.
Ciò che forse non molti sanno è che la devozione al Cuore di Gesù non viene annoverata tra quelle più antiche e, infatti, la sua introduzione ufficiale è relativamente recente. Ciò non significa, tuttavia, che un sentimento di pietà popolare non fosse diffuso tra i fedeli già in tempi più lontani, quali gli anni medievali, e a onor del vero, sono gli stessi padri della Chiesa a trattare a più riprese il tema del Cuore di Cristo, non solo perché è un’immagine ricorrente nei Vangeli, ma soprattutto perché si lega indissolubilmente al mistero della Passione.
Fatte queste premesse, tuttavia, è opportuno rammentare come la nascita vera e propria della devozione al Sacro Cuore ebbe origine dalle rivelazioni di santa Margherita Maria Alacoque, monaca vissuta nella seconda metà del seicento e appartenente all’Ordine della Visitazione. Nelle rivelazioni che ricevette, il Signore domandò che la festa del Sacro Cuore venisse inserita nel calendario liturgico e che si sviluppasse in Suo onore la devozione dei primi nove venerdì del mese.
Approfondiamo ora l’aspetto liturgico della devozione al Sacro Cuore, che è ciò di cui vogliamo occuparci in questo articolo. Il primo ufficio liturgico della festa del Sacro Cuore si deve a san Giovanni Eudes e la prima celebrazione liturgica ufficiale avvenne, non a caso, in Francia nel 1672. Successivamente, Clemente XIII nel 1765 concesse formalmente ufficio e messa propria in onore del Sacro Cuore, finché nel 1856 il beato Pio IX la inserì nel calendario universale della Chiesa latina.
I pontefici che si susseguirono ebbero modo di richiamare in molteplici occasioni il tema della devozione al Sacro Cuore. A titolo di esempio, ricordiamo la richiesta di Leone XIII contenuta nell’Enciclica Annum Sanctum di procedere alla consacrazione dell’intero genere umano e l’invito di Pio XI, nella Misererentissimus Redemptor, a recitare l’Atto di riparazione al Sacro Cuore. Purtroppo, negli anni seguenti, già Pio XII percepì un affievolirsi del sentimento verso questa festa, decidendo pertanto di dargli una nuova spinta nella Haurietis aquas, ma nel periodo postconciliare si instaurò una tendenza andata progressivamente in peggioramento e, nel bene o nel male, tutte le devozioni subirono un certo raffreddamento, come ebbe modo di notare lo stesso Paolo VI.
Nonostante ciò, la festa liturgica sopravvisse all’avvento del Novus Ordo con il grado di solennità[1] e mantenne la tradizionale collocazione al terzo venerdì dopo la Pentecoste, ovvero il venerdì successivo l’ottava del Corpus Domini. [2] Il sabato seguente la solennità del Sacro Cuore venne dedicato alla memoria del Cuore Immacolato di Maria che, nel calendario tradizionale, è celebrata il 22 agosto. Il colore liturgico impiegato è il bianco, con l’eccezione del rito ambrosiano che celebra (opportunamente) tale festa in rosso. Inoltre, per onorare la richiesta dei primi venerdì del mese, è consentito al sacerdote celebrare, in tali circostanze, una messa votiva in onore del Sacro Cuore, purché ovviamente non vi siano impedimenti nel giorno liturgico. Concediamoci ora qualche commento di carattere “pratico” riguardo l’inserimento di questa festa nel calendario. Infatti, come si può facilmente intuire, a differenza di molte altre ricorrenze dell’anno liturgico che seguono, in linea di massima, un filo storico e si richiamano ad eventi ben precisi (Natale, Pasqua, l’Ascensione, Pentecoste, ecc.), la festa del Sacro Cuore ha un chiaro sfondo devozionale come, la solennità vicina del Corpus Domini.
Ci si potrebbe pertanto interrogare sull’opportunità o meno di dover garantire agli aspetti devozionali della fede cristiana una collocazione liturgica; simili dibattiti vi furono anche per le feste della Santissima Trinità e, come già accennato, del Corpus Domini. La linea di pensiero, del resto, non è molto complessa; si pensi all’esempio della Santissima Trinità. Il fulcro della nostra fede è esso stesso la Trinità, il primo gesto cristiano che insegniamo ai bambini è il segno della Croce, che racchiude il simbolismo trinitario. La messa è offerta alla Trinità e il richiamo alle Tre Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo, è presente praticamente in ogni passaggio della preghiera della Chiesa. Ma allora c’era la necessità di rimarcare tutto ciò aggiungendo una festa ad hoc per commemorare il mistero trinitario? Analogo ragionamento può essere fatto per il Corpus Domini: non solo l’Eucaristia è di per sé centrale in ogni messa che viene celebrata in qualsiasi giorno dell’anno, ma vi è già la Messa in Coena Domini che ne commemora la sua istituzione sacramentale. Eppure, la Chiesa ha avvertito, in entrambi i casi, la necessità di introdurre giorni di festa dedicati per meditare ulteriormente su tali misteri di fede. Infatti, per quanto queste materie possano essere già sufficientemente definite dal Magistero, non è difficile comprendere come un inserimento liturgico non solo conferisca maggior importanza a un aspetto della fede, ma consenta ai fedeli di notare una corrispondenza immediata tra quella che è una parte centrale della propria fede, ovvero la devozione, e i riti tradizionali della liturgia della Chiesa. D’altronde il Magistero, nella sua complessità, potrebbe faticare nel raggiungere i fedeli più semplici, non così la liturgia. Da qui l’importanza anche delle feste di natura “devozionale” quale, appunto, quella del Sacro Cuore.
Sarebbe doveroso focalizzarsi anche su un altro aspetto: l’inserimento di questa festa, nel contesto liturgico, veicola una maggior influenza non solo a livello sociale, ma anche politico. Non dimentichiamoci che la liturgia è intrisa di segni e di gesti che rivestono centrale importanza e, come è facile dedurre per la loro tangibilità e concretezza, hanno maggior impatto rispetto a quanto possono averlo le sole parole. L’implementazione liturgica consente inoltre una maggior diffusione della devozione stessa e favorisce il naturale sorgere di luoghi di culto e associazioni dedicate a tale scopo. Del resto, durante una delle sue rivelazioni, il Signore chiese a santa Margherita Maria Alacoque di veicolare un messaggio per l’allora re di Francia, Luigi XIV, il Re Sole. Nostro Signore chiedeva che la Francia venisse consacrata al Suo Cuore e che lo stesso venisse rappresentato negli stendardi ufficiali del regno. Il sovrano, com’è noto, non diede ascolto alle richieste della mistica e, nel giro di un secolo, la Francia cadde nel turbine rivoluzionario e il re, Luigi XVI, venne decapitato. Pertanto, si comprende come la spinta della Chiesa verso le devozioni non sottenda solo un desiderio di venire incontro alle necessità dei fedeli, ma veicoli una chiara finalità di contrapposizione contro gli errori e le corruzioni che la società può esprimere in una determinata epoca storica. Ad esempio, l’avvento della festività del Sacro Cuore fu di matrice antigiansenista. I giansenisti ritenevano un atto di idolatria la possibilità di rendere culto al Cuore di Cristo, accusa a cui la Chiesa rispose nella bolla Auctorem Fidei di Pio VI, nella quale il papa, tra le altre cose, rammentò come il Sacro Cuore sia indissolubilmente unito alla Persona del Verbo. Negli anni più vicini a noi, Pio XI era solito contrapporre la devozione al Sacro Cuore come baluardo contro le ideologie che andavano diffondendosi negli anni delle due guerre mondiali, sia quelle interne alla Chiesa, che le ideologie politiche totalitarie. Infine, Pio XII ribadì l’importanza di tale devozione contro una «società inquinata di indifferentismo religioso e ligia ai principi del materialismo ateo e del laicismo». [3]
Queste esortazioni ci sembrano particolarmente significative se applicate ai nostri tempi, in cui la maggior parte delle persone, credenti o meno, sembrano non interessarsi più alle questioni religiose ma possedere esclusivamente una visione orizzontale delle cose. In quest’ottica, il richiamo che la Chiesa ci propone, attraverso la liturgia, verso aspetti devozionali di primaria importanza per la nostra fede, non dovrebbe lasciarci indifferenti, ma essere occasione per riscoprire un patrimonio oggi sempre più spesso dimenticato.
Infine, la collocazione liturgica della solennità del Sacro Cuore nel giorno di venerdì ci ricorda l’intrinseco legame con la Passione del Signore, mentre la vicinanza al Corpus Domini ci rimanda al mistero eucaristico. Del resto, il supplizio della Croce, a cui il Signore volontariamente si sottopose, è il più grande segno d’amore che la storia dell’uomo possa aver mai testimoniato e non vi sarebbe miglior modo, nella liturgia della Chiesa, che esaltare tale significato con la celebrazione del Cuore di Gesù, ricco d’amore per ogni uomo.
- Nel Missale Romanum del 1920 la festa è riportata come doppio di prima classe con Ottava privilegiata di terzo ordine.
- In realtà, pur essendo la collocazione ufficiale quella sopra riportata, per la festa del Sacro Cuore e di san Luigi erano in vigore dei decreti della Sacra Congregazione dei Riti che prevedevano la possibilità di una traslazione di queste feste in data più adatta per meglio favorire la pietà popolare. Detta traslazione, tuttavia, poteva avvenire esclusivamente con il consenso dell’Ordinario
- Cfr. Pio XII, Enciclica Haurietis aquas, Cap. I.