Quaresima come “Ascesi”
Il termine “ascesi” non è molto abituale nel nostro linguaggio. E forse neppure nel nostro stile di vita. Siamo tutti un po’ debitori del nostro tempo e della cultura che lo caratterizza, certo non molto propensa al sacrificio e alla rinuncia. Può darsi che in passato si sia anche insistito troppo su rinuncia e sacrificio, soprattutto dimenticando di ricordarne con cura le motivazioni più vere. La storia, anche della spiritualità, conosce sempre la legge del pendolo: da una parte e dall’altra, troppo o troppo poco.
Certamente la Chiesa, nella sua sapienza, non dimentica neppure oggi di richiamare l’ascesi, quale componente importante anche del percorso quaresimale. E’ decisivo richiamarne la motivazione fondamentale. La motivazione è l’amore. Chi, in effetti, anche nelle realtà umane, non è pronto a grandi sacrifici e a grandi rinunce per amore di una persona amata, di un ideale grande, di uno scopo alto che ci si è prefissi di raggiungere? Chi potrebbe obiettare che, in tutti questi casi, come in altri, è l’amore che sospinge e che neppure fa avvertire il peso della rinuncia e del sacrificio? Come affermava sant’Agostino, da grande conoscitore del cuore umano: “Quando si ama, non si fatica, o, se si fatica, questa stessa fatica è amata”.
D’altra parte, non è stato l’amore infinito di Dio a esigere – mi si passi questo termine – il sacrificio della croce? Non è stata la misericordia infinita del Cuore di Gesù a dettare la Sua adesione incondizionata al disegno del Padre, che lo avrebbe condotto alla Passione e alla Morte?
Una domanda, allora, si impone: non sarà che una certa ritrosia davanti alla prospettiva di una vita ascetica più severa riveli, in realtà, una deficienza nell’amore? E’, poi, esperienza comune a tutti noi: quando, qualche volta, abbiamo compiuto sacrifici e rinunce nelle cose che riguardano Dio, ci siamo ritrovati più innamorati. Se il sacrificio e la rinuncia sono il frutto di un grande amore, è anche vero che la rinuncia e il sacrificio sono un seme prezioso per la crescita dell’amore.
Così ritrovati, rinuncia e sacrificio sono parte integrante di un itinerario di conversione che desideri essere una vera conversione a Cristo e al Suo amore.
Potrà esserci utile ricordare quanto annotava santa Teresa d’Avila, a proposito della sua personale esperienza: “Gli esercizi della vita religiosa mi erano deliziosi, e provavo soprattutto una speciale compiacenza quando mi capitava di dover spazzare in quelle ore che prima ero solita dedicare alla vanità. Rimanevo stupita io stessa, non sapendo da dove ciò provenisse. Sentivo di vedermi finalmente liberata da tutte le mie miserie. Al ricordo di quell’intima soddisfazione non c’è cosa che oggi io non sia pronta a fare, per difficile che sia. L’esperienza che ho avuta di molti casi simili, mi ha fatto ormai comprendere una verità: in premio della piccola violenza che debbo fare in principio per risolvermi a certe cose, il Signore è sempre pronto a ricompensarmi fin da questa vita con favori che possono essere apprezzati soltanto da chi li gode”.
L’apostolo Paolo, lo ricordiamo certamente tutti, usa, e non solo un volta, la suggestiva immagine della corsa, al fine di illustrare una vita cristiana fervorosa. Soffermandosi, poi, su questa immagine, egli guarda a coloro che, per raggiungere una meta semplicemente umana e una gloria solo terrena, si sottomettono a sacrifici di ogni genere, pur di conseguire il risultato sperato. In tal modo, l’ascesi cristiana appare come la diretta conseguenza di un amore per il Signore non ancora appagato, di un desiderio di Gesù che quasi impone un esercizio assiduo pur di essere placato, di una volontà ferma e disposta a tutto pur di vivere in pienezza la comunione di vita con il Signore.
Chi è amato e ama corre, non si accontenta di camminare. L’impressione che si ha nella vita dei santi, in effetti, è che su di loro incomba quasi un’ansia. La corsa diviene in loro una necessità abituale, non un atto da compiere nell’entusiasmo di un momento. E’ un abito di sollecitudine, di amorosa impazienza nel rispondere a Dio che investe tutto l’essere, di prontezza a lasciare tutto ciò che, in un modo o nell’altro, possa impedire la risposta all’Amato. In realtà, se è vero e non facile illusione, l’amore attrae irresistibilmente e la sua intensità determinerà l’intensità della nostra ascesi, intesa come ricerca di Dio.
Scrive san Gregorio Nazianzeno: “L’anima liberata dalle cupidigie terrene si fa più ardente di giorno in giorno e cammina sempre più velocemente salendo a mete più eccelse. E così, con un desiderio costantemente accresciuto, sorge e vola sempre più in alto”.
Domandiamoci, allora, in quale forma e secondo quale intensità è presente la dimensione ascetica nella nostra vita personale e comunitaria. Domandiamoci, anche e soprattutto, se rinunce e sacrifici, sia accolti dalla vita sia ricercati volontariamente, sono da noi abbracciati quali forma di un amore che desidera con tutte le proprie forze corrispondere alla chiamata dell’Amato.
Preghiamo con fervore, chiedendo che il tempo della nostra conversione a Gesù possa caratterizzarsi per un tempo di più generosa ascesi.
Fonte: https://www.donguido.it/meditazione-per-la-quaresima/