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Il vescovo che non vuole essere vescovo

Sono alla ribalta delle cronache locali le decisioni “umili” del vescovo eletto di Vicenza, Mons. Giuliano Brugnotto: dalla rinuncia allo stemma episcopale alla semplicità delle insegne rigorosamente non ex-novo, ma riciclate da mons. Pizziol. Forse riutilizzerà anche le scialbe omelie del predecessore?

Mons. Giuliano Brugnotto, trevigiano di origine, vescovo eletto alla cattedra di Vicenza il 23 settembre scorso e fino ad all’ora Vicario Generale della diocesi natia, come moderna consuetudine, si “lancia in pasto” ad una giornalista del settimanale della diocesi della Marca, “La Vita del Popolo”, con cui si intrattiene per spiegare i punti cardine del suo episcopato nella terra vicentina. Uno su tutti la usata e abusata sobrietà.

Ovviamente, oserei dire immancabilmente, si va subito a sparare a zero sulla povera e bistrattata liturgia. Sua Eccellenza Reverendissima (chissà se si farà mai chiamare così, per lasciare il posto al più fraterno e sinodale nominativo di “don”) «sta caratterizzando le sue scelte sulla sobrietà, da quella di non avere un proprio stemma a quella di accettare il dono di vesti e oggetti liturgici “usati”, a cominciare dal pastorale, messo a disposizione dal vescovo Pizziol». Verrebbe spontaneo chiedersi: come «vesti e oggetti liturgici “usati”» si intendono anche paramenti e suppellettili pre-riforma, vero? Più usato garantito di quelli! Oppure si andrà a parare sulle poco ecologiche casule di ogni taglio, forma e nuance pastello, di plastica o materiali simili? Penso siano domande abbastanza retoriche. Mi raccomando: nulla che abbia un vago ricordo di latino, nemmeno in una cattedrale ricca di storia come quella di Vicenza, dove lo scalone di accesso al presbiterio ci ricorda che in origine il Santo Concilio di Trento doveva essere celebrato in quella medesima basilica, ma… i piani del Signore non sono quelli degli uomini.

Un detto dice: «il pesce puzza dalla testa» (ovviamente lo stoccafisso in questo caso, vista la provenienza della nota e prelibata ricetta culinaria). E se ciò lo trasportiamo alla diocesi di San Gaetano Thiene, liturgicamente parlando, la Cattedrale potrebbe essere la testa purulenta del pesce, mentre la diocesi è un corpo in piena metastasi. Difatti le comunità cristiane sotto il manto celeste della Vergine di Monte Berico, non spiccano certamente di grande competenza e splendore liturgico. Non pretendiamo che in ogni parrocchia sia celebrato il Rito Antico (cosa ormai impossibile per le ben note ragioni), ma per lo meno seguire le semplici rubriche del Messale di San Paolo VI. Lo stesso Santo Padre, nella per certi versi tristemente nota Desiderio Desideravi, ha messo in guardia dai molteplici abusi liturgici che vengono perpetrati a danno delle anime dei fedeli, ma a quanto pare se non si parla di ecologia, fraternità e sinodalità, il clero fa “orecchie da mercante”. Ma auspichiamo un rinnovamento di fedeltà alla liturgia da parte del nuovo episcopo, anche se le premesse…

Non da ultimo viene citata la scelta di non avere uno stemma episcopale (come previsto da secoli). Come mai? Un richiamo all’ignorantemente detto “periodo buio” del Medioevo? Oppure un po’ di pigrizia nel pensare ad uno stemma teologicamente valido? Un segno identitario e soprattutto di comunione come quello dello stemma episcopale non può mancare al giorno d’oggi, in un modo pieno di loghi (perché fondamentalmente lo stemma del vescovo è un logo che identifica la persona e la sua funzione), dove le immagini comunicano più delle parole. Ma dov’è la chiesa che vuol essere al passo coi tempi? Una chiesa aperta al mondo e alle istituzioni? Ah già! Le istituzioni che nel giorno dell’ingresso sembrano dimenticate, o meglio, relegate ai primi banchi della Basilica major della diocesi.

Una nota di merito, però va data. La scelta di destinare le offerte per l’allestimento di un ospedale in Pakistan è un sintomo di un’apertura alla vera carità. Ciò che viene offerto nel sacrificio eucaristico, con il pane e il vino, diventa seme che germoglia in situazioni di disagio e difficoltà. Certamente con i palloni non ci costruisci una casa per i senza fissa dimora, ma questo è un altro argomento… Speriamo che le pianete, che certamente saranno utilizzate solo come pezzi da museo, non siano ritenute robaccia e vendute ai collezionisti per finanziare altre opere caritative per ovviare alla pigrizia dei fedeli troppo impegnati ad usare il proprio denaro per i regali natalizi.

Con ciò non mi resta che augurare al neo vescovo (se mi consente di denominarlo con questo titolo) un fruttuoso ministero, facendo cambiare rotta ad una chiesa locale ormai allo sfacelo. Il Titanic è già stato affondato anni fa, non ripetiamo l’errore, Eccellenza.

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