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In che senso brucia il fuoco dell’inferno

Com'è possibile che un elemento materiale come il fuoco, sperimentabile solo attraverso i nostri sensi corporali, possa influire su qualcosa di puramente spirituale quale è la nostra anima?

L’inferno esiste? Molte persone oggi, risponderebbero di no. Dio è misericordioso e perdona tutto, non c’è bisogno di star troppo a pensare a un luogo dove l’anima verrà punita per aver condotto una vita dissoluta ed essere morta in peccato mortale. Questa è l’idea che ormai molte, troppe persone hanno dell’inferno. Per non parlare poi di quelle persone stolte che pensano che il Paradiso è un luogo noioso, e quindi almeno all’inferno ci si può divertire un po’. Dio ci scampi e liberi da queste menzogne diffuse dalla bestia infernale nemica di Nostro Signore Gesù Cristo e della Sua Santissima Madre. Ricordiamo infatti che l’inferno viene descritto dal venerabile catechismo di San Pio X come «il patimento eterno della privazione di Dio, nostra felicità, e del fuoco, con ogni altro male senza alcun bene».[1]

L’Inferno è dunque un punto di non ritorno ed è dove l’anima sperimenterà la pena eterna per aver rifiutato fino alla fine la Grazia di Nostro Signore. L’immagine tradizionale che associamo alla sofferenza dell’inferno è il fuoco. Tale sofferenza è rivelata anche da molti santi: basti pensare a ciò che la Beatissima Vergine fece vedere ai tre pastorelli di Fatima, oppure alle terrificanti visioni avute dalla santa suora Faustina Kowaska. Ciò che però su cui oggi vogliamo riflettere, da un punto di vista filosofico-teologico è in che senso bruci il fuoco dell’inferno. Ci chiediamo quindi precisamente: com’è possibile che l’anima, puro spirito, possa sperimentare la sensazione del fuoco, che rimanda direttamente a qualcosa di corporale? Da un punto di vista filosofico questo risulta essere quasi inconcepibile poiché significherebbe che il corporeo, tradizionalmente inteso come inferiore, riesca ad agire sull’incorporeo, inteso invece come superiore. Di questa questione ce ne parla Maria Bettetini, in un capitolo del suo libro dedicato alla questione della finzione nel medioevo occidentale.[2]

La Bettetini cita in particolar modo tre autori autorevolissimi: Sant’ Alberto Magno, il suo compagno di studi San Tommaso e Sant’ Agostino. Il primo di questi «ritiene che il fuoco agisca sugli spiriti non in quanto elemento materiale, pur essendo tale, ma come instumentum divinae iustitiae, fortunata formula che attribuisce al fuoco corporale una particolare forza per agire su una forza spirituale (per quanto degradata dal peccato)»[3]. San Tommaso riprende questa posizione di Sant’Alberto Magno aggiungendo che il fuoco sia reale ma non bruci l’anima. La sua sofferenza consiste piuttosto nel fatto che questo fuoco «trattiene l’anima, le impedisce tutte le possibili operazioni volontarie, tra queste, quelle di contemplare Dio»[4]. Dunque per l’aquinate «il fuoco non produce sofferenza in quanto fuoco, ma in quanto elemento che costringe l’anima che nata fuit per fruitionem uniri, in un luogo infimo e da Dio separata».[5] 

Come ultimo vediamo la posiziona assunta da Sant’Agostino, il quale sostiene che la sensazione sia frutto di un’azione attiva dell’anima sul corpo. Sant’Agostino tiene sempre come punto di riferimento quel principio per cui l’inferiore deve stare sottomesso al superiore, per cui dato che il corpo è inferiore all’anima, esso non può in alcun modo agire su di lei. Per quanto riguarda quindi la questione della sensazione dell’anima in riferimento al fuoco dell’inferno, la Bettetini definisce la soluzione agostiniana molto più realistica rispetto a quella di san Tommaso. Spiega infatti «se è l’anima protagonista assoluta del sentire, [e non il corpo, ndr] liberata dal corpo potrà allora percepire ancora meglio i bruciori delle fiamme infernali». [6]

È evidente che in questo articolo abbiamo semplicemente accennato alla questione della sensazione del fuoco infernale da parte dell’anima, e certamente non pretendiamo che sia esaustivo poiché per ciascun autore sarebbe necessario uno studio assai approfondito. Speriamo tuttavia di aver suscitato la curiosità del lettore e di essere stati, nel limite del possibile, il più chiari possibile nell’esporre quali sono state le principali risposte che alcuni santi hanno dato a questa questione. Che la Vergine Santissima ci liberi dalle fiamme dell’inferno e ci guidi piuttosto verso quella pace e quella gioia che Nostro Signore ha preparato per noi fin dall’eternità.


Note

  1. San Pio X, Catechismo Maggiore della Dottrina Cristiana n. 17, Fede e Cultura, Lavis Marzo 2016, p.16.
  2. Cfr. M. BETTETINI, Se il fuoco dell’inferno sia vero o finto, in Figure di verità: la finzione nel Medioevo occidentale, Einaudi, Brenta 2004, pp. 69-96.
  3. IVI, p.82.
  4. IVI, p.84.
  5. IVI, p.85.
  6. IVI, p.94.

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