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Iniziano i giorni della meraviglia!

La Chiesa ci propone nove passi verso Betlemme per rinnovare il nostro stupore dinanzi al Mistero del Natale e prepararci ad accogliere Dio che nasce uomo da Maria nella grotta di Betlemme, nella notte in cui gli angeli cantano “Gloria a Dio, pace agli uomini amati dal Signore”.

Carissimi Fratelli e Sorelle, sia lodato Gesù Cristo!

La Chiesa ci propone nove passi verso Betlemme per rinnovare il nostro stupore dinanzi al Mistero del Natale e prepararci ad accogliere Dio che nasce uomo da Maria nella grotta di Betlemme, nella notte in cui gli angeli cantano “Gloria a Dio, pace agli uomini amati dal Signore”, e i pastori, pieni di gioia, vedono il bambino “avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia”! Possono sembrarci una piccola cosa questi passi, e sono invece qualcosa di grande! Intrapresi dopo una giornata intessuta di tanti passi quotidiani, essi esprimono il nostro bisogno di novità: il bisogno che sentiamo fremere dentro di noi se ci fermiamo a constatare che tutto è come afferrato dalla vecchiezza… Quanta vecchiezza, amici! Lo dobbiamo ammettere, ce lo dobbiamo dire. Quanta vecchiezza nel modo di pensare, di guardare alla realtà, di affrontare la vita, i problemi della società e quelli della Chiesa che vive nel mondo, ma non è di questo mondo… Quanta vecchiezza nel più o meno consapevole “conformarci a questo mondo”, direbbe san Paolo (Rom 12,2), alle sue presunte novità che, ad uno sguardo attento, si rivelano vecchie e stantie nel momento stesso in cui si mostrano come novità… Il “nuovo” non necessariamente è “diverso”: “nuovo è ciò che è vero”, anche se già mille volte ascoltato. La Novena di Natale, proprio questa novità ci presenta ogni anno con i suoi testi meravigliosamente ricchi di verità. Lungo i nove passi della Novena, due anni fa, abbiamo contemplato, nella meditazione, l’attesa del Natale vissuta da Maria, da Giuseppe, da altre persone nei mesi che immediatamente precedettero l’evento; l’anno scorso, abbiamo tratto spunto per la meditazione dalle Antifone maggiori. Quest’anno ci soffermeremo sugli altri testi della Novena, a partire – è la meditazione di questa sera – dal ritornello “Regem venturum Dominum, venite adoremus” con cui rispondiamo al cantore che fa risuonare le voci dei Profeti annuncianti all’antico Israele il Messia-Salvatore.

Iniziano i giorni della meraviglia!

1. Regem venturum Colui che sta per nascere e che noi attendiamo è il nostro “Re”. “Re” viene da regere: reggere, sostenere, guidare… DirGli: Tu sei il nostro Re significa dirGli, come la Chiesa canta nell’inno di IX, nella Liturgia delle Ore: Tu sei “rerum Deus tenax vigor”, Tu sei il “tenace vigore degli esseri”: della realtà, cioè di tutto ciò che esiste; Tu sostieni – “tieni su” – sorreggi la mia vita, come sostieni il cosmo intero, che svanirebbe nel nulla in un istante se Tu, con la forza del Tuo amore, non lo conservassi nell’esistenza… Svanirebbe nel nulla in un istante, poiché dal nulla è stato tratto, ed il segno di questo è la precarietà, il limite che lo caratterizza, che caratterizza ogni creatura, proprio perché essa non è Dio ed ha bisogno di sostenuta, “tenuta su”! Sorregge e guida. Attraverso la legge di natura che Egli ha posto nel creato, e per la creatura umana, dotata di libertà e di ragione, anche attraverso la Sua parola che illumina l’impostazione della vita, poiché il sole, la luna, l’animale, il vegetale realizzano se stessi per il fatto stesso di esserci; l’essere umano, invece, deve scegliere come esserci. Per questo, Dio è venuto Lui stesso, facendosi Uomo e condividendo la vita umana. Per questo, interpella la ragione e la libertà dell’uomo, il quale ha la facoltà di dire sì all’amore di Dio, al progetto divino, o rifiutarlo: con conseguenze che sono, nel primo caso, la realizzazione di sé, nell’altro la propria rovina. 2. Venite adoremus. Venire significa muoversi verso Colui che sta per nascere. Non c’è nulla di automatico nel rapporto con Lui, nulla che accade senza un atto libero della nostra volontà. L’amore di Dio c’è, la Sua misericordia continuamente è offerta, ma l’uomo la deve accogliere. E accogliere significa accettarla come essa è, con ciò che chiede, non decidere noi che cosa essa sia e le condizioni a cui accoglierla. Questo venire è il cammino della fede, della speranza e della carità. Della fede: “Un’adesione personale di tutto l’uomo a Dio che si rivela. Comporta un’adesione dell’intelligenza e della volontà alla Rivelazione che Dio ha fatto di sé attraverso le sue opere e le sue parole”. Della speranza: “la virtù teologale per la quale desideriamo il Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo ed appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto dello Spirito Santo”. Della carità: “la virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per se stesso, e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio” (CCC. 176, 1817, 1822). Adorarlo: il breve, bellissimo Salmo 100 ci offre la vera dimensione dell’adorare. “Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. / Riconoscete che il Signore è Dio; egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. / Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome; / poiché buono è il Signore, eterna la sua misericordia, la sua fedeltà per ogni generazione”. L’adorazione inizia dalla gioia (primo versetto del salmo), dall’esultanza con cui ci avviciniamo a Dio; non si tratta di allegria, sempre e comunque: l’allegria è la manifestazione della gioia nei momenti lieti, e tanti della nostra vita non sono tali… Si tratta della fiducia che il credente pone in Dio, riconoscendo (secondo versetto) che “il Signore è Dio; egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo”: una fiducia che si fonda sull’amore di Dio che mai viene meno; una fiducia che nel riconoscimento di Chi è Dio diventa umiltà. Gioia e umiltà, umiltà gioiosa, sono l’atteggiamento che fonda l’adorazione e che introduce in un cammino: un movimento, dei passi…, poiché l’adorazione non è “star fermi”, ma muoversi verso Dio, mettersi “faccia a faccia”, come dice il termine “adorare”, un movimento del cuore, degli occhi, del volto, un volgersi a Lui. Il salmo lo esprime dicendo: “Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome” Le porte precedono gli atri! Il ringraziamento precede la lode, è il motore per la lode e questa è espressione di gratitudine per ciò Dio è e per ciò che ha fatto, fa e farà per noi. “Buono – infatti – è il Signore, eterna la sua misericordia, la sua fedeltà per ogni generazione”. Quante cose ci insegna, Fratelli e Sorelle, questo “Regem venturum Dominum, venite adoremus”! Camminiamo con gioia pensosa verso Betlemme! Sia lodato Gesù Cristo!

Mons. Edoardo Aldo Cerrato
vescovo di Ivrea

Meditazione nel primo giorno della Novena di Natale Ivrea, Cattedrale, 16 Dicembre 2014


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