«Ipsi peribunt, tu autem permanes; et omnes sicut vestimentum veterascent.»
Psalm 101, 27
Dall’istituzione della Santa Chiesa, mirabilmente fondata dal Signore nostro Gesù Cristo, suo Corpo Mistico, fino all’ora presente si sono susseguiti ben duecentosessantasei papi.
Hilaire Belloc, stimato storico cattolico dei secoli appena terminati, denotava in questo fatto una delle prove della divinità della Chiesa: a detta sua, infatti, Essa è inevitabilmente divina, non essendo possibile che degli uomini testoni e disorganizzati abbiano potuto mantenere in vita un’istituzione bimillenaria, soprattutto a fronte di quel miliardo di persecuzioni che la Chiesa Cattolica si è trovata sempre sull’uscio di casa.
Fin qui, tutti di comune accordo.
Come, del resto, è assolutamente impossibile che la Chiesa Cattolica si sia sempre conservata tale – senza un qualche aiuto divino – a fronte di un fatto inequivocabile per molti: chi ha retto nei secoli la Chiesa, non ha potuto reggerla dal suo inizio alla sua fine.
Infatti, da quanto ci risulta, tutti e duecentosessantasei pontefici della Santa Chiesa Cattolica hanno dovuto appendere le scarpe al chiodo e rendere la propria anima al legittimo Proprietario che, a Suo tempo, gli aveva dato l’essere.
Chi prima, chi dopo.
Chi in maniera atroce, chi per morte naturale.
Chi in esilio, chi nella residenza papale in San Pietro.
Insomma, tutti i vari Pio, Lucio, Sergio, Benedetto e Gregorio hanno dovuto abbandonare la valle di lacrime per presentarsi di fronte al Divin Giudice.
«E quindi? – direte voi – che cosa ci state dicendo, a parte l’ovvio?».
Ecco, a giudicare dai fatti di cronaca che ormai, con stile nebuloso, pervadono l’Apostolica Sedes Vacans, sembra che questa cosa non sia più tanto ovvia.
La morte di papa Francesco ha colto molti fedeli impreparati. Fa pensare, certo, ma è proprio questo il vero problema della chiesa dei nostri giorni.
Dice sant’Alfonso che a tutto si pensa, fuorché al Signore. Mai come in questi giorni abbiamo avuto la prova granitica di queste parole.
«Ma come – si chiedono in tanti – è morto?».
Così risulta, rispondiamo noi, aggiungendo anche che di fatto così ci risulta per tutta la progenie di Adamo, nessuno escluso. Pensate un po’, nemmeno papa Francesco è scampato, alla fine.
Tutti gli uomini devono trovarsi su quel letto di morte, con il crocifisso al capo e la candela ai piedi.
Tutti questi accordi iniziali nutrono le fondamenta di una riflessione più attenta, maturata in questi anni di pontificato. Tanti fedeli, sgomenti e pietrificati come merli di fronte alla morte del Papa, sono cascati giù dal pero del cristianesimo naturalista e hanno scoperto che il peccato originale ti fa morire anche se non ci pensi o continui a sostenere la sua inesistenza. Oppure che, alla fine della fiera, forse, non serve a nulla dannarsi l’anima per le cose di quaggiù, visto che alla fine tutti devono diventare polvere, chi prima chi dopo.
«Ma come? Allora la morte non è sparita?»
Eh no, anche se di fatto molti si sono impegnati, e si impegnano oggi nella Chiesa, per farla sparire. Oggi, infatti, tantissimi fedeli vivono come le dive televisive che, dopo che i disegni della Provvidenza hanno disposto il visto per passare il varco della settantina, continuano a immergere il capo in tonnellate e tonnellate di trucco per cercare di coprire il decadimento del loro corpo. E si arrabbiano pure quando qualcuno si permette di far notare loro che, insomma, si vede. E non solo si vede, ma fa pure ridere.
Guai parlare della morte, è cosa superata. Meglio affrontare le sfide dei nostri tempi!
Morte? Peccato? Decadenza? Giudizio?
I funerali a questi concetti, a detta di questi fedeli, erano già stati fatti.
Tutti i suddetti termini avevano abbandonato queste terre, insomma. Il cattolico di oggi è orfano della sua religione perché è stato condotto per il sentiero (apparentemente largo e arioso) del cristianesimo naturale, quello dove basta fare beneficenza, essere onesti cittadini, piantare gli avocado e digiunare dal gas per avere la tessera del partito degli amici di Gesù.
Ormai, sembra che la religione cattolica sia diventata l’I.N.P.S., una sorta di previdenza del “vivere bene e felici” dove si aiuta il prossimo a diventare più benestante e ricco, materialmente parlando.
Ma la Chiesa non serve per migliorare gli uomini quaggiù, facendoli gozzovigliare con la favoletta del Pecca Fortifer. Niente affatto. Come tutte le cose false, arriva il momento in cui la verità non si riesce più a nascondere, e qui iniziano i guai.
Durante questo pontificato, sicuramente, il fumo era tanto e l’arrosto era poco. Non è questa la sede per discutere sopra questo argomento, ma ci sono verità che non serve dimostrare perché si dimostrano da sole: non è normale che la setta massonica, condannata sonoramente dal Magistero Pontificio per qualcosa come due secoli, improvvisamente elevi agli onori degli altari dell’umanesimo il papa. Uno, due domande, se le dovrebbe anche fare.
Il cristianesimo infettato dal modernismo è nocivo per le anime perché le porta lontano dalla realtà più concreta, Così facendo il cristiano si convince di essere un bravo seguace, ma di fatto poi pasticcia e, confuso nel mondo, perché ormai lo ha sposato sotto il pretesto della “chiesa in uscita”, perde anche se stesso. Una delle osservazioni più interessanti, a proposito dei modernisti, l’aveva pronunciata lo stesso san Pio X quando aveva fatto notare che i modernisti, proprio perché tali, sono convinti di essere cattolici, ma di fatto sono astronomicamente lontani dalla religione di Gesù Cristo.
Siccome, infine, hanno vissuto nella chiesa degli uomini, quella, per intenderci, dove i peccati non esistono, dove la presenza reale di Cristo è nei poveri e dove si portano in processione le canoe con le diavolerie degli sciamani amazzonici, è normale che la morte del pontefice li lasci con il fango sotto le scarpe.
La missione della Chiesa è quella di prendere le anime, convertirle a Gesù Cristo, prepararle alla morte e portarle in Paradiso. Non esiste per altro.
Adesso, invece, questi fedeli si sono scontrati con il granito e hanno visto il Papa lasciare l’esilio terreno, ed ecco che la paura prende il sopravvento. Perché, se non si teme la morte, se non si prepara il trapasso e gli insegnamenti della Chiesa vengono sempre scalpellati per andare d’accordo con i senza-Dio, è ovvio che finisce male. E ci si fa male, spiritualmente e per l’eternità, purtroppo.
Perché, a furia di scalpellare, finisce che rimani con una religione umana, amorfa, un blocco di pietra grezzo, buono solo ad essere buttato sul ciglio della strada. Niente a che vedere con la Civitas Dei che deve stare sul monte: la “chiesa in uscita” si confonde nel mondo, e finisce per uscire anche da se stessa.
Non ti serve neanche a vivere bene, perché per vivere bene qua, in questo esilio terreno segnato dalla ferita del peccato originale, ti serve la religione vera, quella con la R maiuscola. La quale, sicuramente, non è quel naturalismo ecologista-umanista-poverista-sentimentalista – e altre robe che finiscono o in -ismo o in -ista – che abbiamo, purtroppo, vissuto a lunghi tratti in questo pontificato.
Se il soprannaturale non è la cosa più naturale per il cattolico, si finisce, di fatto, di essere tali. Svuotato di tutto il suo contenuto, il cattolicesimo diventa un’aspirina per vivere bene senza spazio per la morte. La polvere sotto il tappeto, però, lì rimane, nessuno la sposta.
La morte di papa Francesco è una testimonianza, per i cattolici veri, di quello che è, possiamo dirlo, ovvio: tutti devono affrontare la morte, esiste un giudizio, con un solo peccato mortale c’è la dannazione eterna, dobbiamo sforzarci per arrivare in Paradiso. Per chi, invece, ha abbracciato il modernismo esagerato, è un monito: bisogna tornare a pensare ai Novissimi, evitando di perdersi dietro alle cose inutili per la vita eterna. Distacco dal mondo, distacco dall’io, distacco dal demonio e dalle sue pompe, i tre nemici giurati che padre Tanquerey denuncia nel suo Compendio. Perché, anche se si decide di storpiare e sfigurare la religione cattolica, i Novissimi rimangono sempre lì.
Urge, pertanto, cominciare a riconsiderare l’importanza dell’affare eterno, il baricentro deve tornare su Dio, l’uomo deve essere messo al secondo posto.
Perché la Salvezza viene da Dio, non dagli uomini.