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Joseph Ratzinger: “Il Carnevale. Dio non è il nemico della nostra libertà, ma il suo fondamento”

Il carnevale non è certo una festa religiosa. Tuttavia non è concepibile senza il calendario delle festività liturgiche. Perciò una riflessione sulla sua origine e sul suo significato può essere utile anche per capire la fede.
Carnevale
Il fondamento della nostra libertà

Il carnevale non è certo una festa religiosa. Tuttavia non è concepibile senza il calendario delle festività liturgiche. Perciò una riflessione sulla sua origine e sul suo significato può essere utile anche per capire la fede.

Le radici del carnevale sono molteplici: ebree, pagane, cristiane, e ci rimandano ad aspetti comuni dell’uomo di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Nel calendario delle festività ebraiche al carnevale corrisponde grosso modo la festa dei Purim, che ricorda la salvezza di Israele dall’incombente persecuzione degli ebrei nel regno di Persia, salvezza conseguita, secondo il racconto biblico, dalla regina Ester.
La gioia scatenata con cui la festa viene celebrata vuol essere espressione del senso di liberazione che, in questo giorno, non è solo memoria , ma promessa: chi è nelle mani del Dio di Israele, è libero in partenza dalle insidie dei suoi nemici.
Al tempo stesso, dietro questa festa scatenata e profana, che aveva e ha tuttavia il suo posto nel calendario religioso, c’è quella conoscenza del ritmo del tempo, validamente espressa nel libro di Qoèlet.
Tutto ha la sua ora e c’è un tempo per ogni cosa sotto il sole: un tempo per la nascita e un tempo per la morte, un tempo per piantare e un tempo per cogliere ciò che si è piantato…un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per lamentarsi e un tempo per ballare” (Qo 3,1ss.).
Ogni momento non è il momento giusto per ogni cosa: l’uomo ha bisogno di un ritmo, e l’anno gli dà questo ritmo, nel creato e nella storia che la fede presenta nel corso dell’anno.

Siamo così giunti all’anno liturgico, che fa percorrere all’uomo l’intera storia della salvezza nel ritmo del creato, ordinando e purificando così il caos e la molteplicità del nostro essere. In questo ciclo di creazione e storia non è tralasciato nessun aspetto umano, e solo così viene salvato tutto ciò che è umano, i lati oscuri come quelli luminosi, la sensorialità come la spiritualità. Tutto riceve il proprio posto nell’insieme che gli dà un senso e lo libera dall’isolamento.

Perciò è sciocco voler prolungare il carnevale come vorrebbero affari e scadenzari: questo tempo arbitrario diventa noia, perché in esso l’uomo diviene soltanto creatore di se stesso, è lasciato solo e si trova davvero abbandonato. Il tempo non è più il molteplice dono del creato e della storia, ma il mostro che divora se stesso, l’ingranaggio vuoto dell’eternamente uguale, che ci fa girare in un cerchio insensato e che distrugge infine anche noi.

Ma torniamo alle radici del carnevale. Accanto ai precedenti ebraici ci sono quelli pagani, il cui volto truce e minaccioso ci fissa ancora dalle maschere dei paesi alpini e svevo-germanici. Qui si celebravano i riti della cacciata dell’inverno, dell’esorcismo delle potenze demoniache: nel mutare del tempo si avvertiva la minaccia del mondo, la nuova creazione della terra e della sua fertilità doveva essere protetta contro il nulla a cui si avvicinava il mondo nel sonno dell’inverno.
A questo punto possiamo notare qualcosa di molto significativo : la maschera demoniaca si trasforma, nel mondo cristiano, in una divertente mascherata; la lotta pericolosissima con i demoni si cambia in gaudio prima della gravità della Quaresima. In questa mascherata avviene ciò che riscontriamo spesso nei salmi e nei profeti: essa diviene scherno di quegli dei che chi conosce il vero Dio non deve più temere.
Le maschere degli dei sono divenute uno spettacolo divertente, esprimono la gioia sfrenata di coloro che possono trovare motivi di comicità in ciò che prima faceva paura. In questo senso è presente nel carnevale la liberazione cristiana, la libertà dell’unico Dio, che rende perfetta quella libertà ricordata dalla festa ebraica dei Purim.
Si pone però un interrogativo: possediamo ancora questa libertà? Non è che ci siamo voluti liberare anche di Dio stesso, del creato e della fede, per essere completamente liberi? E la conseguenza non è forse che siamo di nuovo in balìa degli dei, delle potenze del denaro, dell’avidità, dell’opinione pubblica? Dio non è il nemico della nostra libertà, ma il suo fondamento; è questo che dovremmo imparare di nuovo oggi. Solo l’amore che è onnipotente può essere il fondamento di una gioia senza paura.


© Copyright 1986-2008 – Libreria Editrice Vaticana
Da Joseph Ratzinger, “Cercate le cose di lassù”. Riflessioni per tutto l’anno. Edizioni Paoline 2005

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