2) Innanzitutto, la maggior parte di questi vi sono troppo direttamente interessati. I ladri, potendo, distruggerebbero la gendarmeria; allo stesso modo, se tutte le persone che “accusano il colpo”, sono sempre disposte a fare il possibile e l’impossibile per persuadersi che l’inferno non esiste, soprattutto un inferno di fuoco, essi sentono, che se ce n’è uno, questo è per loro stessi. – Essi fanno come i vigliacchi, che cantano a squarciagola nella notte oscura al fine di stordirsi e non sentite troppo la paura che li attanaglia. – Per darsi ancora più coraggio, essi cercano di persuadere gli altri che l’inferno non esiste; essi lo descrivono nei loro libri più o meno scientifici e filosofici; essi lo ripetono in alto ed in basso, in tutti i toni, confortandosi gli uni gli altri, e grazie a questo concerto chiassoso, finiscono per credere che nessuno più vi creda, e di conseguenza abbiano il diritto di non crederci nemmeno essi. Tali furono, nell’ultimo secolo, quasi tutti i capi dell’incredulità voltairiana. Essi avevano stabilito come A più B che non ci fosse DIO, né Paradiso, né inferno; essi erano sicuri del fatto loro. E nonostante che la storia sia la, a dimostrare che tutti, gli uni dopo l’altro, in preda ad un orribile panico al momento della morte, abbiano ritrattato, si siano confessati, chiedendo perdono a DIO e agli uomini. Uno di essi, Diderot, scriveva dopo la morte di Alambert: « se non fossi stato colà, egli avrebbe fatto il “tuffo” come tutti gli altri! ». E anche per lui, poco è mancato, che abbia chiesto un prete. Tutti sanno come Voltaire, sul letto di morte avesse due o tre volte insistito perché gli si andasse a cercare il curato di San Sulpizio; i suoi accoliti lo circondarono però così bene che il prete non poté giungere fino al moribondo, che così spirò in un eccesso di rabbia e disperazione. È visibile ancora a Parigi la camera ove accadde questa tragica scena. – Coloro che gridano più forte contro l’inferno, ci credono spesso più di noi altri. Al momento della morte, però, la maschera cade e si vede cosa c’era sotto. Non ascoltiamo pertanto i ragionamenti troppo interessati che detta loro la paura. – In secondo luogo, è la corruzione del cuore che fa negare loro l’esistenza dell’inferno. Quando non si vuole lasciare la vita cattiva che si conduce, si è automaticamente sempre portati a dire, se non a credere, che esso non esiste. Ecco un uomo, di cui il cuore, l’immaginazione, i sensi, le abitudini quotidiane sono impegnati, assorbiti da un amore colpevole. Egli ne è completamente immerso; sacrifica tutto: andategli dunque a parlare dell’inferno! Parlereste ad un sordo. E se talvolta attraverso le crisi della passione, la voce della coscienza e della fede si fa sentire, ben presto egli impone il silenzio, non volendo più ascoltare la verità né dentro né fuori. Tentate di parlare dell’inferno a questi giovani libertini che popolano la maggior parte dei nostri licei, dei nostri negozi, delle nostre officine, delle nostre caserme: essi vi risponderebbero con dei fremiti di collera e accanimenti diabolici, più potenti per essi che non gli argomenti della fede e del buon senso. Essi “non vogliono” che esista l’inferno. Io poco tempo fa ne ho visto uno dal quale mi aveva condotto un barlume di fede. Io lo esortavo, come meglio potevo, a non disonorarsi come faceva, a vivere da cristiano, da uomo e non come una bestia. « Tutto è molto bello e buono, mi rispondeva, e forse è anche vero; ma ciò che io so è che quando questo mi prende, io divento furioso come un pazzo; non capisco più niente, non vedo più niente, e non c’è Dio né inferno che tenga. Se esiste l’inferno, bene, io ci andrò, questo mi è indifferente ». Poi non l’ho più rivisto. E gli avari, gli usurai? E i ladri? Quanti argomenti irresistibili essi trovano per controbattere l’esistenza dell’inferno! Rendere ciò che hanno preso! Mollare il loro oro, i loro scudi! Piuttosto mille morti, piuttosto l’inferno, se è vero che ce n’è uno! – mi diceva un vecchio usuraio normanno, usuraio a settimana, che anche davanti alla morte, non poteva decidersi a lasciare il malloppo. Egli aveva acconsentito, non si sa come, a restituire tali e grosse somme; ma doveva ancora restituire solo otto franchi e cinquanta centesimi: mai il curato poté ottenerle. Il disgraziato morì senza sacramenti. Per il suo cuore di avaro, la misera somma di otto franchi e cinquanta centesimi sarebbero stati sufficienti per sfuggire all’inferno. – Così è per tutte le violente passioni: l’odio, la vendetta, l’ambizione, certe esaltazioni dell’orgoglio. Essi non vogliono sentir parlare dell’inferno. Per negarne l’esistenza, mettono in gioco tutto e più niente conta per loro. Tutta questa gente, quando viene messa con le spalle al muro, magari mediante qualche buona ragione che abbiamo esposto in precedenza, si getta sui morti, sperando così di sfuggire ai viventi. Essi immaginano e dicono che crederebbero all’inferno se qualche morto resuscitasse davanti a loro, ed affermasse che esiste veramente. Pure illusioni, che Nostro Signore Gesù Cristo si è dato Egli stesso la pena di confutare, come andremo a vedere.