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La Chiesa non ha il potere di ordinare sacerdoti le donne

Da quello che il santo Pontefice afferma, infatti, si può dedurre che se, per assurdo, un vescovo osasse ordinare sacerdote una donna, semplicemente non si compirebbe alcun effetto in questa creatura, che laica era e laica resterebbe.

Il sesto e il settimo sacramento con cui il Concilio di Firenze conclude la sua sintetica ma assai efficace sintesi dottrinale sono l’ordine e il matrimonio. Relativamente al sesto sacramento è da rilevare che l’attuale dottrina, ferma restando l’immutata sostanza, ha subito qualche piccolo ritocco e cambiamento dovuto ad alcune scelte in parte disciplinari, in parte teologiche, come – per esempio – la decisione di abolire gli “ordini minori” presa, a suo tempo, da papa Paolo VI, con l’annessa trasformazione del lettorato e dell’accolitato in ministeri “laicali”. Queste decisioni, che non mutano la sostanza del sacramento dell’ordine che coinvolge gli ordini un tempo denominati “maggiori” del diaconato, presbiterato ed episcopato – e che sono, ovviamente opinabili (in quanto non soggette a infallibilità come tutti i provvedimenti ecclesiastici di natura disciplinare) – rendono chiaramente, almeno allo stato attuale, quanto meno obsolete alcune affermazioni. Si avanza anche in tempi recenti, sul piano dottrinale, qualche riserva a far coincidere la “materia” del sacramento dell’ordine con la sola “consegna degli strumenti” (calice e patena con le specie per il presbiterato, libro dei vangeli per il diaconato, etc.). C’è chi amplia la materia coinvolgendo la preghiera di ordinazione o chi, anche in relazione alla problematica dell’ammissibilità delle donne al sacerdozio, invita a riflettere sul fatto che “materia” (almeno in un certo senso) del sacramento dell’ordine possa essere un individuo battezzato di sesso maschile, il solo che può ricevere tale sacramento. In effetti, la dichiarazione solenne di Giovanni Paolo II nella lettera Ordinatio sacerdotalis apre una certa porta in questo senso. Da quello che il santo Pontefice afferma, infatti, si può dedurre che se, per assurdo, un vescovo osasse ordinare sacerdote una donna, semplicemente non si compirebbe alcun effetto in questa creatura, che laica era e laica resterebbe; in modo analogo a quello che accadrebbe qualora un sacerdote, sempre per assurdo, volesse consacrare in luogo del pane azzimo di farina dei biscotti. Essendo la materia del tutto inadeguata non potrebbero compiersi gli effetti del sacramento. La questione della materia del sacramento dell’ordine non sembra mai essere stata solennemente definita e ha risentito, nel corso del tempo, delle diverse sensibilità e posizioni sul modo di concepire il sacerdozio. Potrebbe costituire oggetto di riflessione quanto appena suggerito. Ma vediamo le parole testuali di Giovanni Paolo II in merito: “Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa” (OS 4).

La Chiesa non ha il potere di ordinare sacerdoti le donne

Vorrei spendere qualche parola a commento di questa sentenza, stante la pressante attualità di questo argomento, che da più parti (anche in campo cattolico…) si vorrebbe rivedere e rivisitare nonostante le chiarissime e vincolanti affermazioni appena evidenziate. Il tenore della dichiarazione è, infatti, quanto mai chiaro e solenne. Il pontefice afferma anzitutto di avere l’intenzione di “togliere ogni dubbio” su una questione di vitale importanza attinente alla costituzione divina della Chiesa. Dichiara di voler pronunciarsi come Papa, ossia in virtù del ministero di confermare i fratelli nella fede. Conclude perentoriamente affermando la definitività con cui tale sentenza deve essere tenuta da tutti i fedeli della Chiesa. E formula l’oggetto di essa parlando di “impossibilità da parte della Chiesa di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale” e che questa impossibilità, come spiega nei numeri precedenti della breve ma intensa lettera, dipende dalla volontà chiara ed inequivocabile di Cristo che scelse Dodici uomini come suoi continuatori e che non volle conferire il sacerdozio all’unica creatura che, quanto a dignità, non solo avrebbe potuto riceverlo ma sarebbe stata la persona più degna di riceverlo: la sua Santissima Madre. Tale duplice incontestabile e ineccepibile dato evangelico è sempre stato ritenuto perentorio e vincolante dall’unanime e ininterrotta tradizione della Chiesa e come tale deve essere da tutti considerato. A mio modestissimo parere, nonostante vi sia chi avanza dubbi in merito, tale affermazione può essere considerata come pronunciata “ex cathedra” e pertanto insignita del crisma dell’infallibilità. Presenta infatti tutti i requisiti che debbono avere tale dichiarazioni e cioè:

  1. Vertere esclusivamente su materie di fede o di morale;
  2. Essere formulate dal Pontefice nella consapevolezza di esercitare in pienezza il ministero petrino;
  3. Intenzione, da parte del Pontefice, di voler definire e chiudere una certa questione dottrinale in modo definitivo e irreformabile.

La presenza di questi tre elementi mi sembra chiara e non discutibile se non in base a sofismi e cavilli. Pertanto, dal punto di vista della Chiesa cattolica, la questione è chiusa. Con buona pace di chi continua a prospettare e auspicare improbabili anzi impossibili aperture e aggiornamenti su tale argomento.

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