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La conversione dell’isola di Sant’Elena

Il 5 maggio 2021 ricorrono i duecento anni dalla morte di Napoleone, un personaggio che ha segnato la storia tra la fine del settecento e l’inizio dell’Ottocento.

Il 5 maggio 2021 ricorrono i duecento anni dalla morte di Napoleone, un personaggio che ha segnato la storia tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, decenni che tutti conosciamo come età napoleonica. Materialista e saccheggiatore di chiese e di conventi, miscredente, anticlericale e sequestratore del Papa: questa è l’opinione che molti hanno di Napoleone Bonaparte, opinione tanto diffusa quanto acriticamente accolta. Tuttavia scavando tra le fonti si scopre con sorpresa che Napoleone si professava come “cattolico romano” (infra p. 21). Qualcuno, tra cui il Manzoni, narra che si fosse convertito prima di morire. In realtà, esiste un documento storico che attesta che Napoleone non si convertì negli ultimi giorni, ma era già prima credente e cattolico. Il testo in questione è “Sentiment de Napoléon sur le cristianisme, Conversations religieuses” dato alle stampe nel 1840 da Robert-Antoine de Beauterne che si era procurato documenti e testimonianze privilegiate degli anni di esilio e aveva fatto riferimento al celebre “Memoriale di Sant’Elena” scritto da Las Cases nel 1823. L’autenticità dei documenti è attestata dal recupero e dal controllo delle affermazioni del curatore dell’opera oltre che dal fatto che tutti i testimoni erano ancora in vita quando fu pubblicato il libro e avrebbero, quindi, potuto smentire affermazioni false.

Inoltre, molti dei testimoni erano atei e materialisti, non certo cristiani, e si mostravano in disaccordo con Napoleone.

L’immagine tradizionale del grande imperatore e comandante francese appare assai diversa da quella della vulgata tradizionale. “Napoleone – scrive il Card. Giacomo Biffi – ammette con candida onestà che quando era al trono ha avuto troppo rispetto umano e un’eccessiva prudenza per cui «non urlava la propria fede». Ma dice anche che: «Allora se qualcuno me lo avesse chiesto esplicitamente, gli avrei risposto: “Sì, sono cristiano”; e se avessi dovutotestimoniare la mia fede al prezzo della vita, avrei trovato il coraggio di farlo» (infra p. 47).

Soprattutto – continua Biffi – attraverso queste conversazioni impariamo che per Napoleone la fede e la religione erano l’adesione convinta, non a una teoria o a un’ideologia, ma a una persona viva, Gesù Cristo, che ha affidato l’efficacia perenne della sua missione di salvezza a «un segno strano», alla sua morte sulla croce”.

Bella Immortal! Benefica
Fede ai trïonfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
che più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.

La conversione dell’isola di Sant’Elena

Così scrive il Manzoni nell’ode “Il 5 maggio”, colpito dalla scomparsa di un personaggio così grande, che aveva posto ordine tra due secoli, ma anche dalla notizia che Napoleone, che aveva sempre assunto un atteggiamento fortemente anticlericale e anticattolico, si fosse convertito prima di morire: “mai più superba altezza si era inchinata al disonore del Golgota”.

Certo, Manzoni si basa soltanto sulla notizia della conversione che gli è giunta, non ha evidentemente potuto leggere le trascrizioni, pubblicate più tardi, delle conversazioni tenute da Napoleone con generali e medici, francesi e inglesi, credenti e miscredenti, che lo assistettero durante i sei anni di esilio. Al generale Bertrand Napoleone confida: «Io conosco gli uomini e le dico che Gesù non era un uomo. Gli spiriti superficiali vedono una somiglianza tra il Cristo e i fondatori di imperi, i conquistatori e le divinità delle altre religioni.

Questa somiglianza non c’è: tra il cristianesimo e qualsivoglia altra religione c’è la distanza dell’infinito […]. Lei, generale Bertrand, parla di Confucio, Zoroastro, Giove e Maometto.

Ebbene, la differenza tra loro e Cristo è che tutto ciò che riguarda Cristo denuncia la natura divina, mentre tutto ciò che riguarda tutti gli altri denuncia la natura terrena […]. Cristo affida tutto il proprio messaggio alla propria morte: come può essere ciò l’invenzione di un uomo?[…] Ma l’impero di Cesare quanti anni è durato? Per quanto tempo Alessandro si è sostenuto sull’entusiasmo dei propri soldati? […] I popoli passano, i troni crollano ma la Chiesa resta. Allora, qual è la forza che tiene in piedi questa Chiesa assalita dall’oceano furioso della collera e del disprezzo del mondo? […] Il mio esercito ha già dimenticato me, mentre sono ancora in vita (…). Ecco qual è il potere di noi grandi uomini! Una sola sconfitta ci disintegra e le avversità si portano via tutti i nostri amici».

Alla luce di queste pagine non possiamo non ammettere che Napoleone non solo è credente, ma ha meditato sul contenuto della sua fede maturandone una profonda e sapienziale intelligenza. Questa a sua volta si è tradotta in fatti molto concreti: ha domandato con insistenza al governo inglese di ottenere la celebrazione della Messa domenicale a Sant’Elena; ha espresso gratitudine verso sua madre e de Voisins, vescovo di Nantes, perché da loro è stato «aiutato a raggiungere la piena adesione al cattolicesimo»; ha concesso inoltre il suo perdono a tutte le persone che lo hanno tradito (cf. Parte Seconda, p. 116 ed. fr.).

Resta un piccolo mistero il motivo per cui una conversione tanto significativa e accompagnata, peraltro, da riflessioni per nulla banali sia così poco conosciuta. Censura della cultura laica? Potere dell’anticlericalismo? Chissà. Sta di fatto che oggi è un buon giorno per ricordarla, quella straordinaria conversione.

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