San Paolo ammette chiaramente una grandissima importanza al fatto di essere un apostolo, e sopratutto di essere stato chiamato da Gesù Cristo a svolgere questo ufficio. Egli quindi difende, con tenacia e zelo, il suo potere apostolico, sopratutto contro i complotti dei giudei, che vedono in S. Paolo un avversario assai temibile, sopratutto per la sua spiccata cultura, per essere stato un convertito, che nelle mani dei giudei perseguitava i cristiani. I perfidi giudei, infatti, intendevano minare la sua opera. All’inizio della lettera ai Romani (I,I), S. Paolo ribadisce fermamente la sua diretta vocazione da parte di Gesù Cristo. Il Verbo incarnato ha scelto S. Paolo per il vangelo di Dio promesso ai profeti. L’apostolo ha infatti visto Gesù Risorto, come lo avevano visto gli altri apostoli, e quindi gli rende testimonianza. Paolo è divenuto apostolo, in quanto Cristo gli ha donato lo Spirito vicino a Damasco. Permettete un breve inciso: Gesù Cristo rimprovera Saulo. Ma nel rimproverarlo, non dice “Saulo, perchè perseguiti i miei discepoli?” bensì dice: “Saulo, perchè mi perseguiti?”. Ecco un’ulteriore conferma della realtà del corpo mistico di Cristo. Il corpo mistico è un corpo reale, non è solo “un modo di dire”, ma sottintende e afferma una realtà tangibile, e che ha un sapore sia naturale che soprannaturale. Ora, soltanto un apostolo è autorizzato a rendere testimonianza a Cristo in modo autoritativo e vincolante. Paolo ha quindi la stessa nomina apostolica di Pietro e degli altri apostoli. Anche il suo apostolato risale alla volontà di Cristo. “Perciò anche il suo apostolato è determinato dal legame al Cristo risorto ed alla sua volontà. Solo nell’ambito di questo vincolo Paolo è mosso dallo Spirito. Ma anche gli altri apostoli nell’ambito di questo legame a Cristo hanno ricevuto dallo Spirito Santo le doti e la spinta per i loro compiti. Perciò è errato affermare che i primi apostoli rappresentino l’istituto giuridico dell’apostolato, mentre a Paolo convenga un apostolato carismatico”.
Paolo incontra il risorto un’unica volta, e in questa occasione Gesù Cristo gli lascia una vocazione e un incarico. Gli altri dodici, invece, avevano conosciuto Gesù nel corso della sua peregrinatio super terram. Gli apostoli, quindi vennero preparati alla loro missione con un lungo lavoro di educazione, Paolo fu invece trasformato improvvisamente in testimone, nei pressi di Damasco. Paolo entra quindi in un contesto dove la Chiesa c’era già. Per questo, sappiamo che Paolo viene battezzato, effettuando un taglio netto con la sua fede precedente: nulla di simile ci viene riferito degli altri Apostoli.
La concordia di Paolo con gli apostoli è simbolo di unione. Paolo vuole annunciare lo stesso Vangelo dei dodici: per questa ragione, sappiamo che è Paolo a recarsi dai primi apostoli, per presentare il “suo” vangelo e richiederne il riconoscimento. Come possiamo definire il suo rapporto con la tradizione?
“Paolo non fu dunque un apostolo del libero spirito che non si curava della predicazione degli apostoli tradizionali, ma un uomo della tradizione ecclesiastica. Egli predica ciò che gli è stato trasmesso (1 Cor.11,23-29; 15, 1-3; 11,23). Quando nel testo relativo alla Cena, egli dice di aver trasmesso ai Corinti ciò che ha ricevuto dal Signore, certamente non intende affermare che tutta la materia del suo vangelo sia dovuta ad una diretta rivelazione di Cristo. Si soddisfa all’affermazione dell’apostolo ritenendo che l’insieme del suo vangelo sia dovuto alla comunicazione di Cristo presso Damasco. Iparticolari egli liconobbe dai primi cristiani. Il suo legame alla tradizione ecclesiastica appare particolarmente chiaro nella prima lettera ai Corinti, dove al cap. 15, per la sua testimonianza della risurrezione di Cristo, egli si appella, in modo fondamentale, alla tradizione.”
Bibliografia essenziale:
- Mons. M. Schmaus, Dogmatica Cattolica, III/1: La Chiesa, Ed. Marietti. 1959.
- Enciclopedia Apologetica, C. VI, I, §1., ed. Paoline, 1954.