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La Grazia del Battesimo nelle pagine del Boiardo

La letteratura italiana, sviluppandosi in un contesto cristiano, presenta delle bellissime pagine in cui, in un modo poetico, sono espresse le verità della nostra fede.

Il brano che proponiamo oggi è tratto da L’inamoramento de Orlando, il capolavoro del letterato Matteo Maria Boiardo (Scandiano, 1440/1441-Reggio Emilia, 1494), opera che spesso vive nell’ombra del più celebre e celebrato romanzo ariostesco continuatore del tema e di molte storie.

Nel canto XIX del I libro si situa il combattimento tra il protagonista, il nobile paladino Orlando e il re tartaro Agricano. Accade spesso che il miles christianus (che, secondo le leggende francesi, morì vergine e martire a Roncisvalle) si trovi a combattere con i “saraceni”, i “pagani”, cioè l’Islam inteso in senso lato (nella tradizione medievale ed umanistica tutte le popolazioni semitiche, africane ed asiatiche sono di religione musulmana, adorando una trinità composta da Apollo, Maometto e Termagante). Leggiamo le ottave da 12 a 16 come riportate dall’edizione BUR del 2019 curata da Andrea Canova:

Da il destro lato al’anguinaglia stanca
Era tagliato il re cotanto forte:
Perse la vista e ha la faza bianca
Come colui ch’è gionto alla morte;
E benché il spirto e l’anima li manca,
Chiamava Orlando e, con parole scorte,
Sospirando dicea in bassa voce:
“Io credo nel tuo Dio che morì in croce 
Da il destro lato al’anguinaglia stanca
Era tagliato il re cotanto forte:
Perse la vista e ha la faza bianca
Come colui ch’è gionto alla morte;
E benché il spirto e l’anima li manca,
Chiamava Orlando e, con parole scorte,
Sospirando dicea in bassa voce:
“Io credo nel tuo Dio che morì in croce 
Piangea quel re che fo cotanto fiero
E tenìa il viso al ciel sempre voltato.
Poï ad Orlando disse:”Cavaliero,
In questo giorno de ogi hai guadagnato
Al mio parere il più franco destriero
Che mai fosse nel mondo cavalcato:
Questo fo tolto ad un forte barone 
Che del mio campo dimora pregione.

Frontespizio dell’edizione a stampa realizzata a Venezia tra il 1521 ed il 1526 per i tipi di Nicolò Zoppino

Nonostante Boiardo scriva con una patina padana abbastanza evidente, il testo non è di difficile compresione. Al termine di uno scontro violentissimo, Orlando colpisce a morte Agricane il quale gli affida, poco prima di spirare, il proprio destriero ma soprattutto chiede al cristiano di essere battezzato.

Come è noto, in articulo mortis, chiunque può diventare ministro del Battesimo e può farlo anche con acqua non benedetta, essendo questo sacramento de necessitate salutis. Ad avvisarci circa l’importanza del Battesimo non sono solamente i teologi come l’Aquinate, ma anzitutto il Divin Redentore (cfr. Mc XVI).

In modo sublime, Boiardo mette in scena l’umile richiesta del saraceno: egli, sapendo di trovarsi sul punto di morire, professa la sua fede nel Dio Crocifisso; anche avendo alle spalle una vita trascorsa nella lotta alla cristianità, sa che può affidarsi alla misericordia del Signore. Ecco la grazia del Battesimo! Dio perdona ogni nostro peccato (cfr. Is I) e, fino al nostro ultimo respiro, è pronto a tenderci la mano. 

Con le parole poetiche del Conte di Scandiano ci siamo ricordati di questo grande mistero della nostra salvezza: come afferma Sant’Ambrogio:“Chi viene consepolto con Cristo, con Cristo risorge”.

Il Battesimo ci fa nascere alla vita di grazia:“Ben mi confesso che molto peccai, ma sua misericordia è grande assai!”.

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