La leggenda racconta di tre giovani nobili o principi che, mentre cavalcano per la campagna o si trovano a caccia, si imbattono improvvisamente in tre figure spettrali: tre scheletri o cadaveri in avanzato stato di decomposizione. Questi non sono altro che la rappresentazione di loro stessi in un futuro imminente. Gli scheletri li ammoniscono dicendo: «Quello che voi siete, noi fummo; quello che noi siamo, voi sarete.» Questa frase è il cuore della leggenda, un monito alla consapevolezza della brevità della vita e alla necessità di pentirsi prima che sia troppo tardi.
Il tema nasce probabilmente in Francia e appare in vari testi e cicli pittorici, sia in ambito laico che religioso, e veniva solitamente associato al tema della Vanitas, per sottolineare la vanità e l’inutilità delle ambizioni mondane di fronte all’ineluttabile realtà della morte.
Affreschi, vetrate, miniature: diverse sono le rappresentazioni artistiche che variano da Paese a Paese e nel tempo, ma il fulcro della narrazione rimane lo stesso: la drammatica contrapposizione tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Uno dei cicli più noti si trova nella chiesa di San Francesco ad Arezzo, dove un affresco quattrocentesco illustra la scena in modo vivido, con i giovani cavalieri dall’abbigliamento sfarzoso che incontrano i macabri morti in un bosco. Simili rappresentazioni sono state trovate anche in Francia, in particolare nella Chiesa di Saint-Germain de La Ferté-Loupière, e in altri paesi dell’Europa centrale, dove il tema era strettamente legato alla danza macabra.
Il successo iconografico era dovuto a una esperienza di conoscibilità: tutti dovevano conoscerla, ricchi e poveri, soprattutto in tempi dove il contatto con la morte era spesso sovente perché grazie alle epidemie, alla guerre e alle carestie, la rendevano un’ esperienza comune. Proprio per questi motivi l’influenza della leggenda dei Tre Morti e dei Tre Vivi si estende oltre il Medioevo. Tematiche simili appaiono nei secoli successivi in opere letterarie e artistiche, mantenendo viva la meditazione sulla mortalità umana. Lo stesso tema può essere rintracciato nel Memento Mori dell’arte barocca e nei teschi simbolici che decoravano i ritratti e le nature morte del Seicento, un chiaro segno della continuità del messaggio: ricordare l’importanza della preparazione spirituale alla morte.