«E ci fu una battaglia nel Cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone.
(Ap 12,7-9.)
Il dragone e i suoi angeli combatterono ma non vinsero, e per loro non ci fu più posto nel Cielo.
Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù: fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli.»
Con queste parole nel libro dell’Apocalisse viene narrato uno degli episodi fondamentali della lotta tra bene e male, che ha come incipit l’antica e definitiva ribellione di Lucifero. Egli, ritenuto «modello della perfezione, ripieno di sapienza e di bellezza meravigliosa», come descritto in Ezechiele (28,12) in una nota analogia biblica con il re di Tiro, era considerato a tutti gli effetti il più bello, il più grande e il migliore fra tutti gli angeli del Signore. L’etimologia stessa del suo nome, “portatore di Luce” (lux-ferre), esalta l’importanza e la magnificenza possedute anticamente.
Eppure, nonostante queste doti eccelse, Lucifero scelse una via differente, commise con coscienza un errore senza ritorno e venne infine punito e condannato eternamente per aver commesso il più grave dei peccati oggi annoverato tra i Vizi capitali: la Superbia.
Egli, essendo un angelo, e a maggior ragione il più grande degli angeli del Cielo, era perfettamente consapevole dell’irreversibilità delle sue scelte. Un uomo, in quanto creatura imperfetta e fallace, ottiene la Misericordia di Dio per mezzo del perdono (che arriva laddove si manifesti il pentimento), ma per una creatura angelica, che è un essere di pura luce, immortale e al cospetto di Dio, non esiste il pentimento, perché vi è la piena consapevolezza delle proprie azioni, e di conseguenza, nemmeno la remissione dell’errore.
Alcuni autori sostengono che ad indurre Lucifero alla disobbedienza fu la rivelazione agli angeli della Volontà Divina di unirsi alla natura umana «elevandola così al trono dell’Altissimo; e una donna, la Madre di Dio, sarebbe diventata mediatrice di tutte le grazie, sarebbe stata esaltata al di sopra dei cori angelici e incoronata Regina dell’universo»1. Nel libro Mistica Città di Dio, un’opera a carattere biografico sulla Vergine Maria, l’autrice, la venerabile suor Maria d’Agreda (1602-1665) afferma che, seguitamente alla Creazione, gli angeli furono messi alla prova con tre precetti: essi avrebbero dovuto riconoscere Dio come loro fine, avrebbero dovuto riconoscere il Verbo Incarnato, ovvero l’Unione Ipostatica con l’essere umano, e infine avrebbero dovuto sottomettersi con umiltà alla Madre di Dio, alla Madonna. Il primo precetto non creò eccessivi problemi e venne accettato da tutti, il secondo suscitò l’opposizione di Lucifero e di una schiera di suoi seguaci che generò la battaglia in Cielo narrata nell’Apocalisse di San Giovanni Apostolo, il terzo, infine, suscitò ulteriore sdegno e opposizione con la volontà luciferina di avere per sé l’Unione Ipostatica con Dio e di essere rex hominis et angelorum, Re degli uomini e di tutte le schiere angeliche2.
Secondo tali versioni Lucifero raggruppò una schiera di angeli ribelli, fermamente convinti delle posizioni del loro leader e generò la madre di tutte le rivoluzioni, destinata a divenire pietra miliare di tutte quelle che nel mondo sarebbero seguite.
Lucifero, più tardi conosciuto con il nome di Satana, si manifesta, dunque, in tutti i sensi come il “proto-rivoluzionario”, il signore di tutte le rivoluzioni, che infettò con il proprio peccato l’intera stirpe umana, inclinandola alla disubbidienza e sovvertendo l’ordine divinamente stabilito.
Ne sono eccellenti esempi la Rivoluzione Francese del 1789, i moti del 1848 che condussero alla nefasta Repubblica Romana, e infine la Rivoluzione Comunista del 1917: tutte manifestazioni dell’azione demoniaca sull’uomo in un superbo ripudio della Divinità e delle Sue leggi. In seguito a questo affronto, allo scisma definitivo di Lucifero e dei suoi angeli apostati, il secondo in potenza e bellezza fra gli angeli del Signore prese suo “fratello” e su ordine divino lo scagliò violentemente fra le viscere magmatiche della terra, urlandogli «Mikhael!» ovvero “Chi è come Dio”. Da quel momento quell’esclamazione divenne un suo personale appellativo con cui l’umanità lo avrebbe conosciuto: Michele.
Scrive di questo evento il profeta Isaia (14,11-15):
«Negli inferi è precipitato il tuo fasto
e la musica delle tue arpe.
Sotto di te v’è uno strato di marciume,
e tua coltre sono i vermi.
Come mai sei caduto dal cielo,
astro del mattino, figlio dell’aurora?
Come mai sei stato gettato a terra,
signore di popoli?
Eppure tu pensavi nel tuo cuore:
«Salirò in cielo, sopra le stelle di Dio
innalzerò il mio trono,
dimorerò sul monte dell’assemblea,
nella vera dimora divina.
Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
mi farò uguale all’Altissimo».
E invece sei stato precipitato negli inferi,
nelle profondità dell’abisso!»
Lucifero divenne così, antifrasticamente, portatore di tenebre, anziché di luce, cacciato nell’Inferno dal Santo angelo il cui nome grida, al contrario, tutta l’umiltà che la sua fedeltà gli ha ottenuto. Da questa cacciata, Michele ottenne il titolo di nuovo Principe delle Celesti Milizie, in tutto prono alla Santissima Trinità e alla sua Regina, la Vergine Maria, ed ebbe il compito di vigilare sul Male, affinché esso rimanga relegato alla voragine in cui fu precipitato.
Da questa epica narrazione, tacciata dai più come fantasia retriva e oscurantista, frutto di ignoranza sull’origine del mondo e dei concetti di Bene e Male, è sorto tuttavia un interessante fenomeno terrestre inspiegabile. In tempi in cui non esistevano satelliti artificiali, si presumeva che la Terra fosse piatta e le carte geografiche erano estremamente rudimentali, ma un gruppo di sette santuari, tutti dedicati al culto di San Michele Arcangelo sorse in luoghi oggetto di importanti fenomeni mistici, andando a comporre una precisissima linea retta che dalla Terrasanta giunge fino alle remote sponde dell’Irlanda. Da qui nasce la “leggenda” dell’edificazione di questi sette (numero biblicamente sacro) luoghi santi a guisa di punti di sutura di una profonda cicatrice terrestre che vide un tempo scagliati al suo interno Lucifero e i suoi adepti.
Trattasi della Linea di San Michele, detta anche Via Micaelica, composta e tracciata dai seguenti luoghi di culto:
il monastero Stella Maris, presso Haifa, sul Monte Carmelo, luogo da cui il profeta Elia sarebbe stato “rapito al Cielo” su un carro di fuoco (2 Re 2, 1ss); il monastero di San Michele Arcangelo di Panormitis sull’isola di Symy (in Grecia), ove si venera una miracolosa icona micaelica particolarmente sentita dalla popolazione locale; il Santuario di San Michele Arcangelo presso Monte Sant’Angelo, in Puglia, importante luogo di esorcismi e apparizioni plurime a San Lorenzo Maiorano (440-545 d.C.); la Sacra di San Michele, “culmine vertiginosamente santo”3, in Piemonte, consacrata nel fuoco dagli angeli stessi innanzi all’attonito San Giovanni Vincenzo da Besate (955-1000)4; la notissima abbazia di Mont Saint Michel, in Normandia, dove il Sant’Auberto (660-725 d.C.) avrebbe avuto la visione angelica della battaglia fra il diavolo e l’arcangelo5; il monastero di Saint Michael’s Mount, in Cornovaglia, luogo di precoci apparizioni micaeliche nel 495 d.C. e infine, a chiudere il segmento, il monastero di Skellig Michael (Roccia di Michele), situato su un’isola al largo della costa occidentale irlandese, nell’Oceano Atlantico, retto da canonici regolari agostiniani sin dalle persecuzioni di Elisabetta I (1533-1603).
Sull’ubicazione di questi santuari, uno studio universitario del 2021, opera del prof. Fabio Crosilla6, già professore ordinario di Fotogrammetria, Topografia e Cartografia presso il Dipartimento Politecnico di Ingegneria e Architettura dell’Università di Udine, evidenzia come il posizionamento in sequenza lineare sulla carta di Mercatore dei sette santuari sia estremamente preciso. Tale carta gode della proprietà di essere “conforme”, ovvero di lasciare invariati gli angoli misurati sulla superficie terrestre e sulla rappresentazione. Inoltre, la precisione di allineamento esatto può individuarsi non solo su una superficie piana come quella di una carta geografica, bensì è riscontrabile anche sulla curva lossodromica (ovvero quella tagliante i meridiani terrestri con angolo costante) congiungenti i due estremi, in questo caso Haifa e Skellig Michael. L’autore dello studio conclude sottolineando come la curva di un “fendente di spada micaelico”, che avrebbe dovuto aprire una voragine infernale per ivi recludervi gli angeli ribelli, sarebbe dovuta piuttosto essere ortodromica (ovvero la sezione normale alla superficie terrestre, di minima lunghezza fra tutte le possibili linee congiungenti i due estremi) anziché lossodromica, ma che tuttavia questi risultati lasciano profondamente sconcertati. L’ubicazione così precisa di ben sette santuari dedicati al medesimo santo, figli di realtà fra loro totalmente scollegate, su una medesima linea che pare una frattura, una cicatrice, di quella precipitazione infernale, non ha ragione statistica: sarebbe di fatto impossibile concepire un’edificazione così precisa in luoghi così distanti, e a distanza di secoli, di sette luoghi dedicati al medesimo culto. Specialmente se a tutto ciò si aggiunge che l’allineamento di questi santuari corrisponde, sorprendentemente, anche alla linea del tramonto nel giorno del solstizio d’estate: il 21 giugno infatti è il giorno in cui la luce ha vittoria massima sulle tenebre. In tutti questi santuari, in tale data, il sole declina dietro all’orizzonte contemporaneamente.
È fin troppo evidente la mano divina e soprannaturale dietro a questo inoppugnabile miracolo cartografico, di conseguenza l’uomo contemporaneo è spinto a riflettere fondamentalmente su più punti. In primis, sulle conseguenze della superbia e degli atti rivoluzionari contro l’ordine divinamente stabilito, in secundis sulla necessità di rivedere il rapporto tra Scienza e Fede, gettandosi alle spalle definitivamente il pensiero ateizzante figlio del Positivismo, che pretende di ridurre l’universo a un’equazione e la vita a reazioni chimiche casuali, e infine, sull’importanza dell’affidamento totale a Dio. Quest’ultimo aspetto proviene proprio dall’inconoscibilità della presenza di una linea perfettamente retta quale trait d’union fra i succitati santuari micaelici, eppure essa era ivi presente. Nessuno fra i fondatori dei sette luoghi si è posto la questione sul perché in quei luoghi (spesso accidentati e sperduti) e non altrove, magari con maggior facilità di accesso per pellegrini e devoti. Questo miracolo cartografico evidenzia chiaramente quanto la conoscibilità dei disegni divini avviene solo con il tempo, e spesso nemmeno del tutto. Cionondimeno essa manifesta la sua magnificenza, a cui tutti noi, a differenza di Lucifero, siamo chiamati a riconoscere e prostrarci per poter finalmente accedere a quel Regno dove il Male è precluso.
Note
- Arraiz Morazzani, Quem como Deus? Arautos do Evangelho, n.69, p.19, São Paulo, P.R. (settembre 2007).
- M. D’Agreda, Mistica Città di Dio, Segno Edizioni, 2018.
- C. Rebora , Arche di Noè: le prose fino al 1930 (Vol. 354), Editoriale Jaca Book, 1994.
- E. Rossero, I Sandali dell’Arcivescovo, Alzani Editore, 1957.
- Autore ignoto, Revelatio ecclesiae sancti Michaelis in monte Tumba, (IX secolo).
- F. Crosilla, La linea sacra di S. Michele e la sfericità terrestre, GEOmedia, 25(6), 2021.