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La Messa in mare: difendiamo Don Mattia!

A seguito della celebre Messa balneare e dei tanti commenti suscitati, qualche riflessione per provocare, divertire, riflettere e pregare. In fondo, non è solo colpa dell’incauto prete.

L’estate, probabilmente l’ho già detto più volte, è la stagione che odio di più: si suda, ci sono le zanzare, è un continuo lamentarsi di quanto faccia caldo, è tutto chiuso e le alte temperature fanno impazzire, anche il sottoscritto. Già, perché oggi mi sento di difendere Don Mattia Bernasconi, il sacerdote divenuto famoso nel giro di una settimana per la Messa celebrata nelle limpide acque del crotonese, dove un materassino gonfiabile ha svolto le funzioni di ara sacrificale e il costume da bagno quello di camice-amitto-cingolo-stola-manipolo-casula.

Lo voglio difendere perché non è tutta colpa sua: certo, il gesto è risultato eclatante e folle, ma proviamo ad interrogarci: chi e cosa lo hanno spinto ad agire così? Del resto, il “buon” coadiutore meneghino ha dichiarato che c’era il «problema della Messa»: chi ha messo in testa l’idea che la Messa sia un problema? Purtroppo, in quanti seminari, in quante case religiose, in quante parrocchie si fa passare l’idea che celebrare sia un peso gravoso, una noiosa incombenza che però va espletata per far sentire a posto la coscienza dei fedeli circa il precetto festivo? Ecco infatti Messe super-veloci, sacerdoti che arrivano 5 minuti prima dell’inizio e che già si dileguano appena tornati in sacrestia. Per un vero cristiano e soprattutto per un prete, invece, la Messa non è mai un problema da risolvere, ma è il primo punto da organizzare in una qualunque trasferta parrocchiale, da preparare con cura, anche nei dettagli (spoiler: non bastano camice e stola), è il Sacrificio di Cristo davanti al quale si trema in adorazione.

La Messa in mare: difendiamo Don Mattia!

Voglio difendere Don Bernasconi perché non è sua l’idea che si può celebrare ovunque. Ecco infatti che i soliti boomer su Facebook si affrettano a difendere la scelta del sacerdote dicendo che «Dio è ovunque, non solo nelle chiese!!!» e che «Gesù cenava con i poveri, voi vi scandalizzate per queste minuzie!!!». Ora, facciamo chiarezza: sicuramente Dio è ovunque, ma questo non significa che allora bisogna celebrare ovunque la liturgia, che richiede i suoi tempi e i suoi spazi; è vero, Gesù andava a pranzo in case ritenute discutibili, ma a pregare andava nel tempio o si ritirava in un luogo tranquillo. L’ultima cena è consumata in un luogo degno, come ci dicono i Vangeli, non nella sporcizia, nell’incuria o nella sciatteria. Purtroppo, però, sono anni che vengono insegnate queste scemenze ed è con queste idiozie che si è formato tanto clero.

Infine, voglio difendere Don Bernasconi perché è da ancor prima che lui nascesse che si va predicando che la Messa deve adattarsi alla comunità; si racconta che la liturgia non è una struttura fissa ma richiede creatività e va adattata allo spirito della comunità celebrante. In quest’ottica, quindi, non deve far scandalo la Messa celebrata dentro all’acqua: la comunità si trova bene così, questa è l’unica cosa che importa!

Povero Don Bernasconi: lui non è certo un agente del demonio come è stato detto da alcuni, né il responsabile dei mali nella Chiesa. È soltanto, suo malgrado, uno dei tanti traditionis custodes, cioè di quella tradizione sessantottina malata secondo cui la liturgia è un gioco, le cui regole sono fatte dalla comunità o dal carisma del “ministro che presiede”. 

Naturalmente con questo non voglio giustificare il suo operato, anzi: a mio avviso occorrerebbero delle sanzioni canoniche nei suoi confronti (che dubito arriveranno) ma non si può non indagare le radici del suo pensiero liturgico, i principii che ha assorbito e che lo hanno portato a compiere questo gesto idiota.

Spero di non avervi scandalizzato, ma di aver provocato un pensiero critico che va oltre il semplice sdegno e una preghiera per le vocazioni sacerdotali. Se così non è stato, scusatemi: il caldo mi fa male.

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