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La novena di Natale: analisi delle profezie

L’orazione del popolo cristiano si esprime in primo luogo con l’assistere al Sacrificio di Cristo, la Santa Messa, che si configura come la preghiera per eccellenza. Accanto ad essa, numerose pie pratiche sono sorte nel corso del tempo, come le novene.

L’orazione del popolo cristiano si esprime in primo luogo con l’assistere al Sacrificio di Cristo, la Santa Messa, che si configura come la preghiera per eccellenza. Accanto ad essa, numerose pie pratiche sono sorte nel corso del tempo, come la recita del Santo Rosario, la devozione dei primi giovedì, venerdì, sabati del mese, l’esercizio della Via Crucis, le novene. Tra queste ultime un ruolo di primo piano è sicuramente occupato dalla novena di Natale: secondo la tradizione, scritta e musicata da Padre Carlo Antonio Vacchetta, missionario vincenziano, fu eseguita per la prima volta a Torino nel 1720. La struttura è simile a quella della novena dell’Immacolata Concezione, essendo così costituita: sul modello dei Vespri, si ha un’introduzione fatta da un invitatorio, seguito da un Polisalmo – versetti di vari salmi e cantici biblici attinenti al Mistero dell’Avvento di Cristo e dell’Incarnazione, nel numero di quattordici -, un Capitolo, un Inno – En clara vox -, un versetto, il Magnificat con le antifone proprie per ogni giorno e un’orazione conclusiva. In questa sede ci occuperemo dell’invitatorio, formato da sette profezie.

L’antifona che si ripete tra le profezie ci immerge immediatamente nel Mistero che stiamo contemplando. In cinque parole si racchiude tutta la nostra fede, e confessiamo che Cristo è Re, che per un progetto di immenso amore ab aeterno fissato dalla Divina Sapienza si è degnato di scendere tra di noi facendosi uomo, e che nell’umanità del corpo, nella fisicità, intesa alla greca, φύσις, cioè natura, si palesò contemporaneamente la natura divina.

Regem venturum Dominum, venite adoremus

Venite ad adorare il Re Signore, che sta per venire

Affermando che Cristo è re e Signore, compiamo un atto di fede, facendo eco al salmo profetico 109, di Davide: Dixit Dominus Domino meo, sede a dextris meis. Dicendo che il Re Signore è prossimo, compiamo un atto di speranza, ponendo in Dio la nostra fiducia nella Redenzione. Esortando all’adorazione del Dio Bambino, compiamo un atto di carità, verso lo stesso Dio, fine della nostra adorazione, e verso i fratelli, che invitiamo a inginocchiarsi con noi davanti a questo grande mistero. Tutti questi affetti del cuore vanno inquadrati in un’ottica di trepidante attesa, unita a sentimenti di dolore per i peccati nostri e del mondo intero, così da giungere al Natale purificati nel corpo e nello spirito e, in ginocchio davanti a Dio fattosi uomo, dire con fiducia e abbandono le parole del Santo Simeone: Nunc dimittis servum tuum, Domine.

Prima Profezia

Jucundare, filia Sion et exulta satis, filia Jerusalem: ecce Dominus veniet, et erit in die illa lux magna, et stillabunt montes dulcedinem, et colles fluent lac et mel, quia veniet Propheta magnus, et ipse renovabit Jerusalem

Rallegrati, figlia di Sion, esulta grandemente, figlia di Gerusalemme: ecco il Signore verrà, ed in quel giorno vi sarà gran luce, e i monti stilleranno dolcezza, e dai colli scorrerà latte e miele, perché verrà un gran profeta che rinnoverà Gerusalemme

Le prime parole della profezia sono riprese da Sofonia 3, 14, più avanti troviamo, invece, Gioele 3, 18. Quando si dice figlia di Siondi Gerusalemme, l’esortazione alla gioia per il Signore che viene tocca il cuore di ognuno, poiché con la Nuova Alleanza Cristo, nuovo Adamo, ha ricondotto l’uomo a Dio e ha ricostituito da capo il popolo di Israele, anzi: Israele è prefigurazione del popolo santo acquistato col Preziosissimo Sangue di Nostro Signore, cioè della Chiesa; l’invito del profeta, dunque, è rivolto per mezzo del ministro ai cristiani, che aspettano, con Simeone, la consolazione di Israele (Lc 2, 25). La metafora dello scorrere di latte e miele è chiaramente un’allusione all’abbondanza dei doni che saranno riversati mediante la Redenzione, è cioè i Santi Sacramenti, gli insegnamenti di Cristo, la perpetuazione della Salvezza attraverso la Chiesa.

Seconda Profezia

Ecce veniet Deus, et homo de domo David sedere in throno, et videbitis, et gaudebit cor vestrum.

Ecco dalla casa di Davide verrà il Dio Uomo a sedersi sul trono, vedrete, e godrà il vostro cuore

L’attesa del Signore, tuttavia, non ci deve far dimenticare che Egli è Re dell’Universo, al di sopra di ogni potestà umana, e che possiede l’impero dei nostri cuori. I cuori, appunto, lo riconoscono Signore, e con gioia acclamano la sua regalità sociale e spirituale. Lodino tutti il nome del Signore […] I re della terra e i popoli tutti, i governanti e i giudici della terra (Salmo 148, 11).

Terza Profezia

Ecce veniet Dominus protector noster, Sanctus Israel, coronam regni habens in capite suo, et dominabitur a mari usque ad mare, et a flumine usque ad terminos orbis terrarum.

Ecco verrà il Signore nostro protettore, il Santo di Israele, portando in capo la corona regale, e dominerà da un mare all’altro, e dal fiume fino agli estremi confini della Terra.

Qui viene ripreso il tema della Regalità di Cristo, posto a capo di Israele, quindi della Chiesa, e il cui impero viene descritto con le parole profetiche del Salmo 71, al versetto 8.

Quarta Profezia

Ecce apparebit Dominus, et non mentietur: si moram fecerit expecta eum, quia veniet et non tardabit.

Ecco apparirà il Signore e non mancherà di parola: se indugerà attendilo, perché verrà e non indugerà

Se la prima Profezia è un’esortazione di fede, la quarta è un invito di speranza. Quando sentiamo che il Signore è lontano, dobbiamo aspettarlo con maggiore risoluzione, perché è fedele alla sua Parola e ci richiama con le parole del Profeta, dicendo tornate a me con tutto il cuore (Gioele 2, 12). Non è il Signore ad essere lontano, siamo noi ad esserci allontanati dalla sua Grazia. E la meditazione dei Misteri del Natale apre le porte della Grazia ai penitenti.

Quinta Profezia

Descendet Dominus sicut pluvia in vellus: orietur in diebus ejus justitia, et abundatia pacis, et adorabunt eum omnes reges terrae, omnes gentes servient ei.

Il Signore discenderà come pioggia sul vello: in quei giorni spunterà la giustizia e l’abbondanza della pace: tutti i re della terra lo adoreranno e i popoli lo serviranno

Qui viene ripreso nuovamente il Salmo 71, 6-7: Descendet Dominus sicut pluvia in vellus, et sicut stillicidia stillantia super terram. Orietur in diebus ejus justitia, et abundantia pacis (Il Signore discenderà come pioggia sul vello, e come gocce d’acqua stillanti sulla terra. in quei giorni spunterà la giustizia e l’abbondanza della pace). Si legge poi in Isaia: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l’ho mandata 
(Isaia 55, 10-11). La metafora della pioggia indica il Signore come colui che porta a compimento l’opera della creazione: come la terra arida a causa della siccità ha nuovo vigore con le piogge leggere e la rugiada mattutina, così l’umanità inaridita dal peccato originale acquista nuova vita con la rugiada che scende dall’alto, Cristo Signore. Egli, facendosi Carne, è venuto a riscattare la carne – ut carne carnem liberans – e donandosi in Cibo e Bevanda salutare, diviene anche espressione perfetta e visibile di quanto prefigurato con la manna data ad Israele nel deserto. Gesù che nasce non è soltanto rugiada, ma anche fonte di vita eterna: Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris (Voi attingerete con gaudio le acque dalle fonti del Salvatore; Isaia 12, 3). Infine, un’ultima analisi ci aiuta a comprendere ancora di più questa simbologia, partendo da un versetto tratto da Isaia (Is 45, 8): Rorate coeli desuper et nubes pluant Justum: aperiatur terra et germinet Salvatorem (Stillate, cieli, dall’alto e piovano il Giusto le nubi: si apra la terra e germogli il Salvatore); il movimento discendente della pioggia e delle rugiada e accompagnato da quello ascendente del Salvatore che germoglia dalla terra. A nulla, infatti, vale un’opera che feconda se non porta alcun frutto, e in questa lettura scorgiamo la cooperazione della Trinità alla Redenzione con la Beata Vergine Maria.

Sesta Profezia

Nascetur nobis parvulus, et vocabitur Deus fortis: ipse sedebit super thronum David patris sui, et imperabit, cujus potestas super humerum ejus.

Nascerà per noi un bambino, e sarà chiamato Dio forte: egli siederà sul trono di Davide suo padre, la cui potesta è sulle sue spalle, e dominerà

Viene ancora posto l’accento sul carattere regale di Nostro Signore, ora accresciuto anche della dimensione temporale, legittimata mediante l’ascendenza al re Davide: Cristo è Re per diritto divino, Egli che è Dio, con potestà sui cieli, sulla terra e sugli abissi. Il verbo impero acuisce ancora di più questa visione, rendendola più forte e marcata. Non vuol dire, infatti, soltanto comandare od ordinare, ma piuttosto dominare grazie a un’origine del potere inappellabile e inarrivabile, reggere con autorità. In latino, questo verbo ha una costruzione particolare, reggendo la congiunzione ut e il congiuntivo, cioè una proposizione finale: in questo senso, il comando chiarisce l’evidente volontà del soggetto, che ordina con cognizione di causa, cioè in vista di un fine, in questo caso la salvezza delle anime.

Settima Profezia

Bethlehem, civitas Dei summi, exte exiet Dominator Israel, et egressus ejus sicut a principio dierum aeternitatis, et magnificabitur in medio universae terrae, et pax erit in terra nostra dum venerit.

Betlemme, città del sommo Dio, da te nascerà il dominatore di Israele, la sua nascita risale al principio dei giorni dell’eternità, e sarà glorificato in mezzo a tutta la terra, e quando egli sarà venuto, vi sarà pace sulla nostra terra.

L’ultima profezia racchiude in una sintesi tutte le precedenti, dandoci l’idea spaziale della nadcita di Gesù, Betlemme, come profetato da Michea: E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli di Israele. Egli starà là e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore suo Dio. Abiteranno sicuri perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra (Mi 5, 1-3).

La vigilia di Natale viene aggiunta un’ottava profezia, che con fede certa afferma che il tempo sta ormai per compiersi

Crastina die delebitur iniquitas terrae, et regnabit super nos Salvator mundi
Domani sarà cancellata la colpa dalla Terra e regnerà su di noi il Salvatore del mondo

Cui si risponde con Prope est jam Dominus, venite ad oremus (Vicino è ormai il Signore, venite adoriamo).


In conclusione, si può ben vedere la novena di Natale come un racconto della Storia della Salvezza, in cui le profezie rappresentano l’Antico Testamento, che in un crescendo di dettagli ed emozioni ci indica infine, come San Giovanni Battista, il Cristo, l’Agnello di Dio che si addossa i peccati del mondo e ci purifica con il suo Sangue.


Novena di Natale

Ecclesia Dei propone anche quest’anno il sussidio predisposto per la preghiera

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