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La perpetua verginità della Madre di Dio – II

Lasciamoci guidare dalla teologia cattolica circa questo grande punto della mariologia.

Nella prima parte abbiamo trattato il significato della verginità perpetua, come deve intendersi e sotto quali aspetti considerarla, per poi trattare l’integrità verginale prima del parto (in concipiendo). Ora concentriamo la nostra attenzione sulla verginità di Maria Santissima in partu (durante il parto) e post partum (dopo il parto).

II. Verginità durante il parto

Il Magistero Ecclesiastico insegna esplicitamente il parto verginale di Maria in vari documenti, come la Lectis dilectionis tuae di S. Leone Magno, dove si afferma esplicitamente che la Vergine “diede alla luce Cristo salva la sua verginità, come salva la sua verginità l’aveva concepito” (Denz., 144).

Nella Sacra Scrittura il passo più certo che esprime questo concetto è il Santo Vangelo di San Luca, che narra la presentazione del bambino Gesù al Tempio e non fa menzione della legge della purificazione della madre a causa del parto, ma soltanto della legge di offrire a Dio il primogenito (Luc. 2, 23-24).

Secondo il testo greco, S. Luca dice: “Dopo che furono compiuti i giorni della purgazione di essi” (2,23), indicando soltanto la determinazione cronologica dell’obbligazione legale, comune a Maria e a Giuseppe, di portare il primogenito al Tempio, invece dell’obbligo di purificazione della madre di Gesù. Maria volle sottostare alla legge della purificazione, pur non essendo obbligata essendo vergine. Questa tesi è ben riportata nel testo del Lèpicier:

“Quocirca cum Beatissima Virgo legi purificationis se subiecit, hoc non fuit ut purgaret se ab aliqua immunditia sive animae sive corporis, sed tantummodo ad adimplendum legis praeceptum, cui tamen obnoxia non tenebatur. Nam, sicut Christus, licet non esset legi obnoxius, tamen voluit circumcisionem et alia legis onera subire, ad humilitatis et obedientiae exempla praebenda, necnon ut approbaret legem, et tolleret Iudaeis calumniae occasionem, ita et Beatissima eius Mater, in quam plenitudo gratiae a Christo derivabatur, ut Filio conformaretur, legis praecepto propter allatas rationes se subiecit; unde signanter Evangelista dicit quod impleti sunt dies purgationis eius secundum legem Moysi.”

La Sacra Tradizione poi è altrettanto inequivocabile. Al parto verginale i Padri riferiscono in senso tipico anche le parole del profeta Ezechiele sulla porta chiusa (Ez. 44, 2; cfr. Ambrogio, Ep. 42, 6; Gerolamo, Ep. 49, 21), quelle del profeta Isaia sul parto senza dolori (Is. 66, 7; cfr. Ireneo, Epid. 54; Giovanni di Damasco, De fide orth., IV, 14) e quelle del Cantico dei Cantici sul giardino chiuso e della fonte sigillata (4, 12; cfr. Gerolamo, Adv. Iov. I, 31; Ep. 49, 21).

La dottrina dei Padri viene riassunta da P. Merkelbach, con questi termini: “I Padri stabiliscono dei paragoni tra il parto verginale e l’uscita di Cristo dal sepolcro, il suo ingresso nel Cenacolo a porte chiuse, la penetrazione dei raggi del sole attraverso un cristallo illeso. Talvolta usano l’esempio della stella che, senza sua lesione, emette un raggio ed alla quale il raggio non toglie lo splendore, per significare che la Madre di Dio, senza sua lesione, diede alla luce il figlio, che non le tolse l’integrità verginale. Ricorrono all’immagine della luce, che penetra e pervade il vetro senza infrangerlo…E ancora paragonano la purità della Vergine Deipara alla purezza dello specchio, che non è infranto dal dardeggiare dei raggi, né macchiato dalla ripercussione della luce; paragonano il parto di lei al frutto maturo, che cade spontaneamente dall’albero, senza che debba essere strappato e quasi divelto; infatti, il parto virgineo non abbisogna della mano dell’ostetrica. Perciò la Chiesa canta nel Prefazio in onore della Madonna: “…conservando la gloria della verginità, diede al mondo il lume eterno””.

Dunque, in Maria vi fu un vero parto, perché il figlio venne alla luce per la medesima via degli altri uomini quando nascono, sebbene non abbia leso l’integrità della Vergine Maria stessa. Se agli occhi di un cieco materialismo empiristico ciò è inconcepibile, risulta invece possibile per virtù divina, essendo un miracolo di penetrazione di due corpi. 

Seguendo poi la ragione, si può dimostrare la convenienza del parto verginale riguardo a Cristo, il quale, come è nato, nell’eternità, senza la corruzione del Padre, così era conveniente che nascesse nel tempo, senza corruzione della Madre: Gesù, come uscì dal sepolcro chiuso, così uscì da Maria. Non poteva corrompere la Madre colui che venne a togliere la nostra corruzione: “ad hoc venit Christus, ut nostram corruptionem tolleret, unde conveniens non fuit ut virginitatem Matris nascendo corrumperet

II. Verginità dopo il parto

Questo aspetto della verginità di Maria, negli ultimi tempi, viene molto criticato ed attaccato. Ma la teologia è molto chiara a riguardo, e trova espressione in San Tommaso, che affronta la questione nella Summa.

Secondo l’Aquinate, la ragione di questa verità è da ricercare in questi quattro argomenti:

  1. ex Christi perfectione (per la perfezione di Cristo).
  2. ex dignitate Spiritus Sancti (per la dignità dello Spirito Santo).
  3. ex sanctitate ipsius Deiparae (per la santità della stessa Deipara, ossia Maria).
  4. ex sanctitate sponsi eius Iosephi (per la santità del suo sposo S. Giuseppe).

San Tommaso spiega questi quattro punti come segue:

“Senza alcuna esitazione dobbiamo condannare l’errore di Elvidio il quale presunse di affermare che la madre di Cristo dopo il parto fu conosciuta carnalmente da Giuseppe e generò altri figli. Primo, perché ciò sminuisce la dignità di Cristo: il quale, come per la natura divina è “l’Unigenito del Padre”, quale suo “Figlio assolutamente perfetto”, così conveniva che fosse l’unigenito della madre, quale suo frutto perfettissimo.
Secondo, perché tale errore offende lo Spirito Santo, che nel seno della Vergine, divenuto suo santuario, ha formato la carne di Cristo: quindi non era decoroso che dopo questo fosse violato da rapporti coniugali. Terzo, ciò compromette la dignità e la santità della Madre di Dio: la quale si sarebbe dimostrata ingratissima a non contentarsi di un Figlio così grande e a perdere spontaneamente con rapporti coniugali la verginità, che un miracolo le aveva conservato. Quarto, sarebbe da rimproverare a Giuseppe la massima presunzione, se avesse tentato di violare una donna che, come egli aveva conosciuto per rivelazione angelica, aveva concepito Dio per opera dello Spirito Santo. Dobbiamo quindi affermare in modo assoluto che la Madre di Dio, come concepì da vergine e partorì da vergine, così anche dopo il parto rimase vergine per sempre.” [Summ. Th. IIIa q. 28 a. 3 co.]

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