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La pia pratica delle indulgenze

L'uso pio delle indulgenze risale ai primi tempi della Chiesa e i principi alla base delle indulgenze risalgono alla Sacra Scrittura stessa. I principi che stanno alla base delle indulgenze sono chiari nella Sacra Scrittura quanto quelli che stanno alla base di dottrine più familiari, come la Santissima Trinità.

Al giorno d’oggi si sente dire spesso che le indulgenze non fanno parte dell’insegnamento della Chiesa, e  soprattutto che non abbiano un fondamento nella sacra scrittura. Questa affermazione è in realtà falsa. Lo dimostra il Catechismo della Chiesa Cattolica, quando afferma: 

“L’indulgenza si ottiene mediante la Chiesa che, in virtù del potere di legare e di sciogliere accordatole da Gesù Cristo (cfr. Mt 16,19), interviene a favore di un cristiano e gli dischiude il tesoro dei meriti di Cristo e dei santi perché ottenga dal Padre delle misericordie la remissione delle pene temporali dovute per i suoi peccati. Così la Chiesa non vuole soltanto venire in aiuto a questo cristiano, ma anche spingerlo a compiere opere di pietà, di penitenza e di carità.” (CCC 1478).

Le indulgenze fanno parte dell’insegnamento infallibile della Chiesa. Ciò significa che ogni cattolico deve aderire a questo prezioso insegnamento. Il Concilio di Trento ha dichiarato:

La potestà di elargire indulgenze è stata concessa alla chiesa da Cristo ed essa ha usato di questo potere, ad essa divinamente concesso, fin dai tempi più antichi. Per questo il santo sinodo insegna e comanda di mantenere nella chiesa quest’uso, utilissimo al popolo cristiano e approvato dall’autorità dei sacri concili e colpisce di anatema quelli che asseriscono che esse sono inutili o che la chiesa non ha potere di concederle. Esso, però, desidera che nel concedere queste indulgenze si usi moderazione, secondo l’uso antico e approvato nella chiesa, perché per la troppa facilità la disciplina della chiesa non debba indebolirsi. (SESSIONE XXV, 3-4 dicembre 1563)

Prima di esaminare più da vicino questi principi e, dare i riferimenti biblici, oltre quelle del Magistero della Chiesa, definiamo le indulgenze. Nella sua costituzione apostolica sulle indulgenze, Papa san Paolo VI ha detto che: 

“L’indulgenza è una remissione davanti a Dio della pena temporale dovuta ai peccati la cui colpa è già stata perdonata, che il fedele cristiano debitamente disposto ottiene a certe condizioni definite con l’aiuto della Chiesa quando, come ministro della redenzione, dispensa e applica con autorità il tesoro delle soddisfazioni ottenute da Cristo e dai santi” (Indulgentiarum Doctrina 1).

Quando commettiamo il peccato, esso provoca una colpa e una punizione. Facciamo un esempio basato sulla vita quotidiana. Se andiamo a casa di un nostro amico, e per volontà nostra deliberata, gli rompiamo una sedia, abbiamo creato un danno. Dal danno (peccato) ne deriva una responsabilità che si esplica nella colpa. La colpa può essere perdonata dal nostro amico, ma questo non modifica l’effetto del danno: la sedia rimane rotta. Così avviene dopo la confessione. La colpa vene rimessa dal sacramento della confessione, dopo l’assoluzione, ma la pena (punizione) rimane. La punizione può essere sia temporale che eterna. La sacra scrittura indica che alcune punizioni sono eterne, durano per sempre, ma altre sono temporali. La pena eterna è menzionata in Daniele 12, 2: 

“Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna.”

Invece la pena temporale fa riferimento al Purgatorio, e il passo biblico in cui il Magistero fonda questa dottrina è il seguente:

“Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. 26In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!” (Mt, 5 25-26)

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Quando qualcuno si pente, Dio cancella la sua colpa e qualsiasi punizione eterna ( non si finisce all’inferno), ma le pene temporali possono rimanere; il purgatorio è il posto dove esse si scontano. Un passo che lo dimostra, oltre quello già citato,  è 2 Sam 12, 7-12, in cui il profeta Natan dice al re Davide che deve scontare una pena per il suo adulterio:

“Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai. Tuttavia, poiché in questa cosa tu hai insultato il Signore (l’insulto sia sui nemici suoi), il figlio che ti è nato dovrà morire».” 

Dio si serve della Chiesa quando rimuove le pene temporali. Questa è l’essenza della dottrina delle indulgenze. Fin dall’inizio, gli atti di penitenza sono stati assegnati come parte del sacramento della confessione, perché la Chiesa ha riconosciuto che i cristiani devono affrontare le sanzioni temporali, come disciplina di Dio, e la necessità di risarcire coloro che i nostri peccati hanno ferito.

La Chiesa ha riconosciuto anche che la durata delle punizioni temporali poteva essere diminuita o annullata attraverso il coinvolgimento di altre persone che sono gradite a Dio: i santi. Ad esempio nella distruzione di Sodoma, il dialogo tra Abramo e il Signore parla proprio di questo. La città sarebbe stata risparmiata, se fossero stati trovati anche solo dieci giusti. (cfr. Gen. 18)

Le indulgenze, oltre che per i vivi possono essere applicare anche per i defunti. Perché tutti facciamo parte del corpo mistico di Cristo e partecipi nella comunione dei santi, di tesori e dei meriti che essi hanno dinanzi al Signore. Noi vivi siamo Chiesa militante, le anime dei defunti in purgatorio sono la Chiesa purgante, in attesa, scontata la pena temporale, di entrare in paradiso nella Chiesa trionfante.

La pia pratica di pregare per i defunti trova fondamento nell’Antico Testamento, Giuda Maccabeo trova i corpi di soldati morti indossando amuleti superstiziosi durante una delle battaglie del Signore. Giuda e i suoi uomini “si misero a pregare, supplicando che il peccato commesso fosse completamente cancellato” (2 Macc. 12:42). Giuda, inoltre, “fece una colletta, uomo per uomo, per l’ammontare di duemila dracme d’argento e la inviò a Gerusalemme per provvedere all’offerta per il peccato. Così facendo fece l’espiazione per i morti, affinché fossero liberati dal loro peccato” (2 Macc. 12:43, 46).

La Chiesa divide l’indulgenza in plenaria e parziale. La plenaria rimette tutta la pena, la parziale solo in parte. L’indulgenza plenaria si può applicare solo una volta al giorno, la parziale più volte al gorno.
È necessario compiere un’opera indulgenziata e adempiere a tre condizioni:
– confessione sacramentale,
– comunione eucaristica
– e preghiera secondo le intenzioni del sommo Pontefice(Pater, Ave, Gloria).
Si richiede che sia escluso qualsiasi affetto al peccato, anche veniale.
Le tre condizioni possono essere adempiute parecchi giorni prima o dopo aver compiuto l’opera prescritta.
Con una sola confessione sacramentale si possono acquisire più indulgenze plenarie. Molte sono le opere alle quali viene annessa l’indulgenza plenaria: Tra le principali meritano di essere menzionate: l’adorazione al SS. Sacramento per almeno mezz’ora; la pia lettura della Sacra Scrittura almeno per mezz’ora; il pio esercizio della Via crucis; la recita del Rosario mariano in Chiesa o in un pubblico oratorio, oppure in famiglia, in una comunità religiosa, in una pia associazione. 

In questo periodo possiamo acquistare a favore delle anime del Purgatorio l’indulgenza plenaria, se nei giorni dal 1° all’ 8 novembre devotamente si visita il cimitero e anche soltanto mentalmente prega per i fedeli defunti, sempre rispettando le medesime condizioni generali (confessione, comunione, preghiera secondo le intenzioni del Papa e distacco dal peccato) .

Nell’unione dei santi e partecipi dei loro meriti dinanzi al Signore, facciamo uso e ricorso alle indulgenze, perché siano modo di continua conversione dai peccati e crescita continua nella carità verso i fratelli. 

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