Il 29 giugno la Chiesa Cattolica ricorda i suoi due più grandi prìncipi: il primo Vicario di Cristo in Terra e l’Apostolo delle Genti. Roma è in festa, Roma gioisce, Roma ricorda in questa data i suoi santi patroni, e poiché per antica tradizione l’Urbe coincide con l’Orbe, è la Chiesa universale stessa, ovvero il mondo intero, il mondo cattolico, il gregge di Cristo, a esultare per i suoi santi.
Pietro e Paolo, due uomini così differenti, distanti su ogni fronte, eppur così uniti nel desiderio di portare nel mondo il Verbo di Cristo. Il primo, umile pescatore dai modi semplici, ebbe modo di incontrare Gesù personalmente nella sua vita e divenirne un amico, accompagnandolo durante tutte le tappe della Sua vita pubblica sino al sinedrio, dove cadde nel rinnegamento che, tuttavia, sanò dopo la Risurrezione.[1] Il secondo, di famiglia agiata, cittadino romano di religione ebrea ma con formazione di matrice ellenica, fu il principale persecutore dei primi cristiani dopo la morte di Gesù – fra cui santo Stefano [2] -, sino alla sua celebre conversione sulla via di Damasco, dove l’incontro mistico con il Signore lo rese temporaneamente cieco e pronto ad un suo totale abbraccio alla vera Fede.
Non mancarono momenti di confronto importante fra i due; un’evidenza particolarmente importante la si ha nel secondo capitolo della Lettera ai Galati [3] dove Paolo si oppone fermamente a Pietro accusandolo di essere in torto in merito ad alcuni comportamenti riguardanti pagani e giudei. Le diverse posizioni si manifestarono chiaramente anche nel Primo Concilio di Gerusalemme, il primo concilio della Chiesa, convocato in data 48-50 d.C.
I santi Pietro e Paolo sono due fratelli complementari, uniti dalla Parola di Dio di cui furono strenui annunciatori e depositari. I loro disaccordi non impedirono però a Paolo di riconoscere sempre il primato petrino (questo dovrebbe far riflettere taluni scismatici) e la sua autorità come capo assoluto della chiesa (e questo dovrebbe invece mettere in guardia taluni pontefici un po’ troppo “sinodali”, almeno nelle apparenze). Al contempo, Pietro ebbe modo di avvalorare la dottrina di Paolo in una fraternità nella diversità, che peraltro è tipica di tutti i santi, che li conduce ad essere raffigurati in un abbraccio, il quale unisce veramente due mondi diversi, due simboli differenti: le chiavi e la spada, ovvero le redini della Chiesa e la sua missione evangelizzatrice, in una qual misura, la dottrina e la pastorale.
Questo abbraccio fra Paolo e Pietro è così forte da unire anche il giorno della loro solenne festa (sebbene il messale antico preveda la commemorazione specifica per San Paolo il giorno successivo). Scrive a tal proposito Sant’Agostino:
«Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch’essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, tuttavia, erano una cosa sola in Cristo».
Al Doctor Gratiae fa eco san Leone Magno, il quale rammenta come sono stati proprio costoro a convertire Roma dal paganesimo alla Verità:
«Perché son dessi, o Roma, gli eroi che fecero risplendere ai tuoi occhi il Vangelo di Cristo; e che da maestra dell’errore; ti resero discepola della verità».
Questa festa è importante non solo per ricordare le gesta dei due grandi uomini che posero solide fondamenta nella costruzione della Chiesa di Cristo, ma invita anche ad una riflessione ulteriore: in essa c’è spazio per tutti. Si badi bene però, ciò non si intende alla maniera eterodossa e sincretistica che tanto va di moda in questi ultimi anni, simile più a un confronto di uomini fin troppo morbidi nei principi e nella difesa della Verità affinché essa sia accomodante nell’errore e ottenere così la salvezza per tutti. C’è spazio per tutti sotto la guida dei due santi apostoli che in questa festa si ricordano, basata sul confronto vero e sulla definizione di un’unica versione corretta che non sia frutto di compromessi concilianti, ma dono dello Spirito Santo per una pronta comprensione di ciò che è Verità e no. La festa dei Santi Pietro e Paolo, nel loro pluralismo caratteriale, comportamentale, emotivo, di estrazione sociale ed espressivo, evidenzia inoltre la pluralità della Chiesa militante e trionfante: non c’è un unico modello di santità a cui protendere.
Spesso c’è un’idea di santità che si rifà a 4 o 5 personaggi della Chiesa identificati come modelli unici – in primis San Francesco -, tuttavia è importante non cadere in tale tranello poiché si rischierebbe di costruire una serie limitata di vie alla santità dettate da elementi perlopiù inerenti a momenti storici, politici, sociali e anche religiosi che non trovano sempre riscontro con la differenza animica e caratteriale di ciascun uomo. San Pietro e San Paolo sono stati grandi santi che hanno reso grande la Chiesa di Dio anche per la loro differenza, per il loro diverso temperamento e, in una qual misura, anche per il loro differente approccio al divino. Partendo da ciò, soprattutto tra i giovani, potrà scaturire un processo di riflessione atto a riconoscere ciascuno di noi come potenziale santo, a prescindere dai modelli universalmente riconosciuti, purchè restando nell’Unico Gregge di Cristo e rispettando i valori evangelici, vero caposaldo inderogabile. I santi Pietro e Paolo in questo sono vicini ad ogni uomo, la loro festa sarà, dunque, occasione per invocare su tutti la benedizione e la custodia sulla via che conduce al Paradiso, sulla via che conduce, ergo, alla Santità.
- Gv 21,15-17
- At 7,58; 8,1
- Gal 2,11-14