La stola

La stola è un paramento sacro, segno distintivo degli ordini maggiori, a buon ragione considerato come il più significativo tra i paramenti. Essa presenta tre croci, una centrale e una per ognuna delle estremità.

La stola è un paramento sacro, segno distintivo degli ordini maggiori, a buon ragione considerato come il più significativo tra i paramenti. Essa presenta tre croci, una centrale e una per ognuna delle estremità. Deriva da un indumento latino, detto “orarium” (da os: bocca), che era portato sulla spalla sinistra e girava intorno al collo, come si può ancora osservare per alcuni sacri ministri bizantini. La stola simboleggia sia i “fiumi d’acqua viva che scendono sugli eletti” (Gv 7,38), sia la grazia che ci viene gratuitamente elargita mediante i sacramenti.

La sua forma varia secondo le tradizioni locali: quella romana, dritta, viene poggiata poco più in basso delle scapole e lì ribaltata dal lato della croce, mentre quella francese è confezionata con un angolo minore di 90° e viene poggiata direttamente sul collo, presentando anche una larghezza minore. Un tipo di stola, detta pastorale, è portata con l’abito corale durante le funzioni paraliturgiche come le processioni: per il Papa è rossa o bianca, a seconda del colore della mozzetta.

Se con il Messale di Paolo VI il sacerdote e il vescovo la portano allo stesso modo, nella liturgia tradizionale i tre ordini maggiori hanno tre modi differenti di indossare la stola. Il diacono la porta trasversalmente, dalla spalla sinistra al fianco destro, i sacerdoti incrociata sul petto, con la parte destra sulla sinistra, i vescovi dritta davanti al petto; se il vescovo celebra pontificalmente, la indossa sotto la tunicella. Ci sono state anche varie spiegazioni sulla simbologia dietro questi diversi usi: il vescovo la porta dritta in quanto ha la pienezza dell’ordine; il sacerdote la indossa incrociata perché la sua autorità è “legata” a quella del suo Ordinario – ad esempio non può conferire il sacramento della Confermazione senza dispensa, quello dell’Ordine, non può compiere esorcismi senza mandato; il diacono la porta trasversale come segno dello scudo contro Satana – spiegazione sicuramente seducente ma probabilmente abbastanza ingenua.

La stola

La stola è usata sia con il camice che con la cotta, ma ovviamente con quest’ultima i sacerdoti la lasciano cadere dritta. Se un sacerdote assiste coralmente alle sacre celebrazioni, il suo abito corale consta di talare e cotta, tendenzialmente. L’uso di indossare la stola dal Sanctus alla Comunione è, infatti, abbastanza recente, in linea con l’affermarsi, almeno sul piano teorico-discorsivo, dunque speculativo, della concelebrazione.

La preghiera da recitare mentre la si assume è la seguente: “Redde mihi, Domine, stolam immortalitatis, quam perdidi in praevaricatione primi parentis; et quamvis indignus accedam ad tuum sacrum mysterium, merear tamen gaudium sempiternum” (Donami, Signore, la stola dell’immortalità, che persi a causa del peccato dei progenitori; e benché indegnamente accedo ai tuoi santi misteri, io ottenga ugualmente la tua grazia).

Stando così le cose, essendo cioè la stola il segno più caratterizzante degli ordinati, dei quali descrive l’autorità e la dignità, non possiamo non pensare a quanti non ne fanno uso perché, in particolar modo sotto la casula, non è visibile. Paradigma della società contemporanea americanizzata: ciò che si vede è importante, ciò che non si vede va eliminato. Curioso come si parli sempre dei poveri, degli ultimi, degli emarginati, di quelli che non si vedono, e poi ciò che non si vede vogliamo toglierlo di mezzo. La stola, proprio perché distintivo dell’autorità, trasmessa ai sacerdoti, di Cristo Re vincitore della morte, fa paura a chi non è di Cristo.

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