Sebbene il mese per eccellenza dedicato alla recita del Santo Rosario sia maggio, devozione di cui si possono tracciare le origini sino al 1725, quando il padre gesuita Annibale Dionisi (1679-1754) pubblicò con lo pseudonimo di Mariano Partenio (nome inneggiante alla verginità di Maria) il testo Il mese di Maria o sia il mese di maggio consacrato a Maria con l’esercizio di vari fiori di virtù proposti a’ veri devoti di lei, e di cui con enfasi ancor maggiore Pio XII nel 1945 stabilisce la festa di Maria Regina il 31 del medesimo mese (spostata poi purtroppo dopo il Concilio Vaticano II al 22 agosto), la ricorrenza dedicata a tale preziosissima devozione è specialmente il 7 ottobre. In questa data, oggi nota come Beata Vergine Maria del Rosario, si ricorda la grandiosa vittoria riportata dalle flotte cristiane sui musulmani a Lepanto (nei pressi del golfo di Corinto), avvenuta il 7 ottobre 1571, giorno in cui le numerose e diffuse confraternite del Rosario onoravano in modo particolare la beata Vergine sotto il titolo di Madonna del Rosario.
Le vicende storiche sono piuttosto note: la Lega Santa, riunente le forze navali della Repubblica di Venezia, dell’Impero di Spagna (con Napoli e Sicilia), dello Stato Pontificio, della Repubblica di Genova, dei Cavalieri di Malta, del Ducato di Savoia, del Granducato di Toscana e del Ducato di Urbino, sotto la guida di Don Giovanni (Juan) d’Austria (1547-1578), figlio naturale di Carlo V, si scontrò con la flotta ottomana, comandata da Müezzinzade Alì Pascià in quella che fu la più grande battaglia navale della storia moderna, con la vittoria schiacciante dei cristiani.
Il giorno dello scontro era una domenica e sulle navi della Lega Santa si respirava un’aria di devozione profondissima, la messa fu celebrata con particolare solennità. A capo scoperto, tutti gli uomini, a partire dai comandanti sino agli ultimi soldati, si comunicarono e si confessarono ottenendo l’indulgenza plenaria concessa per l’occasione dal papa (Petacco, 2019). Il cielo era sereno, tutti gli stendardi della variopinta flotta cristiana furono ammainati, ad eccezione di due, quelli benedetti dal sommo pontefice e consegnati a Don Giovanni d’Austria e Marcantonio Colonna, raffiguranti il Cristo Crocifisso.
Inizialmente le condizioni per la battaglia non erano particolarmente congeniali per lo scontro, il vento era a favore del nemico musulmano, solo sino a mezzodì tuttavia, ora di recita della preghiera mariana per eccellenza, l’Angelus, istituita dal papa delle Crociate per eccellenza, Urbano II (1040-1099); accadde in quel momento che improvvisamente le vele ottomane si afflosciarono mentre quelle cristiane gonfiavano, facendo garrire al vento gli stendardi di Cristo. Un segno evidente del favore divino.
Lo scontro fu comunque molto arduo, con accesi scontri sia al centro che sui corni (lati) ma alla fine, nonostante alcune perdite, soprattutto per i toscani, i cristiani ebbero la meglio, riuscirono a colpire duramente il centro dello schieramento e uccidere l’ammiraglio musulmano in persona, spezzando il morale del suo esercito. Da quello scontro quindicimila cristiani schiavizzati dai turchi ai remi furono liberati ed essi, in segno di profonda devozione alla Madonna, salirono in processione fino alla Santa Casa di Loreto, dove le offrirono le proprie catene. Scrive il Martorelli:
È assai noto che nella medesima giornata [della battaglia di Lepanto ndr], prima che al fatto si desse principio, gli schiavi cristiani dai Turchi posti alle catene per vogare, si votarono a Santa Maria di Loreto per la libertà loro. […] E vollero che quivi restasse di tanto celeste beneficio qualche memoria: lasciarono alla loro Liberatrice le catene che ai remi gli tenevano legati.
(Martorelli, vol. I, p. 431)
Al di là degli eventi prettamente bellici, fu proprio l’orario di mezzodì, ora dell’Angelus e momento di mutazione dei venti, ad essere oggetto di interessanti eventi mistici.
Contiguamente a questo favor meteorologico il papa, san Pio V, al secolo Antonio (Michele) Ghislieri (1504-1572) il noto pontefice piemontese dalle umilissime origini (suo padre era un pastore di pecore) ma dalla devozione profondissima, domenicano dalla brillante carriera che lo vide Vescovo di Mondovì e Grande Inquisitore della Santa Romana e Universale Inquisizione con facoltà illimitate e ad vitam, alle ore 12 del 7 ottobre, ebbe in grazia da Dio una visione celeste. La sua preghiera, conscia del grave pericolo in cui la cristianità incorreva e delle nefastissime conseguenze che una sconfitta avrebbero arrecato ai principati europei, divenne in quei giorni quasi incessante, e fu dal Signore premiata amabilmente, concedendogli uno spaccato sugli eventi che nell’Egeo si stavano susseguendo, nonché degli esiti cui si sarebbe giunti per Grazia divina. Padre Alberto Guglielmotti (1812-1893), teologo e storico domenicano, così narrava questo evento miracoloso avvenuto in concomitanza con la battaglia navale:
Nel tempo però che queste cose succedevano, il santo Pontefice con molte orazioni chiamava l’assistenza di Dio sopra ai suoi figli, e le celesti benedizioni sopra l’armi cristiane. A tutte le pie persone, e più agli ecclesiastici, faceva dire che orassero con fiducia, e ne vedrebbero gli effetti. L’Altissimo il volle non solo esaudito, ma lieto con la notizia anticipata della vittoria. Imperciocché stando quél giorno sette di ottobre nelle ore pomeridiane con monsignor Barlolommeo Bussotto tesoriero, col cardinal Cesis, e più altri famigliari, improvvisamente appartatosi da loro cogli occhi levati al cielo, pieno di giubilo, e mostrando sui tratti dello scarno sembiante l’impressione del superno lume, rivolto al Tesoriero, gli disse: Andate, monsignore, non è tempo di altri affari: ringraziatene Iddio che l’armata nostra, affrontatasi con la nemica, ha guadagnato la vittoria.
(Guglielmotti, 1862. Pp. 249-250)
Di più antica fonte si ha altresì Girolamo Catena, che narra il medesimo racconto così:
& mandati al cielo cotanti fofpiri feruentiffimi, & preghiere, con le quali meritò effere eflaudito, commouendo la mifericordia, & la pietà diuina à fauore de Chriſtiani: & meritò, che nel detto giorno Dio gli riuelaffe la vittoria, ftando Pio lontano tanto fpatio di mare, & di terra, nel palagio Vaticano, alle fue ftanze, per le quali paffeggiando, & trattando negotij d’importanza, & fpecié con Monf. Bartholomeo Bufotti da Bibiena Theforier generale, fpiccatofi d’improuifo da loro, aprì vna feneftra, & riuolti gli occhi al Cielo, tenneuigli fiffi per vn gran pezzo, indi riſerrando la feneftra, & moftrandofi pieno di grancofe, riguardò il Theforiere, & diffegli, «Non è témpo da negotiar quefto, andate à ringratiar Dio, perche la noftra armata hà combattuto con la Turchefca, & sù queft’hora ha vinto». Et egli incontanente ſe n’andò, mà inandado riuoltofi indietro vide il Papa,ch’era corfo à vno altarino, & gittatofi in ginocchion ringratiaua Dio con le man Dio giunte.
(Catena, 1586. P. 195)
Il papa, dunque, era già stato informato dal Cielo in merito alla grande vittoria, la quale segnò un momento decisivo nella Storia, ponendo un profondo argine alle avanzate mediterranee dei musulmani e, assieme alla grande vittoria di Vienna del secolo successivo, 1683, segnò definitivamente la fine dei tentativi musulmani di espansione verso l’Occidente (quantomeno con i classici metodi di guerra aperta).
I dispacci ufficiali di vittoria non arrivarono da Venezia a Roma che nella notte fra il 21 e il 22 ottobre, giungendo nelle mani del cardinale Segretario di Stato Girolamo Rusticucci (1537-1603) che corse immediatamente a comunicarlo al Santo Padre, il quale, vedendosi avverare quanto mirato nella visione di due settimane prima proruppe in lacrime di gioia e recitò la preghiera del vecchio Simeone: «nunc dimittis servum tuum in pace» (Lc 2,29) [Ora lascia che il tuo servo vada in Pace]. Tornò poi a letto ma per la profonda emozione non riuscì a prender sonno. Il mattino seguente, ancor commosso, si recò nella basilica di San Pietro per ringraziare ulteriormente ed esortò tutti gli ambasciatori e cardinali a proseguire gli sforzi della guerra contro gli ottomani, elogiando inoltre don Giovanni d’Austria al punto da pronunziare il prologo del vangelo di San Giovanni con chiara allusione omonimica: «Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Ioannes» [Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni].
Narra von Pastor in merito a questo radioso evento, evidenziando peraltro l’animo sentitamente devoto, contrito e santo di Pio V:
Tutta Roma condivise il giubilo di Pio V. Il santo papa fu innalzato alle stelle. I romani non rinunziarono a celebrare la vittoria con spari e fuochi di gioia, sebbene Pio V opinasse che le relative spese fossero meglio impiegate nel far celebrare Messe per le anime dei caduti. In compenso egli largì una speciale in dulgenza.
(von Pastor, 1929. Pp. 555-563, 574-575)
«Fu per noi tutti come un sogno», scrisse l’11 novembre 1571 a Don Juan da Madrid Luis de Alzamara; «credemmo di riconoscere l’immediato intervento di Dio». Le chiese de’ paesi cattolici risuonarono dell’inno di ringraziamento, il Te Deum. Primo fra tutti Pio V richiamò il pensiero al cielo: nelle medaglie commemorative, che fece coniare, egli pose le parole del salmista: la destra del Signore ha fatto cose grandi; da Dio questo proviene. Poiché la battaglia era stata guadagnata la prima domenica d’ottobre, in cui a Roma le confraternite del rosario facevano le loro processioni, Pio V considerò autrice della vittoria la potente interceditrice, la misericordiosa madre della cristianità e quindi ordinò che ogni anno nel giorno della battaglia si celebrasse una festa di ringraziamento come «commemorazione della nostra Donna della vittoria». Addì 1° aprile 1573 il suo successore Gregorio XIII stabilì che la festa venisse in seguito celebrata come festa del Rosario la prima domenica d’ottobre. […]
In Ispagna e Italia, i paesi più minacciati dai Turchi, sorsero ben presto chiese e cappelle dedicate a «Maria della Vittoria». Il senato veneto pose sotto la rappresentazione della battaglia nel palazzo dei dogi le parole: né potenza e armi né duci, ma la Madonna del Rosario ci ha aiutato a vincere. Molte città, come ad es. Genova, fecero dipingere la Madonna del Rosario sulle loro porte ed altre introdussero nelle loro armi l’immagine di Maria che sta sulla mezza luna.
Pio V morì poco dopo, il primo giorno del mese di maggio, il mese mariano, del 1572, salendo al Cielo con le seguenti parole: «Vi raccomando la santa Chiesa che ho tanto amato! Cercate di eleggermi un successore zelante, che cerchi soltanto la gloria del Signore, che non abbia altri interessi quaggiù che l’onore della Sede Apostolica e il bene della cristianità». Nostra Donna della Vittoria, la festa che istituì per il 7 ottobre da celebrarsi in perpetua memoria, mutò il suo nome in Nostra Signora del Rosario, per volontà del successore di Ghislieri, papa Gregorio XIII Boncompagni (eletto in quel giorno che qualche secolo più avanti sarebbe divenuto mariano per eccellenza, il 13 maggio), con il breve Monet Apostolus del 1 aprile 1573.
Questa festa, doppio di seconda classe, rappresenta per tutti i cristiani, e in special modo guardando alla serafica visione di san Pio V a seguito delle sue continue orazioni, un esempio di quali grandi vittorie si possono ottenere con la preghiera e quale grande potere di intercessione possiede la Vergine mediatrice di tutte le grazie: un invito costante alla perseveranza, anche quando tutto sembra essere a sfavore, poiché i venti di mezzodì, con l’ausilio di coLei che tutto da suo Figlio ottiene, possono mutare improvvisamente, portandoci a grandi e insperati trionfi.
Bibliografia
- Catena, G. (1586). Vita del gloriosissimo papa Pio Quinto scritta da Girolamo Catena dedicata al Santissimo Signor Nostro Sisto Quinto con vna raccolta di lettere di Pio V a diuersi principi, & le risposte, con altri particolari. E i nomi delle galee, et di capitani, così christiani, come Turchi, che si truovarono alla battaglia navale. Stamperia Vincenzo Accolti, Roma.
- Gregorio XIII (1573). Monet Apostolus. Roma.
- Martorelli P.V. (1733). Teatro istorico della Santa Casa Nazarena della B. Vergine Maria e sua ammirabile Traslazione in Loreto, vol. I. Rossi, Roma.
- Petacco, A. (2019). La croce e la mezzaluna. Lepanto 7 ottobre 1571: quando la Cristianità respinse l’Islam. Mondadori.
- von Pastor, L. (1929.), Storia dei Papi, Vol. VIII, Desolée & C. editori, Roma