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L’apostasia dell’Anticristo – I

Or ecco che in mezzo al nostro secolo, profondamente turbato, sia dalle ribellioni della ragione umana contro la Fede, sia dagli assalti incessanti contro la Chiesa, sia finalmente dai provvedimenti molteplici e perfidi contro il cristianesimo degli individui.

Mons. Agostino Lemann

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Or ecco che in mezzo al nostro secolo, profondamente turbato, sia dalle ribellioni della ragione umana contro la Fede, sia dagli assalti incessanti contro la Chiesa, sia finalmente dai provvedimenti molteplici e perfidi contro il cristianesimo degli individui.

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Quasi duemila anni fa la Chiesa di Tessalonica trovavasi nel disordine: alcuni falsi dottori avevano sparso che il mondo stava per finire. L’apostolo S. Paolo, fondatore di quella chiesa, avendo saputo questo turbamento delle anime, prese la penna e, in una lettera rimasta celebre, la IIa ai Tessalonicesi, li rassicurò in questi termini: 

“Noi vi preghiamo, o fratelli, per la venuta del Signor nostro Gesù Cristo, e per l’adunamento nostro con lui, che non vi lasciate sì presto smuovere dai vostri sentimenti, nè atterrire, o dallo spirito, o da ragionamento, o da lettera come scritta da noi, quasi imminente sia il dì del Signore. Nessuno vi seduca in alcun modo; imperocchè (ciò non sarà) se prima non sia seguita l’apostasia e non sia manifestato l’uomo del peccato, il figliuolo di perdizione”. 

La calma tornò nella chiesa di Tessalonica; ma due annunzi erano stati fatti dall’Apostolo per istruzione dei secoli futuri: cioè che la fine del mondo non sarebbe avvenuta so prima non fosso seguita l’apostasia e non fosse comparso l’Anticristo o l’uomo del peccato. Dunque prima l’apostasia e poi l’Anticristo. Or ecco che in mezzo al nostro secolo, profondamente turbato, sia dalle ribellioni della ragione umana contro la Fede, sia dagli assalti incessanti contro la Chiesa, sia finalmente dai provvedimenti molteplici e perfidi contro il cristianesimo degli individui, delle famiglie e delle nazioni, ecco che la parola apostasia, come l’ha pronunziata san Paolo, viene echeggiando dall’alto, cadendo a più riprese, come un avvertimento, dalle labbra o dalla penna de’ Romani Pontefici.

II.

Da prima è Leone XIII, che nel concistoro segreto del 30 dicembre 1889, si espresse, per la prima volta, così dinanzi ai cardinali: “Venerabili fratelli, facilmente apparisce che vi ha il comune disegno d’impugnare la religione avita e, sotto gli auspici e la guida delle sétte perverse, strappare, se fosse possibile, dal seno della Chiesa l’intera nazione italiana… Ciò che noi vogliamo, è che sia conservata intera, come conviensi, la fede cristiana; giacchè la conservazione appunto di questa è messa in pericolo, quando coloro che presiedono al governo del popolo assegnano allo Stato l’ufficio di vendicare all’umana ragione un primato senza misura e senza legge: il che, tolte le lustre, altro non è che rigettare totalmente ciò che da Dio è stato rivelato, ed apostatare assolutamente dalla Chiesa… Non par vero che a questo estremo siasi pur finalmente arrivati”. Una seconda volta, lo stesso Pontefice denunziò l’apostasia in una protesta indirizzata a S. E. il cardinal Rampolla del Tindaro, suo segretario di Stato: “Lo scopo ultimo della occupazione di Roma, non diciamo nella mente di quanti vi cooperarono, ma delle sétte che ne furono i primi motori, non è, o almeno non è tutto nel compimento dell’unità politica. No: quell’atto di violenza, che ha pochi esempi nella storia, doveva, nei secreti settari, servire come mezzo ed esser preludio di un assunto più tenebroso. Se si stese la mano a squarciare le mura della metropoli civile, fu fatto per meglio battere in breccia la città sacerdotale: e per sortire l’intento dì assalire da vicino la potestà spirituale dei Papi, incominciossi dall’abbatterne quel propugnacolo terreno… Son cinque lustri che, guardandosi attorno, Roma vede padroni del campo gli oppugnatori della istituzioni e delle credenze cristiane. Diffusa ogni più malvagia dottrina: vilipesi impunemente la persona e il ministero del Vicario di Dio: contrapposto al dogma cattolico il libero pensiero, e alla cattedra di Pietro il seggio massonico. E appunto a questo insieme nefasto d’idee e di fatti si è preteso novellamente di dar sembianza di dritto ed essere di stabilità, mediante il suggello di una nuova legge e le clamorose manifestazioni che secondarono, capitanate a viso aperto dalla setta nemica di Dio. È forse questo il trionfo della causa italiana, o non piuttosto l’avvenimento dell’apostasia?”

L’apostasia dell’Anticristo – I

Particolare de “Predica e fatti dell’Anticristo” – Luca Signorelli, c. 1505 – Duomo di Orvieto.

Una terza volta Leone XIII alzò la voce nella grave allocuzione da lui pronunziata nel Concistoro del 15 aprile 1901: “Venerabili Fratelli, ci turba profondamente il pensiero che le contrarietà e gli ostacoli, onde si circonda il cattolicismo, non solo non si attenuano, anzi d’una in altra parte d’Europa come per contagio si estendono… Domina in questo momento il disegno manifesto dei nemici della Chiesa di muovere la più fiera guerra alle cattoliche istituzioni; e a tal fine si direbbe che abbiano stretto fra loro una lega intestina. Ne son prova i fatti molteplici che si van ripetendo da più parti, la concitazione cioè delle plebi, le violente chiassate e le minacce che si lanciano pubblicamente, gli scritti eccitatori delle passioni popolari, e le ingiurie scagliate senza ritegno contro le cose e le persone più venerande. Tutti questi sono foschi indizi del futuro, nè è lungi dal vero il timore che alle presenti calamità altre anche più calamitose abbiano da seguire. Tuttavia quali si sieno gli affanni e la battaglie che il domani arrecherà, la Chiesa, fidata in Dio, non incontrerà nè subirà cosa alcuna per cui abbia a temere per sè. Hanno da temere i Governi, che non vedono dove s’incamminano, ha da tremare la società civile, che a tanto maggiori pericoli va incontro, quanto più si distacca da Cristo liberatore”. 

Nello stesso anno 1901 in una lettera in data del 29 giugno e indirizzata ai Superiori generali degli ordini e istituti religiosi, Leone XIII insisteva ancora sul pericolo dell’apostasia: “Non è a meravigliarsi, scriveva il chiaroveggente Pontefice, che contro gli ordini ed istituti religiosi, come in altri tempi, imperversi la Città del mondo, massime quella setta che, con sacrileghi patti, è più strettamente avvinta al principe stesso di questo mondo, e più servilmente gli ubbidisce. Pur troppo nei loro disegni lo sbandeggiamento e l’estinzione degli Ordini religiosi è un’ abile mossa a condurre innanzi il meditato proposito dell’apostasia delle nazioni cattoliche da Gesù Cristo”. 

Un quinto ed ultimo avvertimento, Leone XIII lo dette piangendo in mezzo al sacro Collegio in risposta ad un indirizzo del cardinal Oreglia, relativo al sovvertimento legale delle Congregazioni: “Violate già in cento guise le ragioni della Chiesa e del nome cattolico, ecco andar oltre per la stessa via, sino al sovvertimento legale di sante istituzioni cristiane… Ah non è sincero amore di pubblica prosperità o d’incrementi civili, che muove gli artefici di tali sciagure: ciò che si vuole e si cerca, è il crollo degli ordini cristiani e la ricostituzione degli Stati sulle basi del naturalismo pagano. Se sta scritto in cielo che tra siffatte amarezze quest’ultima reliquia si estingua della Nostra giornata, chiuderemo in rassegnazione le stanche pupille benedicendo il Signore, ma colla persuasione in cuore fermissima che, venuta l’ora della misericordia, sorgerà egli stesso a salute delle genti, assegnate in retaggio all’Unigenito di Dio”. 

E Leone XIII, il vegliardo del Vaticano, s’addormì, nella pace del Signore, il 20 luglio 1903.


Note

  1. II Thess. II, 1-3.
  2. Allocuzione pronunziata da S. Santità Leone XIII nel Concistoro segreto del 30 settembre 1889.
  3. Al Signor cardinal Rampolla del Tindaro, nostro segretario di Stato, – dal Vaticano, l’8 ottobre 1895.
  4. Allocuzione concistoriale su i pericoli che minacciano la Chiesa e la società civile, 15 agosto 1904.
  5. Lettera di S. Santità Leone XIII ai superiori generali; degli Ordini ed Istituti religiosi.
  6. Allocuzione di Leone XIII al Sacro Collegio tenuta il 28 dicembre 1902.

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