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L’apparecchio alla morte di Sant’Alfonso Maria de Liguori. Guida per la Salvezza eterna

Sant'Alfonso Maria de Liguori (1696-1787) è stato un vescovo, teologo, e fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore (Redentoristi). Nato a Napoli da una nobile famiglia, si laureò in giurisprudenza a soli 16 anni, ma lasciò presto la carriera legale per dedicarsi al sacerdozio.

Sant’Alfonso Maria de Liguori, uno dei più influenti teologi e dottori della Chiesa, ha dedicato gran parte del suo ministero pastorale a guidare i fedeli verso la salvezza eterna. Tra le sue opere più significative, Apparecchio alla Morte emerge come un tesoro spirituale per coloro che cercano di prepararsi all’incontro definitivo con Dio. L’opera di Sant’Alfonso non si limita a un semplice invito alla meditazione sulla morte, ma fornisce un vero e proprio manuale di vita cristiana, esortando alla conversione continua, alla preghiera e al distacco dai beni terreni. Nell’introduzione al suo Apparecchio alla Morte, Sant’Alfonso sottolinea quanto sia importante vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, considerando il giudizio che ciascuno affronterà immediatamente dopo la morte: «Ricorda, o uomo, che un giorno devi morire, e poi essere giudicato. Se oggi tu morissi, quale sarebbe la tua sorte?».[1] Questo invito alla riflessione è il fondamento dell’intera opera. Per Sant’Alfonso, la vita terrena non è altro che un preludio all’eternità, e ogni singolo giorno deve essere orientato a prepararsi per il momento in cui l’anima incontrerà Dio. Nel capitolo successivo, egli afferma con forza che la meditazione sulla morte è il primo passo verso una vita cristiana autentica: «Considera che ogni giorno ti avvicini di più alla morte… e che presto lascerai tutte le cose del mondo».[2] In questo, Sant’Alfonso riflette l’insegnamento evangelico di Gesù, il quale esorta i discepoli a non accumulare tesori sulla terra, ma a cercare i tesori del cielo.[3]

Questa convinzione trova anche riscontro nel Catechismo Maggiore di San Pio X, dove si afferma che «bisogna sempre vivere in stato di grazia, perché non sappiamo né il giorno né l’ora in cui il Signore ci chiamerà al suo giudizio».[4] Uno degli insegnamenti principali di Sant’Alfonso riguarda il distacco dai beni materiali. Egli insiste che il cristiano non può trovare sicurezza nei beni di questo mondo, poiché nulla di terreno lo seguirà nell’eternità: «Quanto sarebbe stolto colui che si attaccasse ai beni di questa terra, sapendo che presto dovrà lasciarli per sempre!». [5] Questa riflessione si ispira alle parole del Salmo 49, dove si legge: «Non temere se un uomo arricchisce, se aumenta la gloria della sua casa: quando muore, con sé non porta nulla, né scende con lui la sua gloria». [6]

Per prepararsi adeguatamente alla morte, Sant’Alfonso invita i fedeli alla pratica delle virtù cristiane, in particolare la carità, l’umiltà e la pazienza. La carità è la virtù che più di tutte ci rende simili a Dio, come insegna anche San Tommaso d’Aquino nella Somma Teologica: «Le virtù sono ordinate a rendere l’uomo simile a Dio, e la carità è la virtù suprema che ci unisce a Lui».[7] Sant’Alfonso aggiunge che senza la carità non è possibile ottenere la salvezza, poiché «l’amore verso Dio e il prossimo è la strada che ci conduce alla vita eterna». [8]

L’umiltà è un’altra virtù fondamentale per affrontare serenamente la morte. Sant’Alfonso scrive che l’uomo deve riconoscere la propria miseria e dipendere completamente dalla misericordia di Dio: «Siamo polvere e cenere, e presto torneremo alla polvere. Come possiamo essere orgogliosi, quando la morte ci attende per ridurci a nulla?».[9] Questa umiltà è essenziale per mantenere un cuore contrito e aperto alla grazia divina, poiché, come insegna la Scrittura, «Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili».[10] Sant’Alfonso dedica ampie riflessioni al giudizio divino, mettendo in guardia i fedeli sulla serietà del momento in cui ciascuno sarà chiamato a rendere conto delle proprie azioni. Subito dopo la morte, l’anima si troverà di fronte al giudizio particolare, dove sarà vagliata la sua vita in base alle opere buone e cattive: «Nel momento della morte, tutte le tue azioni verranno esaminate… e sarai giudicato secondo ciò che avrai fatto nel bene e nel male». [11]

Questo concetto si allinea con quanto insegna la Somma Teologica, dove San Tommaso spiega che immediatamente dopo la morte l’anima viene giudicata individualmente, prima del giudizio universale alla fine dei tempi: «Il giudizio particolare segue immediatamente la morte, e ogni anima riceve la sua ricompensa o punizione, a seconda della sua condizione».[12] Sant’Alfonso riprende questo insegnamento e lo approfondisce con un appello accorato alla conversione, esortando i peccatori a non rimandare il pentimento, poiché il momento della morte può arrivare improvvisamente e senza preavviso.

Nel Catechismo Maggiore, San Pio X insegna che «è necessario che ci prepariamo continuamente alla morte, perché in quel momento saremo giudicati, e da quel giudizio dipenderà la nostra eternità».[13] Sant’Alfonso, in linea con questa dottrina, insiste che non si deve attendere l’ultimo momento per riconciliarsi con Dio, poiché non si può essere certi di avere il tempo per farlo. Un altro tema cruciale nell’opera di Sant’Alfonso è l’importanza della preghiera come mezzo per ottenere la grazia necessaria alla salvezza. Egli è convinto che senza preghiera nessuno può salvarsi: «Chi prega, si salva; chi non prega, si danna».[14] Questo pensiero si ispira all’esortazione di San Paolo: «Pregate incessantemente»,[15] un consiglio che Sant’Alfonso vede come la chiave per mantenere una costante comunione con Dio.

Nell’Apparecchio alla Morte, Sant’Alfonso ripete che la preghiera è il mezzo principale per ottenere il perdono dei peccati e la perseveranza finale: «Se vuoi morire in grazia di Dio, devi pregare ogni giorno per ottenere la grazia della perseveranza finale».[16] Egli invita i fedeli a non trascurare la preghiera quotidiana, specialmente per chiedere l’aiuto della Madonna e dei santi, affinché intercedano presso Dio per la salvezza della loro anima. L’opera Apparecchio alla Morte di Sant’Alfonso Maria de Liguori offre ai cristiani una guida pratica e spirituale per prepararsi all’inevitabile incontro con Dio. Sant’Alfonso insegna che il pensiero della morte non deve indurre paura o angoscia, ma deve spingere alla conversione, alla preghiera e alla pratica delle virtù. Attraverso l’adesione alla volontà di Dio e il distacco dai beni terreni, il cristiano può affrontare la morte con fiducia, sapendo che sarà accolto nella misericordia divina.


  1. Alfonso de’ Liguori, Apparecchio alla Morte, 1758, cap. 1
  2. Alfonso de’ Liguori, Apparecchio alla Morte, 1758, cap. 2
  3. cf. Mt 6,19-20
  4. Catechismo Maggiore, 510
  5. Alfonso de’ Liguori, Apparecchio alla Morte, 1758, cap. 4
  6. Sal 49,17-18
  7. Summa Theologiae, II-II, q. 23, a. 3
  8. Alfonso de’ Liguori, Apparecchio alla Morte, 1758, cap. 5
  9.  Alfonso de’ Liguori, Apparecchio alla Morte, 1758, cap. 6
  10.  Gc 4,6
  11. Alfonso de’ Liguori, Apparecchio alla Morte, 1758, cap. 8
  12. Summa Theologiae, Suppl., q. 88, a. 1
  13.  Catechismo Maggiore, 511
  14. Alfonso de’ Liguori, Del Gran Mezzo della Preghiera, cap. 1
  15. 1 Ts 5,17
  16.  Alfonso de’ Liguori, Apparecchio alla Morte, 1758, cap. 9

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