L’episodio dell’arrivo dei Magi a Betlemme, descritto nel Vangelo di Matteo, rappresenta un momento di profonda rivelazione teologica e spirituale: la manifestazione di Cristo al mondo come Re, Dio e Redentore. Questo evento, celebrato nella solennità dell’Epifania, racchiude il mistero dell’universalità della salvezza, destinata non solo al popolo eletto, ma a tutte le genti. San Matteo narra: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt 2,11). Ogni dettaglio di questo breve versetto si rivela carico di significato. La proskynesis, cioè il gesto di prostrazione e adorazione dei Magi, è un atto di riconoscimento della regalità e divinità del Bambino. Essa anticipa l’adorazione liturgica, in cui i fedeli, inginocchiati davanti all’altare, offrono il loro culto a Dio.
I doni offerti – oro, incenso e mirra – sono stati oggetto di riflessione da parte dei Padri della Chiesa. San Gregorio Magno, nelle sue omelie sull’Epifania, scrive: «Portano oro a Cristo Re, incenso al Dio fatto uomo e mirra per onorare il Redentore che deve morire2». L’oro è il simbolo della regalità di Cristo, l’incenso rappresenta la sua divinità e la mirra prefigura la sua passione e morte. Sant’Ireneo di Lione aggiunge che i doni, nella loro totalità, testimoniano la duplice natura di Cristo: divina e umana. San Tommaso d’Aquino, nella Summa Theologica, dedica ampio spazio a questo tema, sostenendo che i doni riflettono anche le virtù morali a cui ogni cristiano deve tendere: l’oro simboleggia la fede che riconosce la regalità divina, l’incenso la preghiera e la devozione che si elevano verso Dio, e la mirra l’offerta della propria sofferenza unita a quella di Cristo. Inoltre, San Tommaso insiste che i Magi, con i loro doni, non solo onorano Cristo ma offrono un modello di fede e di vita cristiana, indicando che ogni dono trova il suo pieno significato solo nel sacrificio spirituale. La liturgia cattolica tradizionale del Vetus Ordo riflette questo evento in modo sublime. Nell’ufficio dell’Epifania, l’antifona del Magnificat canta: «Tria sunt munera pretiosa quae obtulerunt Magi Domino: aurum, thus et myrrham» (Tre sono i doni preziosi che i Magi offrirono al Signore: oro, incenso e mirra).
Questa antifona non è solo una commemorazione storica, ma una chiamata al fedele a unirsi spiritualmente a quei sapienti d’Oriente nell’offerta totale della propria vita al Re divino. Un esempio straordinario di come l’arte cristiana abbia interpretato il mistero dei Magi si trova nella Cattedrale di Saint-Lazare ad Autun, in Borgogna. Il capitello romanico noto come il Sonno dei Magi, scolpito dal maestro Gislebertus, raffigura i tre re dormienti su un unico letto, stanchi dal viaggio, ormai sulla via del ritorno dopo aver adorato Gesù. Un angelo li tocca delicatamente per svegliarli, indicando la stella che li aveva guidati a Betlemme.
Osservando i dettagli del capitello, si nota una profonda rappresentazione simbolica dell’adesione alla Verità. I tre Magi sono raffigurati in diversi stati di risveglio: uno è ancora immerso nel sonno, il secondo è semisveglio e il terzo è completamente desto. Questo dettaglio non è casuale, ma rappresenta le diverse risposte dell’umanità alla chiamata di Dio. Il Magio ancora addormentato simboleggia l’indifferenza o il rifiuto della Verità; colui che è semisveglio rappresenta chi ha intrapreso il cammino di fede, ma è ancora titubante; infine, il Magio sveglio è l’immagine del credente che riconosce pienamente Cristo come Salvatore e Re. Come scrive San Paolo: «È ormai tempo di svegliarvi dal sonno» (Rm 13,11). Questo capitello, quindi, diventa un richiamo universale: non basta riconoscere la stella e giungere alla grotta, bisogna aderire con tutto il cuore alla Verità rivelata in Cristo in ogni momento della nostra vita. L’adorazione dei Magi non è solo un evento passato, ma un modello per ogni cristiano. Come i Magi, siamo chiamati a seguire la luce della stella (che rappresenta la fede), a superare le difficoltà del cammino e a offrire i nostri doni al Signore. La liturgia tradizionale, con i suoi canti e le sue orazioni, ci guida a vivere questo mistero con rinnovata intensità. I doni dei Magi ci ricordano che la fede non è un’adesione astratta, ma un riconoscimento concreto della signoria di Cristo. A ciascuno di noi spetta il compito di destarci dal sonno, come il Magio del capitello di Autun, e di rispondere alla chiamata del Re divino. La stella ci guida, il Verbo si è fatto carne: resta solo a noi prostrarci, adorare e offrire.
Note
- Missale Romanum, In Festo Epiphaniae Domini, Antiphona ad Benedictus.
- Gregorius Magnus, Homiliae in Evangelia, Liber I, Homilia X (PL 76, 1109-1112).